È tra le misure papabili per il rilancio dell’economia da inserire nella terza manovra emergenziale, da circa 10 miliardi
Potrebbe essere la quadratura del cerchio: da un lato la misura spingerebbe i consumi, congelati dal timore di una ventura recessione post pandemica e anche dal venir meno degli incassi durante il lock down, dall’altro imprimerebbe una accelerazione verso quella cashless society che l’Italia, un po’ per cultura, un po’ per età media della popolazione, ma anche e soprattutto per via dell’evasione fiscale, ha sempre guardato con sospetto. Ci riferiamo all’idea che ha preso a circolare con forza nelle stanze di Palazzo Chigi e che sembrerebbe mettere d’accordo, per una volta, l’intero governo: tagliare l’IVA ma solo a chi paga con la carta.
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Taglio dell’IVA sì, ma non per tutti?
Il dossier sarebbe sulla scrivania del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, da qualche giorno. La sua vice, Laura Castelli, aveva ventilato l’ipotesi di seguire l’esempio tedesco la scorsa settimana, intervenendo in radio. Non è stata presa una decisione definitiva, ma si tratterebbe più di una semplice boutade, e si sarebbe anche arricchita della possibilità di legarla all’uso della carta di credito, come rivela la stessa Castelli a Repubblica oggi: «Penso che il governo deciderà nei prossimi giorni. Dobbiamo intervenire sui settori che sono stati maggiormente colpiti da questa crisi e che tardando a ripartire, penso a tutta la filiera del turismo e della ristorazione, in primis. Ma anche all’artigianato, all’abbigliamento e all’automobile. Un’operazione che va legata al cashless, per far ripartire l’economia».
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Il ministro all’Economia Roberto Gualtieri
«Nei mesi scorsi – continua la viceministra – avevamo già lavorato ad alcune simulazioni sull’Iva, saremmo pronti ad intervenire anche subito, ma la sede più corretta è sicuramente la prossima legge di Bilancio, facendo scattare l’intervento dal prossimo 1° gennaio. Una misura temporanea, con un orizzonte di due anni. Ma resta il fatto che una rimodulazione dell’Iva, al ribasso, rimane un obiettivo da inserire nella più organica riforma per la riduzione delle tasse e dell’Irpef, a cui stiamo lavorando». E il taglio dell’IVA potrebbe essere la dorsale del terzo scostamento di bilancio, da circa 10 miliardi (anche questo annunciato con largo anticipo dalla pentastellata Castelli) che il Governo si appresterebbe a chiedere al Parlamento, portando la somma spesa finora per uscire dalla crisi del Coronavirus attorno ai 100 miliardi in neppure sei mesi.
Non si sa quanto costerà
Castelli lascia intendere che non si sa ancora quanto la misura del taglio dell’IVA, ancorché confinata agli acquisti cashless, potrebbe costare (a domanda diretta del collega di Repubblica, risponde: «Dobbiamo metterci le risorse che servono, far ripartire il Paese è l’unica priorità. E l’aumento della domanda ha un impatto molto positivo sul PIL»), quindi al momento c’è una sola certezza: non potranno essere usati i fondi comunitari. Il Recovery Fund che, peraltro, come ha ammesso il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, lo scorso 17 giugno riferendo in Parlamento, è ancora in alto mare, con un buon numero di Paesi ostili che dovranno essere convinti della bontà dello strumento fatto anche di grants (e lo si è visto dalla fumata nera del Consiglio europeo del 19). Un chiaro messaggio circa l’impossibilità di sfruttare il Next Generation Eu per la spesa corrente, essendo vincolato a riforme concordate con la Commissione europea, è arrivato, l’ultima volta, in apertura degli Stati generali, quando il commissario all’Economia Paolo Gentiloni intervenendo in collegamento ha ribadito che il «Recovery fund non sarà un tesoretto o possibilità di avviare una spesa facile» da parte del governo.