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Quando un evento straordinario diventa l’ordinaria quotidianità, entriamo in un nuovo scenario che va compreso e governato. La trasformazione del mondo del lavoro sotto la spinta dell’Intelligenza Artificiale ci ha condotti esattamente a questo punto, provocando urgenze intellettuali e tecnologiche. In SACE – il gruppo assicurativo-finanziario italiano partecipato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, specializzato nel sostegno alle imprese e al tessuto economico nazionale – lo hanno compreso benissimo, avviando una profonda trasformazione dei processi aziendali, integrando tool avanzati di AI in numerose attività quotidiane dei dipendenti e dell’HR.
La valorizzazione dell’employee lifecycle, ossia l’insieme delle aspettative, desideri e ambizioni dei dipendenti, è un cardine imprescindibile in SACE, dove l’Intelligenza Artificiale non sostituisce le persone, ma le mette nelle condizioni di lavorare meglio, migliorando la qualità della propria vita e di conseguenza la produttività aziendale.
Ne abbiamo parlato con Gianfranco Chimirri, Chief People Care & Agile Organization SACE, anticipando i temi che approfondirà al SIOS24 Summer di StartupItalia, a Roma il 20 giugno; evento del quale SACE è Main Partner.
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Chimirri, come sta impattando l’Intelligenza Artificiale in SACE?
L’impatto dell’Intelligenza Artificiale e dell’automazione sulle skills delle persone che lavorano in SACE è particolarmente forte perché la nostra Industry di riferimento, che include Banche e Assicurazioni, è caratterizzata da una grandissima quantità di documentazione. Si tratta di cambiamenti che stiamo governando e orientando, che non riguardano solo i compiti più operativi, ripetitivi e standardizzati, ma coinvolgono diversi livelli aziendali come le vendite, il marketing, l’analisi dei rischi e la profilazione dei clienti.
Qual è l’innesco di una trasformazione così rapida e profonda?
I dati e gli studi confermano uno scenario professionale in profonda trasformazione: secondo le reportistiche di LinkedIn il 66% delle skill della nostra industry saranno modificate dall’AI generativa, il 28% verranno sostituite e solo il 22% resteranno immutate. Perciò abbiamo urgenza di guidare la transizione dai lavori ad alto rischio di obsolescenza, verso attività più adatte alle esigenze del mercato. Una transizione che deve includere la formazione delle persone che dovranno cambiare o modificare il loro mestiere, grazie all’AI.
Come avete risposto all’attuale scenario?
Abbiamo implementato una skill-based organization, concentrandoci sulle competenze che i dipendenti possiedono e su come possono utilizzarle meglio per contribuire agli obiettivi dell’organizzazione. Un piano che ci permette di investire in reskill e upskill del nostro personale, e in caso di carenze organiche avviare nuove selezioni di recruiting.
In che modo SACE sta integrando l’AI nell’operatività e nelle competenze dei dipendenti?
Stiamo integrando l’AI in diversi aspetti organizzativi, nella capability dei processi and-to-and e in molte funzioni dell’HR. Una trasformazione che mette al centro le persone, contribuendo a far evolvere la cultura aziendale. Non sostituiamo i dipendenti con l’AI, ma grazie all’AI li mettiamo nelle condizioni di lavorare meglio, liberando tempo da dedicare al benessere personale.
Qual è la risposta di SACE a chi teme che l’AI sia una minaccia troppo grande?
Abbiamo a disposizione diversi business case inerenti al recruiting e al delicato tema della ricerca di nuove risorse qualificate. Siamo convinti che sia più conveniente investire nelle nostre risorse e nella mobilità interna. Una sfida che mira ad aumentare la produttività dell’azienda convinti che l’AI sia una straordinaria alleata: la tecnologia in SACE accompagna la transizione delle competenze, coinvolgendo le persone e favorendo la progressione di carriere più dinamiche e flessibili.
Questa impostazione che modello aziendale ha definito?
Il nostro modello prevede l’adeguamento delle skill più obsolete verso ruoli più funzionali e moderni. Unitamente a questo passaggio formativo, abbiamo adottato un modello molto flessibilità abilitato dalle tecnologie più innovative. Tutto questo ci ha portato a stabilire un nuovo patto con le nostre persone.
“Patto con le persone” è un manifesto molto suggestivo. In cosa consiste?
Utilizzare l’Intelligenza Artificiale massicciamente, ovunque la si possa integrare, grazie a strumenti di Microsoft come Viva e Copilot, per liberare il tempo dei nostri dipendenti da attività a basso valore aggiunto. Questo è il patto: lavorare diversamente per vivere meglio.
Tempo da riutilizzare in azienda o in altre attività?
Il tempo restituito ai nostri dipendenti va usato per svolgere attività ad alto valore aggiunto e maggiormente ingaggiante. Tempo utile per investire nello sviluppo professionale e nel benessere personale. In SACE lavoriamo 4 giorni a settimana e siamo una casistica mondiale condivisa da Microsoft come esempio di successo. Lavorare meno e meglio, prendendosi maggiore cura della propria vita, migliora anche la produttività aziendale. Non è tempo liberato e sprecato ma tempo impiegato per investire su sé stessi. Questo è possibile grazie alle nuove tecnologie di AI che in SACE adottiamo al 100% (in altre aziende si fermano appena al 2%).
Può darci un numero che possa riassumere il modello SACE?
Disponiamo di numerose evidenze e razionali a conferma della qualità della nostra impostazione. Grazie a Copilot, inteso come un vero e proprio collega digitale, si possono liberare a un dipendente fino a 20 ore al mese; operazioni che prima si realizzavano in 6 ore ora possono compiersi in 6 minuti. Una rivoluzione.
In che modo l’HR è coinvolta dall’AI?
Stiamo sviluppando processi molto verticali grazie a Copilot e decine di use case. In particolare, la nostra divisione HR sta sviluppando un assistente virtuale che svolge diverse funzioni come, ad esempio, un chatbot conversazionale in grado di offrire informazioni personalizzate 24/7 in tutte le lingue, inerenti i contratti, i processi, le ferie, i congedi parentali, TFR, e in generale tutte le richieste che solitamente vengono inoltrate a uno sportello HR.
Quasi come una persona. Ma resta il quasi…
Sì, e questo è un bene: l’AI si fa carico delle attività ricorsive e operative, ma quando si presenta un problema complesso, che in qualche modo riguarda la sfera personale ed emotiva, come ad esempio conflitti con i responsabili o l’affaticamento da Bornout, sarà il chatbot stesso a indirizzare il dipendente a rivolgersi alle persone competenti. Persone, non macchine. Il valore umano resta fondamentale e insostituibile.