Dietro AlliumTech c’è una storia molto bella: è quella di Emanuele Rivoira e dei suoi ex colleghi di lavoro diventati dipendenti della sua startup
Lascia l’azienda in cui lavorava perché non la reputava abbastanza innovativa. Fonda una startup e dopo tre anni dà lavoro a 60 persone, diventando così la più grande d’Italia in termine di occupati, l’unica ad averne più di 50. Ma la parte più bella della storia di Emanuele Rivoira e della sua AlliumTech deve ancora venire: cinquanta dei suoi dipendenti sono i suoi ex-colleghi, quelli che ha salvato dall’impresa che lui stesso aveva lasciato e che intanto ha chiuso.
Solo una startup in Italia supera 50 addetti
Il registro delle imprese parla chiaro, su 4249 startup solo una riesce a dare lavoro a più di 50 persone. Il dato è particolarmente interessante perché secondo le ultime rilevazioni di Infocamere, mediamente le startup occupano più soci che addetti (ne abbiamo scritto qui con dati e grafici). Le aspettative riposte nelle startup risiedono spesso più sugli effetti indiretti che imprimono nel tessuto imprenditoriale in termini di competitività e produttività, che sugli effetti diretti, specie in termini di occupazione. AlliumTech è quindi un’eccezione, una mosca bianca.
Una scommessa finanziata da amici e parenti
Tutto comincia nel luglio del 2012, quando Emanuele Rivoira – torinese classe 1982 – lascia l’azienda in cui lavora da 7 anni, sbattendo la porta perché il management non gli permette di scommettere sui suoi progetti innovativi. Decide così di fondare una sua startup AlliumTech S.r.l., con lui alla guida ci sono il padre (commercialista) e un altro socio più grande che si occupa della parte finanziaria. I soldi? Niente bandi, concorsi, venture capital o business angel. “Ci siamo auto-finanziati anche perché tutti i bandi e concorsi prevedono tempi biblici, disclosure complesse e spese da anticipare prima di essere sicuri di accedere alle agevolazioni”, ha raccontato il fondatore della società a Startupitalia sottolineando anche che “se i fondi non ce li hai e devi pure raccontare ai quattro venti cosa hai in progetto di fare senza alcuna garanzia che qualcuno non si prenda il tuo business plan e lo implementi per conto suo….Così ci siamo rivolti alla classica cerchia ristretta di parenti e amici alla ricerca dei fondi per iniziare e continuare. Fintanto che la struttura non si è auto-sostentata”.
Una startup che aiuta i siti a funzionare anche nelle emergenze
All’inizio Emanuele è stato seguito da qualche suo ex collega e insieme ad alcuni nuovi assunti hanno cominciato a sviluppare qualche progetto di quelli che avevano lasciato nei cassetti e che hanno riscontrato un certo interesse da parte del mercato. Arrivano così nuovi clienti, “non legati alla nicchia di cui si occupava la vecchia società”, sottolinea il fondatore di AlliumTech, “i servizi che abbiamo sviluppato sono legati alle performance dei siti web, lavoriamo con grossi enti che fanno della loro vita su internet il loro core business”. Emanuele spiega che sempre più spesso le grosse società arrivano ad avere siti internet con una valanga di funzioni che però in certe situazioni di sovraccarico rallentano, “vedi ad esempio cosa succede a fine mese sui siti delle banche oppure a quelli degli aeroporti quando chiudono. Tutto il mondo si collega al sito e lo trova piantato”. AliumTech lavora per evitare queste situazioni, monitora il funzionamento dei portali e con i dati a disposizione interviene per garantirne la funzionalità.
La startup compra l’azienda e salva 50 posti di lavoro
Un anno e mezzo dopo la nascita di AlliumTech, accade una cosa che i suoi stessi fondatori non avrebbero potuto mai immaginare. Dopo un anno e mezzo di attività, la startup ha riacquisito la società madre da cui era nata, cosa che spiega in parte anche l’alto numero di dipendenti.
Amuser Spa (“azienda dal passato glorioso – racconta Emanuele – deriva dai laboratori di ricerca Telecom ed era fatta di persone che hanno sempre lavorato con le tecnologie vocali”) non andava bene da un po’. Come ha spiegato il fondatore di AlliumTech, la società “erogava servizi informatici che trattano grosse moli di dati, sviluppavamo internamente una quota significativa di software, ma il management era abbastanza vecchio stile, di quelli che non davano spazio alle idee più innovative, a quelle un po’ più 2.0”.
Abbiamo salvato 50 posti di lavoro. Ora siamo 60, 10 della startup originaria e 50 salvati dalla vecchia azienda
In quell’azienda ci lavoravano “un centinaio di persone, ma un giorno viene smembrata e ne vengono messi all’asta i singoli pezzi”, racconta l’ex dipendente. Conoscendone bene il valore, Emanuele e i suoi soci si presentano all’asta, acquisiscono i sistemi e le tecnologie e vanno a recuperare dalla mobilità qualche vecchio collega, riavviando anche tutto quel settore di business. “Abbiamo salvato 50 posti di lavoro. Noi ora siamo 60 di cui 10 della startup originaria e 50 salvati dalla vecchia azienda”, questo il lieto fine raccontato da Emanuele.
L’essere startup aiuta per il network, non per le agevolazioni
L’obiettivo “molto ambizioso” (come dice lo stesso fondatore) di AlliumTech è quello di raggiungere per il prossimo anno i cinque milioni di fatturato, ma soprattutto quello di diventare un hub tecnologico operante sul e con il territorio per favorire innovazione. L’essere una startup e non un’azienda “tradizionale” ha fatto la differenza, quello che ha aiutato Emanuele “è stato sicuramente l’entusiasmo delle persone, il crederci il metterci impegno e risorse economiche, mentre l’aspetto normativo non ha fatto nulla di significativo” – continua il fondatore di AlliumTech – “l’inquadramento come startup fa risparmiare qualcosa nei bolli alla Camera di Commercio, ma non fa sparire magicamente i costi dei notai, degli avvocati e dei commercialisti, o avere il credito delle banche. Quello su cui oggi sicuramente possono e devono far leva le startup è il network, più delle agevolazioni”.