Da sempre impegnata nella formazione e con un passato anche da imprenditrice, crede nelle potenzialità di sviluppo delle persone, facendo leva su comportamenti, attitudini ed emozioni. “Dobbiamo imparare a disimparare”
“Fino a qualche anno fa, in caso di necessità, il primo budget a essere tagliato era quello della formazione. Oggi c’è una consapevolezza completamente diversa, sebbene limitata al perimetro delle imprese più illuminate: lo sviluppo delle competenze è al centro della strategia per lo sviluppo del business e, anzi, con la pandemia è diventato un asset fondamentale senza il quale la competitività è a rischio”. A parlare è Irene Vecchione, Amministratore Delegato di Tack TMI Italy (Gi Group Holding), società che si occupa di Learning & Development della multinazionale italiana del lavoro.
Napoletana, 49 anni, da sempre impegnata nella formazione e con un passato anche da imprenditrice, crede fortemente nelle potenzialità di sviluppo delle persone, facendo leva su comportamenti, attitudini ed emozioni per rendere donne e uomini protagonisti del mercato del lavoro. Sostiene che apprendimento e business sono ormai due lati della stessa medaglia, il ruolo cruciale delle competenze e che il futuro è delle learning organization. Noi di StartupItalia l’abbiamo intervistata.
“Imparare a disimparare ciò che non serve più, le persone devono evolvere per assicurarsi un livello di occupabilità sempre più alto”
Oggi si parla di skill economy. Ci può spiegare meglio?
Le organizzazioni sono oggi fortemente dipendenti dalle competenze delle persone che ne fanno parte. La varietà delle skill richieste non è mai stata così ampia e altrettanto elevata la velocità alla quale cambiano, tanto da parlare di una vera e propria skill economy. Alle persone viene chiesto non solo di possedere un ampio spettro di conoscenze, abilità e competenze e un’eccellente predisposizione verso le nuove tecnologie, ma anche e soprattutto adattabilità e attitudine all’apprendimento di nuove skill. Per questo è importante costruire organizzazioni per l’agile learning, o meglio learning organization. Imparare a imparare, anche dall’errore e attraverso modalità di apprendimento informali, e imparare a disimparare ciò che non serve più, partendo dal presupposto che le persone sono “mobili”, devono evolvere per assicurarsi un livello di occupabilità sempre alto, sia all’interno dell’impresa che fuori, nello stesso settore o in altri.
Ha alle spalle un passato da imprenditrice ci vuole raccontare qualcosa in più?
Mi sono sempre occupata di lavoro e formazione; ho iniziato all’indomani dell’introduzione del Pacchetto Treu in Adecco dove in 10 anni mi sono occupata di molti servizi in ambito risorse umane, dall’apertura di filiali sul territorio, alla ricerca e selezione di personale. Poi nel 2007 avevo voglia di sperimentarmi in qualcosa di diverso, volevo crescere e farlo fuori dal gruppo. Puntavo al campo della consulenza organizzativa che poteva essere un valore aggiunto. Così nel 2008 fondo MyTalenTeam, una piccola impresa, sempre basata sulla formazione dei dipendenti delle imprese, ma su logiche diverse e che puntava anche su percorsi di sviluppo personale e professionale per il Middle e Top management, interventi di coaching e counselling e attività formative, anche finanziate.
“Fuori dalla mia zona di comfort ho imparato più di quanto immaginassi“
E’ così che è arrivata nel mondo della formazione a 360 gradi?
Proprio così. Nel 2013 ho avuto l’opportunità di ricoprire il ruolo di direttore generale del fondo Forma.Temp, il fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori in somministrazione in un momento di cambiamento a seguito del rinnovo del CCNL di categoria. Ancora una volta, dunque, formazione, ma da un punto di vista differente. Un’esperienza incredibile, molto diversa dalle precedenti, complessa, sfidante e, al tempo stesso, professionalmente molto arricchente. Fuori dalla mia zona di comfort ho imparato più di quanto immaginassi.
E in TACK TMI quando?
Vicina alla fine del contratto, mi ritrovo sul tavolo l’offerta di prosecuzione a tempo indeterminato e una proposta da parte di Stefano Colli-Lanzi, di prendere le redini della società di formazione di Gi Group (oggi Gi Group Holding), l’attuale Tack TMI. Mi è parsa un’occasione unica: mi entusiasmava tornare sui binari che avevo scelto all’inizio (lo sviluppo manageriale) e, al tempo stesso, avrei dato un’opportunità di crescita alle persone che lavoravano in MyTalenTeam attraverso un’esperienza nuova, in un contesto diverso e più strutturato. Nel 2016 decido così di vendere MyTalenTeam a Gi Group, dismetto senza rimpianti i panni dell’imprenditrice per rimettere con grande entusiasmo quelli della manager con l’opportunità di sviluppare importanti progetti su una nuova scala incoraggiando (io che avevo investito nella mia impresa) i miei vecchi collaboratori/colleghi sulla nuova strada intrapresa con la convinzione che credo oggi abbiamo tutti: il cambiamento è sempre una ricchezza, e in quel caso lo era ancor di più.
Formazione professionale continua, a che punto siamo in Italia?
C’è tantissimo da fare. Siamo sempre troppo in basso nei ranking europei e mondiali in termini di opportunità formative e di fruizione. Mi ha molto colpito il Rapporto Excelsior 2021 “Formazione continua e tirocini nelle imprese italiane”, in cui viene riportato che il 49,7% delle imprese italiane non ha offerto formazione ai propri dipendenti. Già questo dato basterebbe a comprendere la gravità della situazione, ma leggere la motivazione addotta dalle stesse rende lo scenario decisamente drammatico: “il personale non necessita di ulteriore formazione”. Perché lo è? Perché la pandemia dovrebbe aver aperto gli occhi anche ai più scettici, essendo evidente che, davanti a un cambiamento di questa portata, non c’è evoluzione senza formazione.
