«Ci sono 196 Stati sovrani al mondo e ho scelto l’Italia come mio secondo Paese e Bologna come mia seconda casa. È una città meravigliosa, e mi considero molto fortunato a poter trascorrere tanto tempo qui» Con queste parole, pubblicate qualche giorno fa su LinkedIn, Alec Ross, ex consigliere per l’Innovazione del Dipartimento di Stato nell’amministrazione Obama, ha ribadito il suo legame con Bologna. Ed è proprio qui che lo incontriamo, in un’enoteca del centro. Alec è un estimatore dei vini italiani. «Non solo il vino» precisa con un sorriso, «apprezzo molto anche i vostri talenti»
Ross insegna alla Business School di Bologna, motivo per cui trascorre circa il 40% dell’anno in Italia. Le sue radici affondano in Abruzzo, «I miei bisnonni emigrarono negli Stati Uniti per lavorare come minatori» racconta. Oggi è una voce autorevole nel mondo dell’innovazione, membro di fondi di venture capital e investitore in nuove tecnologie. «Vorrei poter passare più tempo a Bologna» ammette, ma i suoi impegni lo portano spesso altrove. Sta per partire per l’India, ma trova comunque il tempo per rilasciare un’intervista con Startup Italia.
Nel suo libro del 2021 “i furiosi anni venti” parlava della necessità di un nuovo contratto sociale. Oggi questo contratto è da rivedere?
La vera minaccia oggi al contratto sociale riguarda gli squilibri economici. Un contratto sociale esiste ovunque, in Cina, in Italia, negli Stati Uniti. Anche il feudalesimo era un contratto sociale. Il contratto sociale è dinamico, sempre in evoluzione. Quello che ho scritto nel libro I furiosi anni Venti è ancora più rilevante oggi di quando l’ho scritto. Con Trump, molto di ciò che avevamo costruito è stato demolito, riportandoci agli anni ’70, quando il cambiamento climatico, ad esempio, non era una questione centrale. La vera crisi del contratto sociale è che non cerchiamo più di creare opportunità per le persone svantaggiate

Sempre in quel libro denunciava il fatto che le multinazionali sono più potenti dei governi e che serve un riequilibrio. Non mi sembra si sia fatto molto in questi anni.
Quello che dicevo nel 2021 è ancora più vero oggi. Musk è probabilmente la quinta persona più potente del mondo. Il primo è Trump, secondo Xi Jinping, terzo Putin quarto Modi quinto Musk e sesto il principe saudita.
Non sarebbe opportuno trovare regole comuni per gestire il capitalismo? Un po’ come siamo riusciti a fare nell’aviazione civile, non importa se prendiamo l’aereo in Corea del Nord o negli Stati Uniti, le regole sono le stesse…
La regolamentazione ha molte sfaccettature, ci sono norme sensate, come allacciare le cinture in aereo, e regolamenti assurdi. In Italia, fare impresa è come correre una maratona con uno zaino pieno di sassi, e quando dico questo mi attaccano dicendo “Senza regole sarebbe un disastro!” Nessuno dice di eliminare le regole, ma in Europa e in Italia il livello di regolamentazione è esagerato. Spesso le norme non proteggono i diritti, ma sono solo teatrali, di facciata.
“Europa, basta lamentarvi, fate qualcosa”
Per esempio?
Per esempio, l’AI Act che non avrà alcun vero impatto. La regolamentazione dell’aviazione civile di cui parlava prima, ha senso perché garantisce la sicurezza, mentre nell’ambito della consumer technologies vediamo un eccesso di regole senza reali benefici per le persone.
A proposito di regole, Deep Seek, l’AI cinese è stata bloccata in diversi Paesi, tra cui l’Italia, perché presenta lati “oscuri”.
Sai cosa rispondo? Createvi la vostra AI, basta lamentarsi. Ho apprezzato molto il discorso di Draghi qualche giorno fa al Parlamento Europeo, lui di solito è più diplomatico di me ma in quel momento era molto Alec Ross. “Fate qualcosa”. Deep Seek, Open AI…. l’Europa si lamenta invece di agire.
