Non ci sono Samsung S9, Apple iPhone X o Pixel 2 che tengano. La nuova ammiraglia cinese ha tutto quello che serve per essere il miglior smartphone del 2018
Quando al Mobile World Congress 2018, in quel di Barcellona, Richard Yu dal palco invitava tutti ad aspettare un mese prima di decretare quale sarebbe stato lo smartphone più importante dell’anno erano in molti in sala a essere scettici. Samsung aveva appena presentato un solido successore all’S8, un Galaxy S9+ capace di correggere alcuni errori di gioventù del modello precedente e rilanciare con una fotocamera doppia e migliorata. Dall’altra parte dell’oceano Apple può contare su un iPhone X che è senz’altro lo smartphone più avanzato mai prodotto a Cupertino. Dopo aver potuto provare per un mese il P20 Pro, però, possiamo dire che il CEO di Huawei aveva ragione: quanto ha messo assieme l’azienda cinese quest’anno è un serio concorrente al gradino più alto del podio.
Quello che ha fatto Huawei quest’anno col P20 Pro è stato prendere “in prestito” idee e soluzioni estetiche, o tecnologiche, in giro per tutto il panorama della telefonia mobile: ha mescolato tutto assieme e prodotto un cocktail che è superiore a quello della concorrenza. Il risultato è un telefono che ha ancora qualche debolezza, come d’altronde qualsiasi altro prodotto sul mercato, ma che fa in modo eccezionale tutto quanto lo stesso Richard Yu ha promosso sul palco: il P20 e soprattutto il P20 Pro sono delle macchine fotografiche incredibili, parlando di smartphone è ovvio, hanno una batteria di ottimo livello e un design azzeccato.
La fotocamera, innanzi tutto
In un mondo di keynote e presentazioni nelle quali si cerca di mostrare performance e immagini scattate da professionisti, per sfruttare fino all’ultimo pixel dei minuscoli sensori degli smartphone, la scelta di Richard Yu di mostrare a Parigi sui megaschermi le foto scattate da lui stesso con il nuovo smartphone ha fatto sorridere più di qualcuno. Ma ciò che il CEO ha voluto rendere chiaro a tutti è che per scattare foto impressionanti con il P20 Pro non serve essere un fotografo famoso: il risultato dello sforzo di Richard era magari imperfetto rispetto a quello che siamo abituati a vedere negli eventi di questo tipo, ma proprio per questo era più interessante rispetto al solito.
Huawei ha messo assieme una squadra di super-esperti di fotografia sugli smartphone (attingendo anche al bacino di chi aveva realizzato le ottime fotocamere PureView dei Nokia Lumia), collabora (ormai per il terzo anno) con Leica, e tira fuori un prodotto che è unico rispetto alla concorrenza: non è la prima volta che ci sono 3 fotocamere sul retro di uno smartphone, ma questa volta vediamo davvero qual è il risultato quando tre sensori lavorano assieme e sono in grado di produrre un risultato superiore a quello di qualunque altro smartphone su piazza.
Lo schema della fotocamera posteriore del P20 Pro è formato da tre sensori: il più importante è senza dubbio quello da 1/1,7 pollici di diagonale e 40 megapixel piazzato al centro del trio, un sensore RGB con lente f/1,8 e una dimensione decisamente superiore a quella di iPhone X o Galaxy S9. Aumentando la dimensione del singolo pixel permette di abbattere il rumore introdotto in ogni singolo scatto. Come di consueto, ormai, a questo viene abbinato un altro sensore monocromatico che in questo caso è da 20 megapixel: questo sensore è dotato di una luminosa lente f/1,6 ed è privo di filtro anti-aliasing, due fattori che contribuiscono a migliorare la sua capacità di scattare foto con pochissima luce (Huawei si spinge a dire fino ad appena 1 lux). Infine c’è un inedito 8 megapixel a colori, abbinato a una lente con una focale che equivale a uno zoom 3X (f/2,4): vedremo tra un istante a cosa serve.
Quello che fa Huawei col P20 Pro è quanto segue. Il sensore da 40 megapixel viene fatto lavorare a 10 megapixel, creando di fatto dei “maxi-pixel” formati dall’unione delle informazioni ottenute da 4 pixel tradizionali della matrice RGB (se volete, potete anche settarlo a 40 megapixel: non è conveniente, non aggiunge niente al risultato finale e appesantisce solo la dimensione in megabyte delle foto). Il sensore monocromatico lavora al solito per raccogliere informazioni sulla luce, e queste informazioni vengono sommate a quelle sui colori del precedente. Infine il sensore da 8 megapixel serve a gestire lo zoom: le modalità ibride 3x e 5x sfruttano l’unione di tutti i dati disponibili per produrre un risultato finale che per pulizia e dettagli supera quello di qualsiasi concorrente. C’è anche un sensore cromatico che si aggiunge al trio, sulla falsa riga di quanto già aveva fatto LG sul G4 qualche anno fa: serve a restituire scatti con un bilanciamento del bianco il più possibile corretto.
Il risultato sarebbe già di per sé notevole, ma a questo Huawei aggiunge un tocco di AI: sfruttando il Kirin 970 e la sua NPU, la cinese porta a un nuovo livello l’elaborazione in tempo reale degli scatti proseguendo il percorso iniziato col Mate 10 Pro. Questo significa che non solo le immagini risultanti sono le più brillanti e piacevoli da vedere mai prodotte da uno smartphone, sebbene siano pesantemente elaborate in termine di esaltazione dei dettagli e dei colori, ma si può addirittura scattare foto in notturna con esposizione fino a 6 o 8 secondi senza l’ausilio del cavalletto.