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Il 2 aprile viene celebrata la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, istituita 17 anni fa dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Da un’idea della rappresentante del Qatar Mozah bint Nasser al-Missned, questa continua ad essere – dal 18 dicembre 2007 – una delle giornate ONU ufficiali sulla salute.

Promuovere i diritti delle persone con Disturbi dello Spettro Autistico (DSA) e sensibilizzare la società odierna sull’importanza di comprendere e accettare le diverse forme di neurodiversità sono gli obiettivi cruciali di questa giornata che, attraverso iniziative ed eventi in tutto il mondo, permette di conoscere l’autismo sempre più da vicino.

Autismo: cos’è e come si manifesta?

L’autismo non deve essere considerato un disturbo, ma una condizione di neurodiversità. E’ così che la Luana Valenzano, psicoterapeuta di Unobravo, definisce e affronta in esclusiva per StartupItalia il tema questo tema con l’obiettivo di accompagnare le famiglie e tutti gli individui della società a riconoscere l’autismo come neurodiversità e non più come disturbo limitante.

Considerato come una condizione dello sviluppo neurologico che esordisce durante l’infanzia, a componente multifattoriale, con l’introduzione nel DSM-5 della categoria dei “Disturbi dello spettro autistico” l’autismo si inserisce in un continuum definito come spettro per l’ampia variabilità presente tra bambini e adulti con la medesima diagnosi.

Se nella maggior parte dei casi è una condizione che viene individuata in età infantile, può accadere che non ci sia una vera propria diagnosi in età scolastica e che l’adulto autistico possa trovare una certa difficoltà nell’interazione sociale, per esempio nel capire cosa pensino o sentano gli altri, nel cogliere l’ironia o il sarcasmo, nel comprendere il significato dei modi di dire e delle metafore, vivendo con disagio il maneggiare le parole “alla lettera” e il possedere un’elevata sensorialità.

Perché è importante la consapevolezza sull’autismo

L’importanza della Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo è quella di far comprendere e conoscere. E nel nostro Paese, è sempre più necessario.

Da una ricerca del Censis, infatti, emerge che l’Italia è uno degli ultimi paesi in Europa per l’investimento di risorse nella protezione sociale delle persone con disabilità e, se si conta che su circa 60 milioni di residenti in Italia sono oltre 600mila persone direttamente interessate dall’autismo, una giornata come oggi assume un valore simbolico ancora più forte.

Una tematica che interessa, quindi, sempre più famiglie. Rispetto ai 435 mila nuovi nati in Italia nel 2020 si stima che ogni anno oltre quattromila bambini potrebbero trovarsi nello Spettro Autistico, ed è sempre più sfidante per le famiglie riuscire a supportare, accompagnare e migliorare la vita dei propri cari sul piano pratico e quotidiano.

«Per le famiglie, il consiglio generale è innanzitutto cercare un aiuto sotto forma di Parent Training ma anche partecipare a corsi, seminari, leggere libri sulla condizione autistica: la competenza combatte il senso di impotenza cui troppo spesso le famiglie sono succubi. Un ulteriore elemento è quello di mantenere un equilibrio tra il proprio stile di vita familiare e una dosata introduzione dei cambiamenti – spiega  Luana Valenzano -. Tutti questi elementi possono semplificare la vita dell’individuo autistico. Questo ponte emotivo lo aiuta anche dal punto di vista della comunicazione dei propri bisogni e sul piano dei cosiddetti “comportamenti problema” perché gli vengono forniti strumenti adeguati per comunicare il proprio disagio e gestirlo».

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Autismo e bambini, consigli pratici per i genitori 

Secondo i dati riportati dal Ministero della Salute, in Italia la prevalenza del disturbo dello spettro autistico è stimata essere di 1 bambino su 77 tra quelli di età compresa tra 7 e 9 anni, con una netta predominanza nei maschi: sono, infatti, i bambini ad essere diagnosticati con una frequenza 4,4 volte superiore rispetto alle bambine. 

