Michele Grassi, studi alla Normale di Pisa e una lunga esperienza nell’ingegneria marina, ha già testato le potenzialità della tecnologia di netH2O, sviluppata insieme ad Alessandra Licciardello. «Nel realizzare questa boa abbiamo pensato a un dispositivo estremamente versatile. Uno dei mercati a cui puntiamo è quello dell’acquacultura in mare aperto, dove un impianto come il nostro monitorerebbe la qualità dell’acqua: se è troppo torbida i pesci non mangiano e quindi il sistema risparmia cibo che altrimenti andrebbe sprecato; la boa informa anche se il mare è troppo agitato per fare manutenzione, evitando così di mandare una squadra a vuoto».
Il costo di netH2O è stimato in 1.500 euro, cifra che secondo Elements Works posiziona la boa in un mercato abituato a prezzi decisamente più alti. «Un altro ambito dove vogliamo collocarci è quello portuale – ha aggiunto il CEO Grassi – Posizionando un certo numero di dispositivi dentro e fuori da un grande porto, l’autorità competente avrà tutte le informazioni in tempo reale sulla qualità dell’acqua; in un piccolo porto, invece, netH2O diventa fondamentale perché monitora le condizioni del mare e dà il via definitivo sull’uscita sicura delle barche».
Le dimensioni della boa di Elements Works possono variare in base alle richieste del committente e al tipo di batteria necessaria allo scopo, che sia in mare aperto o in un porto. Di base netH2O ha a bordo una tecnologia che fornisce, per esempio, la temperatura e la stima delle onde grazie a sensori. «In base poi alle richieste lo spazio interno può essere riempito con altre tecnologie». Come quelle che, un domani, abiliteranno la macchina ad azionarsi e a diventare un vero e proprio drone marino.
Elements Works sta dialogando anche con uno dei principali parchi marini del paese per valutare le potenzialità della sua boa dentro a un ecosistema protetto. «In questo caso, oltre a tutte le altre funzioni netH2O farebbe anche da allarme, controllando tutti gli accessi nell’area». Insomma, questa apparecchiatura smart si candida a diventare l’occhio in mare utile a monitorare tanti valori e condizioni per fare le migliori scelte da terra. «Con il crowdfunding puntiamo a raccogliere almeno 50mila euro e con i fondi vogliamo sviluppare l’aspetto commerciale per partire con i primi ordini. Se la campagna su BackToWork dovesse andare molto bene, lo sviluppo di netH2O anche come drone marino sarebbe più vicino».