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La nostra intervista al professor Piero Salatino delegato del ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi (MUR), a margine della prima tappa del progetto “Biotech, il futuro migliore – Per la nostra salute, per il nostro ambiente, per l’Italia” voluto da Assobiotec Federchimica in partnership con StartupItalia
Da dove ripartire? Dalla nostra eccellenza scientifica. Le priorità per il prossimo futuro? Più cultura, più ricerca, più sviluppo basato sulla conoscenza e, soprattutto, più interdisciplinarietà. Ad affermarlo, anche con una certa passione, è stato Piero Salatino, delegato del Ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi (MUR), durante il tavolo di lavoro “Premesse programmatiche e rafforzamento dell’ecosistema”, che ha avuto luogo lo scorso 22 giugno e ha costituito la prima tappa del progetto “Biotech, il futuro migliore – Per la nostra salute, per il nostro ambiente, per l’Italia” voluto da Assobiotec Federchimica e in partnership con StartupItalia.
Il progetto, tra giugno e ottobre, prevede quattro appuntamenti preparatori a un grande evento finale, il 9 novembre 2020, che costituirà l’occasione per presentare un Manifesto e, soprattutto, un Documento di Posizione, con proposte operative per la crescita e lo sviluppo del settore, per le imprese e per il Paese, da mettere a disposizione del Governo.
Al primo tavolo di lavoro, tra associati di Assobiotec, stakeholder e Istituzioni, hanno preso parte oltre 30 esperti, che hanno dato vita a un dibattito molto partecipato sulla necessità di creare un vero e proprio ecosistema favorevole all’innovazione. Ne è emerso un quadro che l’illustratrice Irene Coletto ha poi rappresentato nella infografica che vedete qui sotto. “L’Italia ha un problema di ‘fondamentali’, un problema che deve essere risolto in maniera definitiva, perché rappresenta il presupposto per cogliere tutte le opportunità che possono dispiegarsi di fronte a un Paese tecnologicamente avanzato come il nostro”, ribadisce Salatino a StartupItalia.
Professore, entriamo nel dettaglio: quali sono questi ‘fondamentali’?
“Innanzitutto, è necessario stimolare e garantire un accesso più generalizzato alla formazione terziaria, ovvero qualunque tipo di formazione post secondaria: dalle lauree triennali a quelle magistrali, dai master post-universitari ai dottorati di ricerca. L’accesso a questi titoli di studio è molto limitato, perfino rispetto a Paesi che non hanno il nostro stesso standing di sviluppo scientifico e tecnologico. Il sistema, nella sua globalità, deve far capire ai più giovani il significato e il valore della cultura, come strumento di emancipazione e di cittadinanza attiva, ma anche come mezzo di affermazione professionale e personale. Un altro ‘fondamentale’ è l’interdisciplinarietà: in ambito accademico, bisogna superare l’eccessiva parcellizzazione disciplinare. Oggi i grandi salti di qualità si realizzano quando si connettono tra di loro ambiti molto diversi: penso, ad esempio, proprio alle biotecnologie che sono entrate in maniera pervasiva in diversi settori, diventando motore dell’innovazione nelle scienze della vita e nella bioeconomia. Non solo. Il concetto di interdisciplinarietà ha una doppia valenza, con una declinazione anche in ambito industriale: è altrettanto importante promuovere simbiosi industriali e integrazioni tra filiere e vocazioni imprenditoriali, contribuendo a generare una maggiore consapevolezza reciproca nel sistema produttivo”.
Nella puntata speciale di StartupItalia Live “Alleanze di valore: insieme si vince”, dove sono stati condivisi i principali messaggi emersi dal primo tavolo di lavoro, Lei ha insistito molto anche sul nodo della burocrazia.
“Sì, è un problema molto sentito dal MUR, perché le università competono tra di loro nell’assicurare elevati livelli qualitativi, ma soprattutto il sistema dell’università italiana compete con i sistemi dell’alta formazione e della ricerca di altri Paesi, e risulta molto difficile competere se corriamo con un peso che ci trasciniamo dietro, come quello rappresentato dai vincoli della burocrazia. Questo riguarda anche la nostra capacità di essere a fianco del sistema produttivo con la dovuta tempestività. Bisogna trovare dei nuovi equilibri che ci consentano di operare in maniera non così penalizzante, cercando di aderire il più possibile a quelli che sono i principi condivisi a livello comunitario, senza volerli irrigidire nell’applicazione a livello nazionale. Sono convinto che se riusciremo a essere più snelli e, quindi, più veloci sotto il profilo amministrativo e gestionale, riusciremo a stimolare anche maggiore interesse del mondo finanziario verso il nostro Paese, superando la difficoltà di essere attrattivi per il venture capital e per gli investitori stranieri. Risolte queste criticità primarie, ne verranno meno molte altre”.
Professore, nel corso di questa pandemia stanno emergendo degli esempi virtuosi di collaborazione tra settore pubblico e privato. Tuttavia, il rischio è che rimangano limitati a situazioni di emergenza e crisi. Il MUR sta pensando di rendere questa collaborazione in qualche modo sistematica?
“È sicuramente una delle nostre principali priorità. Per chi fa impresa, il time-to-market si accorcia sempre di più, mentre il sistema dell’università e della ricerca pubblica agisce con tempi più dilatati, non solo a causa della pesantezza del contesto gestionale – amministrativo, ma anche per un certo sottodimensionamento in termini di risorse economiche e umane. Ma questo non è l’unico aspetto da considerare”.