Si parla di apprendimento collaborativo, il cervello è un organo sociale. Qual è l’impatto delle relazioni sociali sull’apprendimento?
La teoria del social learning e dei modelli di apprendimento collaborativo non sono nuovi, ma hanno ricevuto maggiori attenzioni negli ultimi tempi, in concomitanza da un lato all’impareggiabile valore riconosciuto al lavoro in team, dall’altro all’affermarsi dell’evoluzione tecnologica generatrice di networking. L’apprendimento attraverso l’osservazione e l’attivazione dei neuroni-specchio è ormai un fenomeno noto, che in ambito aziendale ha ampliato il suo perimetro di applicazione: apprendiamo tutte le volte che ci interfacciamo con qualcuno. E più diversità c’è nel gruppo maggiore è la possibilità di imparare. Il social learning, nelle sue diverse applicazioni, è una modalità presa sempre in considerazione nella costruzione dei percorsi formativi in presenza e a distanza, live e asincroni. In questo modo l’apprendimento non è più solo individuale, ma frutto dello scambio reciproco di conoscenze, esperienze e punti di vista fra i partecipanti.
Qualcuno ha detto: “chi non si forma si ferma”, cosa si sente di dire alle nuove generazioni che approcciano al mondo del lavoro?
È una domanda complessa. Non c’è una ricetta universale. Ogni persona è diversa, ogni situazione andrebbe analizzata individualmente. Certamente bisogna bilanciare le proprie passioni e interessi con una buona dose di pragmatismo. Ai giovani serve un orientamento efficace nei tempi giusti e accompagnamento nelle scelte per raggiungere un obiettivo di rapido inserimento professionale che consenta poi, attraverso la formazione permanente di cui ognuno deve rendersi responsabile per se stesso, l’evoluzione di competenze e dunque di ruolo. Poi bisogna aggiungere gli ingredienti della determinazione, del coraggio, della tenacia, della visione e dell’ottimismo.
“Ciò che rende il leader una persona di successo è la capacità di raggiungere gli obiettivi supportando le persone del suo team, guidandole verso un traguardo comune“
Si è parlato di leadership gentile, cosa ne pensa?
Le più accreditate teorie sulla leadership moderna, inclusa la leadership gentile, convergono tutte sulla human centricity. Credo che tutti coloro che si trovano a guidare un team di lavoro debbano essere consapevoli del fatto che il loro ruolo è al 50% business oriented e 50% people oriented. Il profitto non è l’unico obiettivo. Ciò che rende il leader una persona di successo è la capacità di raggiungere gli obiettivi supportando le persone del suo team, guidandole, ispirandole verso un traguardo comune che deve essere trasparente, chiaro, comunicato in maniera adeguata, coerente con la visione e con la cultura aziendale. Con un approccio human centric si raggiungono più velocemente gli obiettivi aziendali: questo è il passaggio mentale da fare. Con un’attenzione: essere coerenti e autentici. Se utilizziamo la parola gentilezza solo perché è in voga, non conosciamo il suo significato profondo e la utilizziamo come mero strumento di marketing, avremo un effetto boomerang e alla fine non avremo portato a bordo né le persone, né i risultati di business.
Le donne sembrano consapevoli del valore della formazione nel futuro lavorativo, più degli uomini? Cosa ne pensa?
Anche in questo caso la risposta è complessa e certamente andrebbe calibrata a seconda dei contesti. La parità di genere sconta retaggi culturali fortissimi, difficili da scardinare, perché la società è intrisa dei cosiddetti bias e di stereotipi per superare i quali ci vuole tantissimo tempo e tanto lavoro da parte di tutti. Come Tack TMI abbiamo, ad esempio, condotto recentemente una survey per fotografare lo scenario delle donne sul lavoro e abbiamo rilevato che, seppure nella formazione aziendale non ci siano quasi differenze tra uomini e donne, in 8 imprese su 10 vi è meno di un quarto di presenza femminile sui ruoli considerati tipicamente maschili in funzioni come logistica, produzione, ingegneria, IT e meno di una posizione da top management o da executive su quattro è ricoperta da donne.
“È fondamentale che le donne acquisiscano consapevolezza delle proprie conoscenze, abilità e potenzialità, sapendo valorizzarsi con coraggio e determinazione”
Donne e competenze, una battuta?
Le competenze sono certamente il punto di partenza per le donne per affermarsi nel mondo del lavoro, ma quando parliamo di competenze non dobbiamo pensare solo alle skill tecniche e professionali, rispetto alle quali è necessario oggi un forte lavoro di orientamento (ad es. verso le discipline STEM). Sono fondamentali anche altre competenze e abilità che consentano alle donne di farsi riconoscere come persone in grado di portare un incredibile valore aggiunto alle organizzazioni.
C’è consapevolezza delle proprie conoscenze?
È fondamentale che le donne acquisiscano consapevolezza delle proprie conoscenze, abilità e potenzialità e le utilizzino nei giusti contesti, sapendo valorizzarsi con coraggio e determinazione, senza fare passi indietro. Infine, mi sento di dire che le discriminazioni legate agli impegni familiari oggi sono senza senso: è ormai noto, soprattutto (o forse ancora solo!) nei contesti aziendali più evoluti, che durante il periodo della maternità e nel contesto familiare in generale si sviluppano competenze preziosissime che si rivelano tali anche applicate al contesto lavorativo.