«iGenius oggi è già un unicorno. Abbiamo staccato ticket con una valutazione pre-money di oltre 1 miliardo, che ha cristallizzato il nostro valore. Il mercato dell’AI vedrà una ventina di player a livello globale. E ci sono diverse sedie ancora vuote: Italia ed Europa hanno un’opportunità enorme». Uljan Sharka, Ceo e founder di iGenius, ci ha parlato dell’ultimo aumento di capitale Serie B in cantiere che interessa la scaleup: obiettivo 650 milioni di euro, con post-money da 1,7 miliardi. Mistral AI, il campione europeo d’Oltralpe, ne ha raccolti 600 a inizio giugno. «Nell’intelligenza artificiale si può fare profitto senza per forza distruggere le conquiste dei diritti umani».
La storia di iGenius
Fondata nel 2016 iGenius è stata più volte raccontata sul nostro magazine, soprattutto per via del suo prodotto AI, Crystal. Con ChatGPT c’è stata sì una cesura nel mercato, che ha spinto l’azienda ad accelerare lo sviluppo di Modello Italia, l’AI made in Italy. Ma il settore ha vissuto un altro momento di svolta, meno noto. «Nel 2017 è stato rilasciato un paper a firma di ricercatori di Google, che andava a fornire una soluzione tecnica con un’architettura di reti neurali profonde. Prima venivano utilizzati sistemi che lavoravano con approccio quantitativo. Faccio l’esempio di Google Translate: dopo lo switch all’architettura Transformer c’è stato un salto di qualità sull’astrazione dal linguaggio naturale».
La materia è estremamente tecnica ed è stata puntellata da diverse innovazioni che oggi garantiscono un’AI così performante, a volte sorprendente. «Abbiamo cominciato nel 2016, sviluppando modelli, prendendoci il lusso di guardare il mercato fin dall’inizio. L’aspetto qualitativo del meccanismo dell’attenzione è in grado ormai di cercare alternative nei testi per comporre contenuti che non solo sono corretti, ma che hanno un senso».
C’è ancora spazio nel mercato AI?
Gli slogan a volte semplificano, ma sotto c’è del vero. Secondo uno di questi l’America inventa, la Cina copia e l’Europa regola. In effetti l’AI Act, un testo importante ma tutt’altro che esaustivo, è stato il primo a legiferare su un comparto di frontiera come l’intelligenza artificiale. Ma l’Ue può ambire a offrire opportunità per lo sviluppo di campioni globali?
«Nasciamo con l’obiettivo e la missione di umanizzare l’interfaccia dei dati. I dati rendono tutto più efficiente e democratizzano la conoscenza. Se guardo all’AI penso che è dalla rivoluzione della stampa che non succedeva qualcosa di simile». Uljan Sharka ha citato un numero che alcuni VC fanno circolare: la spesa sull’AI è stimata in 1 trilione di dollari. «In questo blue ocean ci vogliono almeno una ventina di player: è difficile che una manciata di loro catturi l’intero mercato».
Facciamo i nomi: OpenAI, Microsoft, Google, la stessa Tesla e la recente xAI di Elon Musk. «Non è detto che chi arrivi per primo avrà per forza la meglio, come insegna il caso di Apple. Mi riferisco al second mover advantage: chi parte da subito paga il prezzo dell’education del mercato, e il costo di ricerca e sviluppo. Noi vogliamo essere la Apple di questo settore». Uljan Sharka mette in fila alcune parole chiave: «Italianità e premium: vogliamo essere la Ferrari dell’AI, per poche organizzazioni e settori che hanno bisogno di estrema qualità».
A cosa serve Modello Italia?
Veniamo dunque a Modello Italia, un software end-to-end, scaricabile con un file da circa 12 giga. Come abbiamo scritto sul magazine, l’accordo siglato tra la startup italiana iGenius e il consorzio Cineca ha garantito lo sviluppo di Italia, un Foundational Large Language Model, addestrato con diversi trilioni di token sul supercomputer Leonardo a Bologna e rivolto in particolare all’ecosistema delle imprese e della Pubblica Amministrazione. «Lo abbiamo chiamato Italia perché è il primo modello single language al mondo fatto in una lingua diversa dall’inglese, con un supercomputer italiano di fama mondiale».
Come è stato testare un’AI su un supercomputer? «È un processo molto interattivo, i checkpoint per garantire la qualità del modello sono frequenti, su base oraria. Si monitora l’andamento dell’addestramento. È fondamentale vedere metriche di performance». Uno dei nodi dell’addestramento dell’AI riguarda le fonti. «La quantità dei dati che abbiamo dovuto mettere insieme è stata una delle sfide. Il Modello Italia ha nel DNA il rispetto delle regole, dell’AI Act, e dei vari diritti di licenza. Abbiamo preso una componente di dati liberi come Wikipedia; il secondo pilastro lo abbiamo costruito con dati sintetici; e poi abbiamo siglato una partnership con Editoriale Nazionale, che ci ha dato accesso all’archivio storico».
Ma qual è il cliente tipo di Modello Italia? «L’obiettivo è dare indipendenza tecnologica a certi settori. Non è un B2C come ChatGPT, anche se una startup potrebbe prendere il software come base tecnologica su cui costruire». Altro dato interessante è il modello di business. «Non abbiamo addestrato questa AI per farci un modello di business: la monetizziamo come qualsiasi altro fruitore. L’abbiamo integrata in Crystal».
Il ruolo dell’Italia
Ed è di Crystal che bisogna parlare per capire le origini di Italia. Attiva pure negli USA, fino a qualche anno fa iGenius si scontrava con pregiudizi nei confronti di aziende innovative italiane, giudicate non adatte a sviluppare un LLM (Crystal è uno small language model, dunque forte su un dominio di conoscenza). «Era un dispiacere da italiani, ma anche un problema a livello di business. Ci siamo impuntati sull’idea di sviluppare un modello nostro. La componente linguistica diventa un enorme prova per la sovranità dei Paesi. È un’opportunità visto il bagaglio che abbiamo».
Nei mesi scorsi Sharka ha avuto anche un incontro con il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso. «L’incontro con le istituzioni è importante. Siamo convinti che possa essere un modo per cambiare la direzione che determinati player hanno dato alla tecnologia, mettendo il profitto senza scrupoli in cima. Il costo dell’innovazione non può negoziare sui diritti umani». Prima del Serie B – il fundraising è ancora in corso – iGenius ha raccolto oltre 40 milioni di euro. Ora si inizia a scrivere una pagina promettente per l’attore italiano in un panorama internazionale. «Dall’intervento del Papa al G7 fino al ruolo di Padre Paolo Benanti nella Commissione Algoritmi, l’Italia può dire la sua».