Il test internazionale ha dato esiti positivi: i piccoli semiumanoidi di SoftBank sollevano il morale e riducono la solitudine. Così in Gran Bretagna una società è pronta a integrarli nelle routine delle strutture assistenziali
I robot possono dare una mano in tempi di pandemia, quando il personale scarseggia, in particolare in luoghi in cui la solitudine la fa spesso da padrona, come le case di riposo? L’idea di alcuni gruppi britannici è questa: Pepper, il famoso robottino semiumanoide con le ruote prodotto dalla multinazionale giapponese SoftBank, sbarcherà per questo molto presto negli istituti e nelle case di cura d’oltremanica.
Il trial internazionale
La scelta, illustrata dal Guardian, è legata alla conclusione di un trial internazionale che ha provato come questo genere di robot, pur non potendo sostituire un operatore in carne e ossa, incida in modo notevole sulla salute mentale, riducendo la solitudine. I robot Pepper possono essere configurati e personalizzati a seconda degli usi. Ma in generale il punto è che possono imparare progressivamente gusti e argomenti di cui discutere con i propri interlocutori, sviluppando una certa “competenza culturale”. Possono così portare avanti rudimentali conversazioni, riprodurre le canzoni preferite dalle persone a cui fanno compagnia, insegnare loro una lingua straniera e soprattutto ricordare di prendere le medicine agli orari giusti.
Approccio intergativo
L’indagine, condotta da Chris Papadopoulous all’università del Bedfordshire, ha acceso la luce non tanto sul solito dibattito, spesso fuorviante, sulla sostituzione degli assistenti umani per mano dei robot. Il punto non è quello. Piuttosto si tratta di un approccio integrativo e suppletivo: ha senso usare questi dispositivi nei momenti in cui gli anziani rimarrebbero soli e, in particolare, nelle fasi di maggiore stress di un sistema sociosanitario, quando le incombenze si moltiplicano e anche riservare più tempo alle interazioni sociali diventa un’impresa? La risposta è un sonoro sì.
L’impatto sul benessere mentale
Lo studio si è svolto nel Regno Unito e in Giappone ed ha scoperto come gli anziani che risiedono nelle case di riposo e che hanno interagito con Pepper fino a 18 ore nell’arco di due settimane hanno fatto registrare un significativo incremento del loro benessere mentale. Si è verificato anche un piccolo ma secondo gli esperti positivo impatto sulla solitudine dei cosiddetti robocare.
Non tutto è andato per il verso giusto, ovviamente. Secondo gli anziani coinvolti nell’indagine le conversazioni sono state spesso superficiali, prive dunque di ricchezza e profondità e talvolta di personalizzazione. Talvolta i movimenti delle macchine, come delle braccia robotiche, hanno distratto gli ospiti delle strutture. Ma nel complesso i risultati della ricerca, parte di un progetto finanziato dal governo nipponico e dall’Unione Europea per 2,5 milioni di euro, sono apparsi confortanti. Per questo un player importante del settore in Gran Bretagna, Advinia Healthcare, ha deciso di utilizzare Pepper “per ridurre l’ansia e la solitudine e garantire la continuità delle cure”. Il gruppo gestisce 38 case di cura per un totale di 3.250 posti letto in Inghilterra e Scozia ed è specializzato nella demenza complessa e nella cura dell’Alzheimer.
“Nessuno sarà licenziato”
Il 56enne chirurgo Sanjeev Kanoria, presidente di Advinia, ha spiegato che i robot non comporteranno licenziamenti nell’organico dei 28 istituti perché saranno sfruttati per rendere più felici e allegri i residenti, far lavorare un po’ di meno lo staff e consentire semmai agli addetti di dedicarsi ad altre attività che migliorino le condizioni delle case di riposo, specie in tempi di pandemia globale. Abbiamo visto in tutta Europa, e in particolare in Italia, quanto le condizioni di igiene e sicurezza nelle residenze sanitarie siano un elemento chiave per tenere sotto controllo l’epidemia sa Sars-Cov-2. Venendo ai quattrini, un singolo esemplare di Pepper costa circa 19mila sterline, un migliaio in più del salario medio annuale di un lavoratore nell’Inghilterra sudorientale. Ma si potrebbero individuare anche soluzioni più economiche.
Sulla stessa linea Care England, che raccoglie gran parte delle imprese britanniche del settore, secondo cui i robot “creeranno relazioni più profonde e di qualità con i residenti” delle case di cura: “I robot assistenti e di compagnia per gli anziani possono sollevare da alcune pressioni negli ospitali e negli istituti. Nessuno vuole rimpiazzare gli esseri umani, e lo studio dimostra che siamo molto lontani da questo passo, ma sostenere il sistema nel suo complesso“. Insomma, inutile spaventarsi per un futuro distopico in cui a occuparsi della terza età rimarranno solo gli androidi: quello dell’assistenza è un settore che dovrà misurarsi con le novità offerte dalla tecnologia per migliorare la qualità della vita di chi lavora e degli assistiti.