In collaborazione con |
«Sono sempre stata molto affascinata dalla possibilità di poter risolvere problemi concreti, dall’aspetto pratico delle cose. Il lavoro che sto facendo oggi cerca di offrire al mondo agricolo soluzioni che consentano di mantenere livelli produttivi alti e competitivi, rispettando allo stesso tempo l’ambiente». Antonietta Santaniello a 46 anni è la responsabile del JointLab, laboratorio congiunto fra il centro di ricerca di Atessa di Syngenta Biologicals ed il PlantLab della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. Il laboratorio, fondato nel 2017, porta avanti l’attività di ricerca e sviluppo nel settore dei biostimolanti, traducendo le scoperte scientifiche in ambito accademico in innovazioni per la formulazione di nuovi biostimolanti.
La Santaniello è una delle donne che sono riuscite a raggiungere posizioni di vertice in ambito STEM, ovvero in discipline scientifiche, STEM infatti è un acronimo che sta per Science, Technology, Engineering e Mathematics. «La mia è stata una scelta guidata dall’entusiasmo e dalla passione per la biologia delle piante e per la genomica. L’azienda mi ha dato la possibilità di tradurre questo in innovazione – ci ha raccontato durante una lunga intervista. Sono arrivata a questi risultati inseguendo la passione per la conoscenza ed il desiderio di contribuire al progresso sostenibile in agricoltura».
I dati italiani delle STEM
Proprio per stimolare le giovani ragazze a imboccare la via delle discipline STEM, si è appena conclusa la settimana dedicata alla promozione di percorsi di studio in discipline tecnico scientifiche promossa dal MIUR. Da sempre infatti le ragazze che scelgono le STEM sono poche, rispetto al numero di ragazzi. Secondo gli ultimi dati ISTAT, nel 2022 solo il 16,6% delle giovani donne laureate ha raggiunto il titolo in discipline STEM, contro il 34,5% degli uomini. Antonietta Santaniello ha scelto di imboccare la via delle biotecnologie, un settore che, secondo l’ultimo report di Assobiotech ed Enea, nel 2022 ha fatturato in Italia più di 13 miliardi e 600 mila euro. In particolare, le applicazioni biotech per l’agrozootecnia vedono un fatturato in forte crescita negli ultimi anni. Gli investimenti in ricerca e sviluppo portati avanti internamente valgono il 4% del totale del settore.
Agricoltura, settore fondamentale
Antonietta non viene da una famiglia con carriere nel mondo scientifico ma, dopo un percorso di studi umanistici, ha sentito il bisogno di qualcosa di più concreto. Ciò l’ha portata a laurearsi in Scienze e Tecnologie Agrarie all’ Università di Pisa e a conseguire un PhD alla Scuola Sant’Anna. In seguito ha trascorso un periodo in Germania, al prestigioso Max-Plank Institute for Molecular Plant Physiology di Golm (Potsdam-Berlino) per portare avanti la sua attività di ricerca.
«Inizialmente pensavo che l’agricoltura, e le biotecnologie agrarie in particolare, potessero offrire opportunità lavorative, anche se le testimonianze che arrivavano da quel mondo raccontavano di ambizioni spesso deluse. Indubbiamente – ci ha detto – l’agricoltura è qualcosa di fondamentale per l’umanità, parte integrante della nostra cultura. Oggi, nel contesto di crisi climatica, di popolazione mondiale in crescita, di necessità di abbassare l’impatto ambientale del settore, l’agricoltura ha responsabilità ancora maggiori. La sfida è produrre sempre di più e farlo con coscienza e con attenzione alla salvaguardia ambientale. È qui che il mio lavoro assume significato». Dopo aver lavorato un decennio in ambito accademico, nel 2017 è stata assunta dall’azienda leader nella produzione di biostimolanti (ex Valagro). Oggi è manager del team di trascrittomica e genomica del Centro di Ricerca di Atessa di Syngenta Biologicals.
Trascrittomica, cuore del JointLab
«Il mio team si occupa di trascrittomica e genomica allo scopo di innovare il settore dei biostimolanti e di caratterizzarne il meccanismo di azione. Si tratta – ci ha spiegato ancora Santaniello – dell’uso di un approccio scientifico-tecnologico che consente di studiare come il mix di molecole e sostanze che compongono i biostimolanti possano, attraverso la modulazione di specifici geni, tradursi in effetti fisiologici specifici. La tecnologia trascrittomica consente di studiare l’espressione dei geni delle piante su larga scala. Fino al 2006 questa tecnica era esclusivo appannaggio del settore biomedico e farmaceutico. Grazie all’intuizione dei vertici della R&D di Valagro e della Scuola Sant’Anna, questa tecnologia è diventata strumento fondamentale per identificare i geni chiave coinvolti in specifici processi biologici attivati dai biostimolanti. Lo scopo è sviluppare strategie di miglioramento produttivo con approccio mirato e sostenibile».
