Il Riesame ribalta la decisione del giudice e concede nuovo tempo all’acciaieria di Taranto. E la partita ora si giocherà sui tavoli della politica
L’altoforno 2 dell’ex Ilva non deve essere spento. Il Tribunale del Riesame di Taranto ha infatti accolto il ricorso (qui il testo dell’ordinanza) dei commissari del polo siderurgico, in amministrazione straordinaria. La chiusura dell’impianto, sequestrato nel giugno 2015 dopo l’incidente costato la vita all’operaio 35enne Alessandro Morricella (investito da una colata di ghisa incandescente), avrebbe pregiudicato l’esistenza stessa dello stabilimento, già al centro della delicata trattativa tra il governo italiano e la nuova proprietà estera.
L’intricata vicenda giudiziaria attorno all’altoforno 2
Lo scorso 10 scorso il tribunale di Taranto aveva negato la proroga chiesta da parte degli amministratori dell’ex Ilva per l’uso dell’altoforno 2 al fine di fare gli ulteriori lavori di sicurezza, ordinando lo stop all’attività dell’impianto dell’acciaieria tarantina. Uno stop che avrebbe avuto conseguenze fatali sulla sopravvivenza dell’intera acciaieria come avevano sottolineato – una volta tanto concordando – dirigenza e sindacati.
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“Il tribunale non condivide le valutazioni del giudice monocratico, nonostante l’indubbia consistenza dell’impianto motivazionale dell’ordinanza”, scrivono i magistrati del Riesame che evidenziano come il dissequestro dipenda “dall’integrale ossequio delle prescrizioni dettate dalla stessa Procura”.
E la sicurezza dei lavoratori?
Non viene certamente dimenticata la questione della sicurezza degli operai. Secondo i giudici del Riesame, il rischio di nuovi incidenti all’altoforno è “pari allo 0,006 nel prossimo anno [cioè nel 2020, essendo l’ordinanza della fine del 2019 ndR]”, mentre sarebbe certo “il danno derivante dall’anticipazione del fine vita per l’Altoforno 2 cui sommare eventuali danni della perdita di quote di mercato e delle ampie ricadute occupazionali”. Danni che verrebbero inevitabilmente a gravare sull’ex Ilva, rendendo di fatto inutile tutti i tentativi (del legislatore, ma anche le trasformazioni poste in essere dai commissari per ottemperare alle richieste degli stessi giudici) per mantenere l’impianto in vita e trasformarlo in un luogo di lavoro sicuro.
E ora?
Adesso che all’altoforno 2 è stato concesso tempo ulteriore la partita si sposta dalle aule dei tribunali ai tavoli della politica. Spetterà infatti al governo italiano, spuntate tutte le scuse di ArcelorMittal relative all’ostruzionismo dei giudici e dell’attuale esecutivo (come il venir meno dell’immunità penale), mantenere in piedi la trattativa ed esigere dal Gruppo acquirente il rispetto del contratto siglato un anno e mezzo fa con il ministero allo Sviluppo economico.