“Non vi piace Open AI o Deep Seek? Perché non pensate a farvi la vostra AI Europea?“
Macron ci sta provando investendo in AI europea…
Devo dare credito a Macron perché, invece di rannicchiarsi in posizione difensiva o limitarsi a parlare di regolamentazione, sta cercando di fare qualcosa. Purtroppo, è in una posizione debole all’interno del suo Paese, ma se riuscisse a portare avanti questo piano, sarebbe un risultato positivo per la Francia e per l’Europa.

E noi come Italia che ruolo giochiamo nell’AI?
Giocherei un’altra partita, non avete le risorse per competere con Open AI e gli altri. La vostra forza sta nello sviluppo dei settori di eccellenza che già avete.
“L’Italia deve giocare un’altra partita per restare competitiva: puntare sulle eccellenze”
Per esempio?
Faccio parte del CDA di Pelliconi, un’azienda con sede a Ozzano, vicino Bologna, che produce 40 miliardi di tappi di alluminio all’anno. Se beve una birra in Cina o in Brasile, è probabile che il tappo sia prodotto da Pelliconi. Il tappo di alluminio esiste da tempo, ma come si collega all’AI? Abbiamo investito in tre aree chiave, manutenzione predittiva, gestione da remoto delle linee di produzione e ottimizzazione degli scarti. Qual è stato il risultato? I margini sono cresciuti e, di conseguenza, abbiamo ampliato la nostra presenza in Cina e acquisito aziende negli Stati Uniti e in Canada. Invece di essere colonizzati dagli americani, abbiamo fatto il contrario, oggi siamo noi a dominare quei mercati. E tutto questo senza togliere posti di lavoro in Emilia. L’Italia ha settori di eccellenza nella manifattura, nella logistica, nella moda, nell’agricoltura e nell’alimentare. Può sembrare meno affascinante rispetto ai giganti della Silicon Valley, ma dobbiamo essere maestri nelle nostre competenze e valorizzarle.
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È il momento giusto per costruire un’Europa indipendente da USA e Cina? Perché Paesi come l’Italia sembrano restii a rompere il cordone ombelicale con gli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti hanno già dichiarato indipendenza dall’Europa, non so se è chiaro. “America First” significa che la priorità sono loro stessi, non gli alleati storici. Le parole di Vance a Monaco lo confermano. L’Italia rischia di diventare un “resort” per chi crea valore altrove, un posto dove gli altri vengono a fare foto a Firenze e a prendere il sole sulla Costiera Amalfitana. I talenti ci sono, ma la scelta è sempre la stessa, cambiare il Paese o cambiare Paese. Ha senso oggi trasferirsi negli USA? Io credo di no. L’Europa deve riscrivere le regole e mettere una squadra in campo. Nella tecnologia, è come una partita di calcio, americani e cinesi sono i giocatori, l’Europa è l’arbitro. Ma non ci sono trofei per gli arbitri, mai.
Con Trump sembra finire l’era del “woke capitalism”, inclusività, ambiente e diversità, sembrano non essere più una priorità per le big corporation. Le aziende europee hanno anticorpi?
Non mi piace il termine “woke capitalism”. Se usiamo quella parola, stiamo paradossalmente usando il linguaggio di Trump e Vance. Io rifiuto l’idea che la diversità e l’uguaglianza di genere siano “woke”. “Woke” è imporre assunzioni basate su quote anziché competenze. Google potrebbe seguire Trump, ma ci sono aziende dove la diversità è nel DNA. Chi ha cambiato visione lo ha fatto con la “pistola alla testa”, come le banche americane. Negli USA questa trasformazione è più forte, ma potrebbe arrivare anche in Europa. Tuttavia, il ritiro americano dai settori clean energy rappresenta un’opportunità per l’Europa.

Vedo è che sempre ottimista. Riesce ad esserlo anche quando apre i giornali in questo periodo?
Sì, perché per prima cosa devo ricordarmi di leggere meno i giornali (sorride, n.d.r.). Sono ottimista perché i giovani mi danno speranza. Insegno a cinquantadue studenti alla Business School di Bologna, e sono loro la mia fiducia nel futuro. L’Italia ha talenti straordinari che vanno liberati, non ingabbiati.
