Per i giudici l’app di messaggistica istantanea viola la legge antiterrorismo. Per molti analisti, invece, dietro la decisione ci sarebbe la volontà del governo di controllare le discussioni dei cittadini
Il tribunale distrettuale Taganskij di Mosca ha ordinato “il blocco immediato” in Russia di Telegram stante il rifiuto, da parte della popolare app di chat gratuita, di consegnare le chiavi di crittografia ai servizi di sicurezza (Fsb).
Blocco immediatamente esecutivo
Secondo quanto riporta l’agenzia di stampa russa Tass, la decisione sarebbe immediatamente esecutiva, quindi già ora in Russia sarebbe impossibile accedere all’app di messaggistica. Questo nonostante la possibilità, per i legali della compagnia, di ricorrere ancora in appello.
Il fondatore: non abbiamo preso parte a quella farsa
La decisione è arrivata al termine di una udienza lampo di soli 20 minuti alla quale non hanno preso parte gli avvocati di Telegram. Nella giornata di ieri, infatti, l’amministratore delegato della società berlinese Pavel Durov aveva annunciato la decisione di disertare per “non legittimare un processo farsa”.
Per i giudici Telegram aiuta i terroristi
Da parte loro, i giudici hanno ritenuto che Telegram stesse operando in contrasto con la legislazione speciale antiterrorismo che consente dal 2016 agli 007 sovietici un controllo molto penetrante nella privacy dei cittadini. Per la precisione, il motivo del contendere riguarda il rifiuto, da parte di Telegram, di consegnare ai servizi di sicurezza Fsb le chiavi per decrittografare le chat. A ricorrere contro l’azienda il Roskomnadzor, l’autorità delle telecomunicazioni della Russia che ha sostenuto che Telegram sia un mezzo utilizzato dai terroristi per la pianificazione degli attentati.
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A rischio le libertà dei cittadini
Molti analisti, invece, al pari degli avvocati di Telegram, ritengono che dietro la stretta della legislazione speciale 2016 si nasconda l’intenzione del governo di controllare le discussioni private dei russi, limitandone fortemente non solo la privacy ma anche le libertà fondamentali di espressione e partecipazione. Secca la replica del fondatore dell’app Pavel Durov sulla sua pagina nel social network VKontaktela: “La privacy non si vende e i diritti umani non possono essere sacrificati per paura o avidità”.