Il fondatore di Talent Garden ha scritto un libro a quattro mani con Claudio Ubaldo Cortoni, monaco camaldolese. Si intitola “Sapere è potere”. L’AI diventerà il copilota in migliaia di mestieri. Le persone dovranno capire dove e come dare il massimo
«Siamo figli di un’epoca nella quale la seconda laurea si prende per passione. Siamo figli di un’epoca in cui è stato bello fare il liceo e l’università per sentirci dire che saremmo stati a posto per tutto il resto della vita. In Danimarca, dove Talent Garden è presente come ente certificato dal Governo, se cambi lavoro allora per legge devi prenderti due settimane per formarti». Davide Dattoli è un trentenne che ha vissuto come i coetanei la rivoluzione digitale e il suo impatto sul lavoro e la vita quotidiana. Fondando Talent Garden più di dieci anni fa, a Brescia, ha dato voce a una parte di quei giovani che con internet e il web hanno voluto lanciare idee di impresa.
Un libro utile a chi?
Nota in origine per i suoi spazi di coworking, la startup si è evoluta divenendo uno dei punti di riferimento in Europa per quanto riguarda la formazione digitale. Tema che Dattoli ha scelto di mettere al centro di un libro scritto a quattro mani con Claudio Ubaldo Cortoni, monaco camaldolese nella Comunità Monastica di Camaldoli e professore presso il Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma. Sapere è potere – da Aristotele a ChatGPT, perché il futuro dipende dalla nostra formazione – edito da Rizzoli – è un libro rivolto non tanto agli addetti ai lavori, ma a chi sta uscendo dalle superiori o dall’università, così come ai manager di PMI giunte a un turning point.
«Sapere è potere perché perfino Google non esisterebbe senza quelle migliaia di ingegneri che fanno funzionare la macchina». La pandemia ha costretto milioni di persone e migliaia di aziende a ripensare il proprio lavoro e il tempo/spazio a esso dedicati. Poi è arrivato ChatGPT, il software di intelligenza artificiale generativa di OpenAI in grado di comporre temi, produrre tesi in pochi secondi, scrivere codice. Un ulteriore esempio dell’innovazione che piomba senza chiedere il permesso. «Siamo onesti: nessuno si aspettava fino a pochi anni fa che potesse esistere qualcosa del genere. Il futuro non è immaginabile al momento, ma una certezza c’è: chi non sarà preparato a utilizzare questi strumenti potrebbe non avere un lavoro nel giro di un semestre».
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In Italia la formazione spesso e volentieri fa rima con “ritagliarsi del tempo”. Quanti – il sottoscritto si dichiara colpevole – hanno concluso un corso semplicemente per ottenere crediti formativi sul finire dell’anno, in zona Cesarini? Deve cambiare l’approccio individuale, così come il modello delle organizzazioni. E, soprattutto, non con standard rigidi e uguali per tutti. «Nel libro lo spieghiamo: bisogna trovare la propria routine. Se lasciata al caso, non si può parlare di formazione». Quella di Dattoli potrebbe funzionare per alcuni, mentre per altri no.
Come si forma Davide Dattoli?
«Mi sveglio molto presto: tra le 5 e le 7 del mattino mi dedico alla lettura, all’ascolto dei podcast, mi tengo aggiornato». Ad esempio di recente si è appassionato ad All-In, videopodcast con Chamath Palihapitiya, Jason Calacanis, David Sacks e David Friedberg. «Quattro personaggi della Silicon Valley discutono come se fossero al bar di cose tech». Immaginatevi una BoboTV, ma per le startup. E per chi dice – e sono tanti – non c’è tempo per la formazione? «La scusa più vecchia del mondo». No alibi culture, insomma.
Alla base di Sapere è potere Dattoli e Cortoni portano anche una visione politica che ha l’Europa, non l’Italia, come punto di riferimento. «L’ambizione che abbiamo in Talent Garden è arrivare a formare un milione di persone sulle competenze digitali. A livello europeo sarebbe il minimo necessario per un continente innovativo». La strada è ancora lunga: nel 2022 l’azienda ha formato 25mila persone, di cui 5mila ragazzi («il 98% ha trovato lavoro») e 20mila manager («si sono formati sulle digital skill per cambiare modelli aziendali»).
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Un modello che non funziona
Da libro pensato per essere divulgativo, Sapere è potere prende comunque posizioni nette, criticando lo status quo e il modello di istituzioni deputate a educare e formare. «Ho avuto la fortuna di fare una settimana all’università di Stanford, in California. Lì ti rendi conto che il mercato delle aziende e l’università funzionano in sinergia». Il modello italiano lo conosciamo: superiori, università (3+2, master al massimo), stacco, mondo del lavoro. «L’individuo non deve formarsi 3 anni e poi lavorare. Entrambe le attività devono andare in parallelo». La visione di fondo degli autori non è comunque pessimista, anzi: ogni ondata tecnologica è stata accolta da scetticismo o terrore riguardo a qualcosa che sarebbe sparito per sempre. Le biblioteche, i libri, la televisione, il giornalismo. Certi lavori sono scomparsi, sì, ma molti di più si sono banalmente evoluti.
«L’AI diventerà il copilota e potenzialmente si lavorerà meno. In questa ottica occorre chiedersi: dove potrò dare il massimo?», argomenta Dattoli. Vista così è evidente quanto la formazione diventi centrale. Pensando poi alla collettività, in particolare a chi non potrà accedere alla formazione, a chi vivrà una condizione di emarginazione socio-economica, gli autori avanzano una proposta su cui ragionare. «Negli USA il modello di reddito universale viene sostenuto da Bill Gates e da Elon Musk. In Italia è un tema troppo politicizzato». Se si parla invece di politica alta, ecco allora che la formazione assume contorni inediti. «Aggiornarsi è parte integrante della nostra responsabilità come cittadini».