Chatbot, natural language understanding, natural language generation e predictive analysis sono gli argomenti caldi che ruotano intorno all’AI, ma la strada è ancora lunga
Il volume delle interazioni che ogni giorno viene generato sui social network e la mole di dati che ne consegue cresce in maniera impressionante. Nel tempo che impiegherete per arrivare in fondo a questo articolo, solo su Facebook verranno generati più di 20 milioni di post, su Snapchat oltre 3 milioni di messaggi e su Instagram ben più di 250.000 foto verranno caricate (source: QUI e QUI).
L’Intelligenza Artificiale abbatte frontiere che credevamo insormontabili fino a poco tempo fa.
Neanche gli attori più importanti del mondo digital (e non solo) potevano ignorare le recenti evoluzioni e stanno scendendo in campo per contribuire attivamente alla diffusione di queste tecnologie.
Più engagement, innovativo, interattivo e predittivo
Ormai è ben noto come Google DeepMind abbia costruito un Bot in grado di battere il campione del mondo di Go (un gioco che per le sue caratteristiche presenta molte più combinazioni rispetto ad altri suoi simili come gli scacchi) e come Watson di IBM, con tutto il suo ecosistema, rappresenti il fulcro dell’AI d’avanguardia. In alcuni casi sono le aziende proprietarie dei Social Network a creare dipartimenti R&D interni dedicati direttamente allo sviluppo delle tecnologie, o a investire in acquisizioni di startup innovative, già operanti nel settore.
La sfida attuale dell’Intelligenza Artificiale applicata alla Social Media Analysis è diventata plasmare e pianificare le mosse da attuare con il fine di creare sempre più engagement, ma in modo ancora più innovativo, interattivo e predittivo.
Predire la personalità degli utenti e comprendere la loro cultura
L’AI applicata alla psicologia computazionale e all’analisi linguistica ha permesso di trovare correlazioni tra profili psicologici e particolari parole, combinazioni e ricorrenze, insieme ad altri parametri linguistici, per comprendere, a partire da ciò che gli utenti scrivono sui social media, la loro personalità, i loro valori e i loro bisogni. È possibile anche andare più in profondità: misurare macro-variabili in prospettiva sociale, determinando con la stessa procedura componenti di gruppo, come i valori condivisi all’interno di una comunità, o cluster di individui accomunati da relazioni o da caratteristiche comuni, come un argomento d’interesse condiviso.
Bot, bot, bot(tin’) on Heaven’s door
Attualmente stiamo assistendo ad un boom relativo all’AI applicata ai bot.
Il 2017 sarà l’anno dei chatbot e i round di investimento dei Venture Capitalist lo stanno confermando.
(source QUI).
Il tema dei Bot non è affatto recente se pensiamo alla mitica Eliza (il primo risponditore automatico della storia che, nel lontano 1966, emulava uno psicoterapeuta formulando domande partendo dalle risposte del paziente); solo di recente, però, i bot sono tornati alla ribalta accompagnati dalle piattaforme di messaggistica istantanea che hanno riportato l’attenzione verso la forma di comunicazione scritta rispetto a quella verbale.
Ma cosa sono esattamente e quali sono le attuali applicazioni? I bot sono interfacce conversazionali che permettono di facilitare attività come gestire e consultare le proprie finanze, ordinare un volo, comprare un biglietto del teatro, ordinare una pizza, conoscere informazioni meteo per la prossima vacanza, azioni di customer care e molto altro ancora che verrà introdotto nei prossimi mesi, o addirittura giorni.
La maggior parte dei bot opera soprattutto sulle piattaforme di social networking, che a loro volta mettono a disposizione veri e propri tool per sviluppatori affinché ne migliorino in maniera costante le potenzialità.
Creare valore e attenzione
L’obiettivo, spesso dichiarato, ha una duplice finalità: creare valore e attenzione sul social media in questione e decentralizzare in outsourcing la ricerca e lo sviluppo, affidandola alla community di sviluppatori coinvolti da questa tecnologia.