Ma come è possibile aiutare i bambini a capire le loro emozioni supportandoli nel processo di crescita? Fondamentale è creare un ambiente sicuro e coinvolgente, fornendo il sostegno emotivo e cognitivo necessario e promuovendo l’integrazione sociale. 

L’obiettivo? Accompagnarli nel raggiungimento del loro massimo potenziale. «La preparazione ai cambiamenti, almeno per quelli che possiamo prevedere, è fondamentale per mettere il bambino nelle condizioni di poter fronteggiare il proprio disagio». Lo scopo non è eliminare o annullare il fastidio o le sensazioni emotive emergenti, ma informare il bambino che questi vissuti non sono pericolosi e che la nuova situazione presenta anche aspetti vantaggiosi. Altri consigli? «Lavorare sulla comunicazione. Sebbene la variabilità della condizione autistica faccia sì che in alcuni il linguaggio sia totalmente assente e in altri invece molto ben sviluppato, ciò non toglie che il lavoro principale sia quello sull’intenzionalità comunicativa e sull’intenzione sociale».

Inoltre, tutti noi funzioniamo secondo un principio di low economy: fare il minor sforzo possibile con la massima resa. Il nostro stesso organismo funziona così in molti casi. «Anche il bambino autistico spesso dal punto di vista dell’intenzionalità va in low economy. Per tale ragione va invogliato, interessato e spronato a costruire un intento sociale, a trarre giovamento dalla socialità, a divertirsi insieme agli altri, a chiedere aiuto, ad interessarsi circa le preferenze dell’altro».

La strategia per poter aiutare i nostri bambini e aiutare chi ci sta accanto è riconoscere il comportamento e capire come poterlo affrontare. «Il consiglio è sempre quello di capire cosa ha scatenato quel comportamento, cioè cercare di fare una breve analisi della situazione per capire quale possa essere la condizione antecedente e poter formulare un’ipotesi circa il perché di quel comportamento, cosa ci sta comunicando il bambino, cosa cerca di ottenere».

La strategia fondamentale per i genitori nella quotidianità? «Prendersi un momento per riflettere su quanto accaduto e pianificare come evitare che il comportamento si ripresenti o le diverse strategie possibili da adottare in una situazione similare».

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I 5 miti da sfatare sull’autismo per un’inclusione a 360 gradi

Quando si parla di autismo, è chiaro che sono ancora tanti i miti e i fraintendimenti che circondano l’argomento. Nonostante i progressi nella ricerca e nella sensibilizzazione, continuano a persistere idee errate che ostacolano la comprensione e il supporto per coloro che vivono con questa condizione. 

«Tra i miti da sfatare più comuni c’è la convinzione che le persone con autismo non tollerino il contatto fisico né visivo diretto e che non siano in grado di provare o capire le emozioni. Alcune persone autistiche non solo tollerano il contatto fisico ma lo ricercano, seppur permanga la difficoltà di stabilire relazioni», prosegue Valenzano. 

Altre invece gradiscono il contatto fisico ma solo con persone estremamente familiari e che ben conoscono, come molti neurotipici. E per quanto riguarda le emozioni, invece, nulla di più falso: un bambino o un adulto autistico ha difficoltà nella comprensione degli elementi non verbali della comunicazione, ad esempio la mimica o la postura, ma ciò non toglie che, se gli viene comunicato in maniera diretta uno stato emotivo, è assolutamente capace di provare empatia e compassione. «Come tutti, prova tutta la gamma delle emozioni, ma le esprime in maniera differente dagli altri», racconta Luana Valenzano.

Altri miti da sfatare riguardano, ad esempio, l’idea che i vaccini possano causare la condizione autistica o che le persone con autismo siano tutte geniali e talentuose, senza considerare che non è corretto attuare generalizzazioni. L’ultimo mito da sfatare? «Che i bambini con autismo siano solo ‘particolari’ e che crescendo perdano questi tratti. L’autismo è una condizione non reversibile che si mantiene costante per tutta la vita. La condizione neurobiologica non si modificherà nel corso del tempo ma l’individuo potrà imparare strategie che gli consentiranno di vivere autonomamente la propria vita e di essere pienamente integrato nella società».