Partendo da materie prime di estrazione naturale, come estratti di macroalghe o anche da sottoprodotti dell’industria agroalimentare, la ricerca scientifica al JointLab di Pisa è alla base di un concetto innovativo di produzione di biostimolanti. Questi sono prodotti che permettono alla pianta di migliorare le proprie performance produttive, affrontando condizioni ambientali sempre più stressanti e critiche. Lo fanno stimolando processi naturali della pianta stessa, in modo da migliorare la tolleranza agli stress, ottimizzare l’uso dei nutrienti ed aumentare la qualità delle produzioni agrarie. «I biostimolanti – ha detto ancora Antonietta Santaniello, con un certo orgoglio – ci aiutano a mantenere un equilibrio fra le richieste pressanti di un’agricoltura più sostenibile, anche in vista degli obiettivi del Green Deal, e la necessità di sfamare una popolazione mondiale che cresce. Inoltre ci aiutano a remunerare in maniera giusta chi produce il cibo che ogni giorno mettiamo in tavola».
Come fare squadra
Il Team di Antonietta Santaniello è oggi costituito da quattro ricercatrici e ricercatori Syngenta Biologicals, oltre a una ricercatrice post-doc della Sant’Anna di Pisa. Il JointLab fa parte della ‘Plant Science Unit’ del Centro di Ricerca di Atessa di Syngenta Biologicals, specializzato nella ricerca e produzione di biostimolanti. «Sono stata molto fortunata – ci ha raccontato – l’ambiente in cui ho maturato la mia esperienza è sempre stato molto collaborativo e per niente discriminatorio. Devo dire che la rappresentanza femminile nei laboratori è molto alta. Io non ho avuto figli ma, guardando alle altre donne che hanno vissuto la maternità, devo dire che hanno potuto viverla in maniera molto serena. I loro tempi sono sempre stati rispettati. Purtroppo non è sempre così. Anche in ambiente universitario, a volte, prevalgono le discriminazioni. E può succedere a volte che ad avere un atteggiamento discriminatorio siano anche donne in posizione di leadership».
La soddisfazione più grande ad oggi per Antonietta Santaniello è stata quella di veder crescere un settore che l’ha vista protagonista: «Sta crescendo e io sono riuscita a dare un mio apporto scientifico reale alla sua crescita. I successi per me sono sempre conquiste ottenute a livello di team. Credo che il mio modo di guidare sia proprio questo – ci ha raccontato ancora. Credo di essere riuscita a stabilire un rapporto empatico con i miei collaboratori. La leadership femminile si contraddistingue solitamente per una maggiore empatia che è alla base di ogni successo collettivo. La cooperazione e un ambiente sereno portano in evidenza le potenzialità nascoste delle persone. Se vogliamo usare una metafora sportiva, preferisco i giochi di squadra agli sport individuali. Spero in futuro di riuscire ad offrire ad altri ricercatori, uomini o donne che siano, le opportunità che sono state offerte a me”.
Ragazze, non scoraggiatevi
Alle ragazze che stanno per scegliere un indirizzo di studi, Antonietta Santaniello raccomanda di non lasciarsi scoraggiare: «Quando sono stata io a dover scegliere ho invidiato molto i compagni di studi che avevano già le idee chiare. Ammetto che mi sono lasciata influenzare da chi sosteneva che il mondo agricolo sia prettamente maschile, ma è un pregiudizio. Non bisogna lasciarsi scoraggiare, c’è spazio per le donne. Per quanto riguarda le materie scientifiche, se vogliamo contrastare il pregiudizio dobbiamo metterci in gioco in prima persona. Il mondo scientifico è popolato da tantissime donne.
Poi ha continuato, ragionando sul ruolo della donna nel mondo lavorativo: «Si tende a pensare che sia difficile gestire la famiglia mentre si fa carriera nel mondo delle scienze, ma non siamo sole. I doveri familiari sono sempre compatibili con il percorso di carriera, se si lavora in una grande azienda che abbia consapevolezza dell’importanza del benessere lavorativo e personale. E poi la gestione della famiglia non riguarda certo solo la donna. La coppia è fatta di due persone, con uguali diritti e doveri».