“Il Partito Democratico negli Stati Uniti è un disastro, si può fare bene ma fuori dalla politica adesso”
Perché il Partito Democratico negli Stati Uniti, che lei conosce bene, non riesce a svolgere una vera opposizione alla politica di Trump? Sembrano piuttosto passivi.
Passivo è un eufemismo. Il Partito Democratico è un disastro, è dominato da anziani e da ultra-progressisti. I giovani talenti non entrano in politica perché è un ambiente tossico. Oggi, per cambiare il mondo, bisogna farlo fuori dalla politica ecco perché io cerco di occuparmi di insegnamento, scrittura, lavorare con imprenditori e startup
Pensa che una persona come Musk sia pericolosa in un ruolo politico?
C’è una grande differenza tra intelligenza e saggezza. Musk è intelligente, ma non è saggio. Non è particolarmente istruito, è brillante ma imprevedibile. Definirlo solo “pericoloso” sarebbe riduttivo. Parlare di pericolo implica un rischio teorico, qualcosa che potrebbe andare storto. Ma con Musk abbiamo già superato quel punto. È come dire che un incendio è “pericoloso” quando la casa è già distrutta e ci sono vittime. Il problema non è il rischio, ma il fatto che le conseguenze sono già sotto i nostri occhi.
“Ai ragazzi dico che non importa cosa studiate ma dovete essere multidisciplinari e aggiornarvi sempre. La laurea non è il punto di arrivo”
Lei è Professore, ha dei figli adolescenti, che consiglio darebbe a quei genitori che devono scegliere percorsi scolastici? Ha ancora senso studiare latino e greco?
Oggi più che mai serve un apprendimento interdisciplinare. Non si studia latino o greco per diventare traduttori, ma per imparare a pensare. Detto questo, anziché concentrarsi solo sulle lingue antiche, bisognerebbe abbracciare una formazione più ampia, intelligenza artificiale, psicologia comportamentale, intelligenza emotiva, problem solving. L’AI rivoluzionerà molte professioni, ad esempio la giurisprudenza. Se dovessi consigliare un percorso ai ragazzi, direi di non scegliere giurisprudenza, perché ci sarà sempre meno bisogno di avvocati. Ma ho un consiglio soprattutto. Mai come oggi è necessaria formazione continua. Ai ragazzi dico, una volta che siete laureati, che avete un master, non siete arrivati, avete solo fatto un passo avanti. Il mondo va troppo veloce per stare fermi.

Sembra che i ragazzi vivano i cambiamenti veloci della società con ansia.
E sbagliano perché invece dobbiamo cavalcare l’ondata della volatilità. Non arriverà mai un giorno in cui ci sveglieremo dicendo “tutto è tornato alla normalità”. Il nuovo normale sarà il cambiamento continuo. Da quando vivo in Italia, ho notato che la parola più abusata è “crisi”. Basta parlare di crisi! Dobbiamo smettere di essere sempre in modalità reattiva.
Ha dei consigli pratici?
C’è un concetto importante nei quadranti di Covey: le attività lavorative si dividono in quattro categorie. Quelle urgenti e importanti, quelle urgenti ma non importanti, quelle importanti ma non urgenti e infine quelle né urgenti né importanti. La maggior parte delle persone si concentra sulle attività urgenti e importanti, ma spesso spreca troppo tempo su quelle urgenti ma non rilevanti. E invece è fondamentale investire il proprio tempo sulle cose importanti, anche se non urgenti, perché è lì che si costruisce il futuro. I veri leader non si occupano mai di ciò che è urgente ma non importante. In questo modo riescono a pianificare a lungo termine ed avere una vision.
Quindi rimane ottimista nonostante il periodo storico?
In questo momento storico, vedo un’enorme opportunità per l’Europa e per l’Italia. E sì, resto ottimista. Solo gli ottimisti cambiano il mondo. I pessimisti, invece, finiscono per vivere in un mondo creato dagli ottimisti.