La creazione e l’allenamento di intelligenze conversazionali è un tema troppo complesso per essere affidato e sviluppato da un singolo dipartimento di R&D, per quanto grande esso sia.
Il raggiungimento dell’obiettivo di queste chat automatizzate ruota tutto intorno all’interpretazione e alla gestione del contesto. Infatti, è proprio il contesto a permettere al bot di disambiguare la risposta, dando la più pertinente anche attraverso sistemi di memoria a breve termine. Ma non basta solo il contesto, occorre anche un motore di Natural Language Understanding (NLU è un argomento specifico del più ampio tema del Natural Language Processing, NLP), ossia di comprensione del linguaggio umano, e di Natural Language Generation (NLG), ovvero la capacità di generare un linguaggio naturale a partire da rappresentazioni logiche e/o basate su sistemi avanzati.
Ed è proprio qui che entrano prepotentemente in gioco i dati provenienti dai social media per guidare e sostenere la macchina nel comprendere l’utente e il suo contesto, rispondendo ogni volta in modo sempre più coerente e contestualizzato.
I bot, infatti, se combinati con le componenti appena descritte, sono molto potenti per attività di marketing, di customer support e lead generation. Immaginate una situazione in cui la macchina capisca cosa stiate dicendo e, dopo aver valutato internamente cosa rispondervi, vi proponga un’offerta commerciale personalizzata rispetto a ciò desiderate realmente…
In questo caso l’Intelligenza Artificiale sostiene e avvalora il meccanismo di automazione con tutte le informazioni e le tracce che l’utente lascia di sé sui suoi profili social. Oppure immaginate una situazione in cui un utente citi o scriva all’account aziendale e il bot ne gestisca i bisogni e le richieste. L’elemento tuttavia importante da non dimenticare in questi casi è segnalare all’utente che sta discutendo con una macchina e non con un utente reale, per evitare pericolosi fraintendimenti. I bot infatti attualmente sono specifici e agiscono solamente su un particolare topic/task e non sono in grado di elaborare conversazioni complesse su argomenti che vadano al di là del contesto che lui conosce. Uno degli obiettivi dell’esternalizzazione nello sviluppo dei bot di cui parlavamo prima infatti è proprio questo: il sogno di creare un’AI così forte da imitare fedelmente una discussione con un essere umano su qualunque genere di topic.
La strada è lunga
Spesso i servizi di AI sono una realtà a livello di tecnologia ma non di prodotto. Li troviamo spesso sotto forma di API, sono difficili da comprendere e riservate a pubblici ristretti e tecnici. Solo raramente li troviamo abbinati nel motore delle piattaforme che si occupano di social media analysis.
La strada è abbastanza lunga da questo punto di vista: si presuppone uno sforzo impressionante dal punto di vista delle professionalità e delle esperienze che devono essere coinvolte, dall’ambito umanistico (psicologia e sociologia, arte, teatro e linguistica, marketing ed economia), all’engineering e alla computer science, fino alle discipline più border line come la data science.
Un’altra criticità è data dalla comprensione delle macchine: capire come affinare il training di sistemi di machine learning, così come i parametri di affidabilità delle predictive analytics non è affatto semplice quando a guidare questo processo deve essere l’utente. Di conseguenza la standardizzazione e l’automatizzazione del processo e la comunicazione di queste variabili attraverso UX/UI restano un limite ancora molto arduo da superare.
C’è davvero tanto da lavorare quindi, ma le analitiche predittive e le social media analytics platform troveranno la giusta unione negli anni a venire. Come ricercatori e innovatori anticonformisti il nostro obiettivo è di essere veri catalizzatori di questo cambiamento che porterà con sé moltissime interessanti opportunità.
ALBERTO NASCIUTI
CEO at KPI6.com