Nel frattempo la causa tra l’imprenditore e la società è stata sospesa. Le parti sarebbero vicine all’accordo da 44 miliardi di dollari
Nei giorni scorsi Elon Musk ha comunicato l’intenzione di tornare sui propri passi e sedersi di nuovo al tavolo delle trattative con Twitter per concludere l’accordo arenatosi in estate. In questo articolo abbiamo riassunto l’intera vicenda e i relativi colpi di scena. Il piano, al momento, sembrerebbe trovare le due parti concordi per l’acquisizione del 100% della società a un prezzo di 44 miliardi di dollari (54,20 dollari ad azione). Al netto dello scetticismo sulle reali intenzioni del Ceo di Tesla, sulla stampa si sta leggendo di X, ovvero il nome del progetto che Musk intende costruire per realizzare la everything app. Di che cosa si tratta?
Buying Twitter is an accelerant to creating X, the everything app
— Elon Musk (@elonmusk) October 4, 2022
Il concetto di everything app o super app non è nuova, almeno in Oriente. WeChat, di proprietà della Big Tech cinese Tencent, non è soltanto l’equivalente di quella WhatsApp così in voga in Occidente: è un’app attraverso cui si può fare di tutto, come prenotare biglietti aerei, fare acquisti. Ma anche videogiocare e postare foto. Se davvero Musk concluderà l’acquisizione di Twitter – non potremmo sottolineare abbastanza quel se – il social network diventerebbe nei suoi piani una sorta di base su cui costruire altro.
In una recente intervista che abbiamo fatto a Luca Ferrari, il Ceo di Bending Spoons – startup italiana che sviluppa app proprietarie – ha spiegato che le app continueranno ad avere centralità nella vita di tutti i giorni. Le intenzioni di un imprenditore come Musk – abituato tanto a disorientare quanto a sorprendere – potrebbero comunque non bastare per trasformare Twitter in una super app. Come ha spiegato Axios, il fatto che si prenda a riferimento la Cina come terra di innovazione a cui ispirarsi non deve far perdere di vista il fatto che negli Stati Uniti esistono regolamenti diversi e maggiori restrizioni bancarie.
Per dare un’idea di quel che oggi è WeChat basti pensare che viene utilizzata da oltre un miliardo di utenti nel mondo. Un altro brand molto noto è la cinese AliPay. Ai tempi della presidenza Trump, l’allora presidente degli USA aveva preso di mira le app cinesi – TikTok in primis – e WeChat era tra quelle che la Casa Bianca minacciava di mettere al bando per questioni legate alla tutela della privacy degli utenti americani.
L’evoluzione di Twitter in X come super app richiederebbe comunque dai tre ai cinque anni («ma potrei sbagliarmi», ha confidato Musk ai suoi 108 milioni di follower). La scelta del nome, o meglio, della lettera del suo progetto sta attirando curiosità. X, infatti, ricorre spesso nella vita imprenditoriale di Musk. Oltre alla stranota azienda aerospaziale SpaceX, il cinquantenne sudafricano ha legato il suo nome a un progetto avviato alla fine degli anni Novanta. Ci riferiamo a X.com.
Come ha scritto Ashlee Vance nel libro dedicato a Musk, si è trattato di un progetto all’epoca pionieristico di online banking, una fintech il cui obiettivo era rivoluzionare il settore bancario. “I cofondatori (di X.com, tra cui anche Musk, ndr) erano tutti convinti che fosse rimasto indietro con i tempi – scrive Vance -. Visitare una filiale per parlare con un bancario sembrava un’abitudine piuttosto sorpassata, ora che esisteva internet”. Pochi mesi dopo X.com e Confinity, che aveva sviluppato un prodotto chiamato PayPal, hanno deciso di unire le forze (anche se Musk ha poi preso un’altra strada). Nel 2015 ha riacquistato il dominio X.com da PayPal. Per farne cosa, staremo a vedere.