In Europa ci posizioniamo 25esimi su 28. E le prospettive future non sono rosee data la scarsa attenzione per l’innovazione del “Contratto per il governo del cambiamento” messo a punto da Lega e Movimento 5 Stelle
Roma resta il fanalino di coda d’Europa in materia digitale. Lo certifica, per la quarta volta consecutiva, la Commissione europea sulla base del DESI (Digital Economy And Society Index) con l’ultimo report fresco di pubblicazione. In altre parole, nel nostro Paese più che Agenda Digitale bisognerebbe parlare di agenda virtuale, ovvero in perenne attesa di attuazione.
Cos’è il DESI
Il DESI è un indice composito, pubblicato regolarmente dalla Commissione, che sintetizza gli indicatori rilevanti delle performance digitali dell’Ue e mostra l’evoluzione degli Stati membri nella competitività digitale. Sulla base di determinati indicatori, l’esecutivo comunitario ogni anno a febbraio stila le classifiche degli Stati membri più evoluti e quelle relative alle nazioni maggiormente arretrate. Quest’anno il rapporto è arrivato con qualche mese di ritardo per via di alcuni cambiamenti ai vertici comunitari in seno alla Commissione.
La Commissione: “Da Roma misure insufficienti”
Sul digitale – e, in particolare, su Internet e sui servizi online – Roma continua ad arrancare. Di più: risulta pressoché paralizzata, se si considera che, secondo i parametri DESI, siamo al venticinquesimo posto su 28. Scrive la Commissione: “La sfida principale è affrontare la carenza di competenze digitali. Benché il governo italiano abbia adottato alcuni provvedimenti al riguardo, si tratta di misure che appaiono ancora insufficienti”. Peggio di noi solo Bulgaria, Grecia e Romania. Meglio tutti gli altri. Ormai distantissimi i primi della classe: Danimarca, Svezia, Finlandia e Olanda.
In termini di connettività, l’Italia registra un punteggio di 52,8, col quale si posiziona al 26° posto, con un peggioramento di una posizione rispetto all’anno passato. Secondo il rapporto, le conseguenze delle lacune italiane “risultano penalizzanti per tutti e cinque gli aspetti considerati: diffusione della banda larga mobile, numero di utenti Internet, utilizzo di servizi online, attività di vendita online da parte delle Piccole e Medie Imprese e numero di utenti eGovernment”.
Roma viene infatti bocciata in tutte le “materie”. Sul fronte del capitale umano siamo quartultimi. Per l’utilizzo di Internet penultimi. In tema di integrazione delle tecnologie digitali da parte delle imprese, ventesimi (nel 2017 eravamo 19esimi). Anche sull’eGovernment (digitalizzazione PA), nonostante gli sforzi fatti con l’identità digitale – Spid – l’Italia risulta è troppo lenta se messa a confronto col resto del Vecchio Continente e si posiziona diciannovesima.
La crescita della copertura della banda larga veloce ha permesso però al Paese di arrivare al 17° posto rispetto al 23° del penultimo report. Quella ultraveloce ci vede invece scivolare sul fondo della classifica e in più, lo ricordiamo, resta da risolvere il problema delle frequenze televisive dgtv che dovranno traslocare entro il 2022 per fare spazio al 5G. Tema che, visti i pregressi e gli attori in gioco, in Italia rischia di diventare l’ennesimo caso politico.
AAA laureati Stem cercasi
La vera emergenza nazionale resta il numero assai limitato di risorse umane altamente specializzate. I laureati Stem (area scientifica – matematica – tecnologica) non solo continuano a essere troppo pochi ma hanno subito anche una flessione, attestandosi a quota 1,3% nella fascia di età 20-29 anni (rispetto all’1,4% dell’anno precedente). In lieve crescita, invece, gli specialisti Ict, passati dal 2,5 al 2,6%.
Ora il nuovo governo non perda più tempo
Alla luce dell’ennesimo richiamo formale arrivato dall’Unione tramite la classifica DESI, appare ormai non più procrastinabile una seria attuazione dell’Agenda digitale. Purtroppo, come StartupItalia! aveva scritto dopo aver analizzato il Contratto per il Governo del Cambiamento promosso da Lega e Movimento 5 Stelle, anche il venturo esecutivo gialloverde sembra non prendere sufficientemente sul serio il tema dell’innovazione e dello sviluppo digitale. Per questo, non ci resta che confidare in un pronto ravvedimento dei contraenti di quel documento: Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Il rischio, altrimenti, è di scivolare fuori dall’Europa non perché in contrasto con le politiche economiche di Bruxelles ma in quanto troppo lenti e arretrati per poter rimanere nel club.