Per Unstoppable Women la storia di Giulia Dall’Aglio, in tasca due lauree in ingegneria e la passione per Internet. Un giorno ha deciso di licenziarsi per diventare family digital coach. «I bambini nascono col tablet in mano. Come mamma ho la testa piena di dubbi e voglio aiutare gli altri genitori»
Qual è il modo migliore di parlare ai ragazzi di tecnologia? E come le famiglie dovrebbero approcciarsi all’argomento con i ragazzi? A queste domande risponde Giulia Dall’Aglio, ingegnere e family digital coach. Fondatrice di Tecnologia familiare, ha messo in piedi una startup per l’educazione condivisa sugli apparati tecnologici e ha brevettato un corso per aiutare genitori e figli a trovare un punto di incontro sull’uso quotidiano della tecnologia. Un metodo innovativo per affrontare un argomento scottante in un clima di dialogo aperto tra genitori e figli laddove, spesso, sono i figli ad avere più padronanza dello strumento rispetto ai genitori. Allo stesso tempo, è importante che siano loro stessi a imparare a usare al meglio – e non a subire – il potenziale offerto dai dispositivi tecnologici. Del tema se ne è parlato anche durante il Festival di Internazionale KIDS, il primo festival di giornalismo per bambini che si è tenuto pochi giorni fa a Reggio Emilia. Abbiamo intercettato Giulia Dall’Aglio per farci spiegare meglio in che cosa consiste il suo lavoro e come le famiglie dovrebbero trattare il tema con i figli.
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Giulia, quando e perché hai deciso di fare la family digital coach?
Amo il digitale da sempre e ho avuto il mio primo videogioco a 8 anni. Ho studiato Ingegneria dell’automazione; la mia passione erano le app. Poi, quando sono diventata mamma, mi sono avvicinata al mondo dell’infanzia e del digitale. E in quel momento dentro di me mi facevo mille domande che, sostanzialmente, vertevano su una questione centrale: Quale sarà il momento giusto per dare il cellulare a mio figlio? Così ho pensato di allargare questo pensiero anche ad altre persone con l’idea di supportare e sostenere i genitori e le nuove generazioni.
Poi cosa è successo?
Da appassionata di matematica – che attualmente insegno – ho voluto esplorare come gli adolescenti recepiscono, e subiscono, il mondo del digitale. Oggi il mio obiettivo è riuscire a trovare il modo per aiutare famiglie e ragazzi a trovare un equilibrio tra pc, TV, cellulare, tablet e tutti gli strumenti che quotidianamente ci accompagnano nella nostra esistenza. Con questo intento sono diventata parent coach, per parlare di digitale alle famiglie e dare loro consigli.
Su un tema così delicato, quali sono le linee guida?
Il mestiere, devo dire, che non è dei più semplici: ci vuole tanta passione e conoscenza della materia. I miei corsi vertono sull’integrazione del digitale in famiglia, senza seguire delle regole standard obbligatoriamente ma avendo ben chiaro il confine tra il corretto e lo sbagliato utilizzo degli strumenti. Una volta che si sono apprese le regole base, poi sta alla singola famiglia decidere la direzione migliore da prendere, ma l’intento è quello di rendere consapevoli genitori e ragazzi e fare in modo che gli adulti si mettano nei panni dei ragazzi cercando di capire perché ascoltano certa musica, perché usano certe app e come fare per costruire con loro un dialogo. Buona norma è usare i dispositivi digitali solo negli spazi comuni, quindi niente cellulari nelle camere da letto e in bagno.
Quali sono i feedback che ricevi da parte delle famiglie?
Sapendo come comportarsi con i figli, le famiglie riescono a dare loro una spiegazione a una negazione di un certo strumento, ad esempio. Ricordiamoci che il variegato mondo del digitale è in continuo divenire; ci saranno sempre più app e la realtà virtuale farà sempre più parte delle nostre vite e gli adolescenti tendono sempre a scavalcare le regole imposte dall’alto. Per questo, la cosa più importante è sapere a livello educativo come comportarsi. Anche se all’inizio nelle famiglie c’è un po’ di scetticismo sul tema, il bisogno di consapevolezza è molto forte.
Come si diventa family digital coach?
Esistono proprio dei corsi mirati. A luglio dell’anno scorso mi sono licenziata e ho iniziato a frequentare un corso di 6 mesi. Da gennaio tengo corsi online e dal vivo, anche di gruppo, e corsi di coaching intensi dove si lavora sulla persona e sulla conoscenza del figlio.
Quale è la tua mission?
Vorrei proporre i miei corsi all’interno di un percorso di Welfare aziendale: è fondamentale, oggi, condurre una vita digitalmente equilibrata e consapevole. Trovando il giusto modo nell’utilizzo del digitale, miglioriamo la nostra stessa presenza nel mondo virtuale. L’obiettivo ultimo resta quello di favorire il dialogo tra adulti e ragazzi. I genitori si sentono spesso soli quando si chiedono quale sia il momento migliore per mettere il figlio davanti alla TV o per lasciargli uno smartphone in mano, ma la grande soddisfazione è vedere come, soprattutto attraverso i percorsi di gruppo, i genitori diventano più consapevoli del fatto che non sono mosche bianche, anzi. L’argomento, oltre ad essere di estrema attualità, è anche condiviso.