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Countdown per Beauty Tech Day. Dai risultati emersi da una serie di ricerche condotte da Boston Consulting Group, l’Italia è il Paese più ottimista dell’UE in tema di intelligenza artificiale. Intervista a Paola Scarpa, Managing Director & Partner Boston Consulting Group
Il 29 settembre all’ADI Design Museum di Milano si terrà il Beauty Tech Day sponsored by L’Oréal Italia. Un’occasione di confronto sugli oltre 350 oggetti che rappresentano l’eccellenza del design made in Italy e su temi di stretta attualità come l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale e aumentata e le nuove frontiere del contatto tra aziende e clienti.
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Managing director & partner di Boston Consulting Group e ingegnere gestionale, Paola Scarpa lavora sui dati e l’intelligenza artificiale da anni. È stata Head of Business Data Channel di Vodafone e Managing Director della business unit Client Solutions, Data & Insights di Google: i big data le sono molto familiari e del tema parlerà in occasione di Beauty Tech Day sponsored by L’Oréal Italia il 29 settembre all’ADI Design Museum di Milano. Ma Paola è anche una Unstoppable. Oltre a comparire nella nostra lista, è stata nominata ambasciatrice di progetti in ambito Women & STEM sia nella sua azienda che nel contesto italiano ed europeo. Nel 2022 ha ricevuto il “Standout Woman Award” e, nel 2020, è stata riconosciuta da Forbes come una delle 100 donne più di successo in Italia.
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Nell’attesa di Beauty Tech Day, la abbiamo raggiunta per farci raccontare il suo punto di vista in tema di AI, quali sono le prossime frontiere e su quali direttrici si muoveranno le persone che dovranno interfacciarsi con la tanto discussa “intelligenza artificiale”. Ma partiamo da un po’ di dati interessanti emersi da un osservatorio sulla maturità digitale condotto a livello globale e da uno studio sull’intelligenza artificiale entrambi condotti da Boston Consulting Group. A presentarceli è proprio la Managing director.
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Direttrice, quali sono i punti più interessanti emersi dalle vostre ricerche?
Dai risultati di un nostro osservatorio effettuato su circa 13mila persone e 2700 aziende a livello globale emerge che, soprattutto nel nostro Paese, le aziende non hanno ancora raggiunto un indice di maturità digitale “scaled”; ovvero “alto”, sebbene l’Italia non sia indietro in tema di adozione di nuove tecnologie. Per spiegare meglio, le valutazioni sono state fatte su una scala che parte dall’idea di adottare soluzioni digitali a una prima fase di sviluppo sino a una fase di maturità digitale consolidata (che, appunto, viene definita “scaled”). Il continente che risulta essere più attento ai nuovi approcci all’AI è l’Asia, che vanta un alto tasso di applicazione di sistemi di intelligenza artificiale in particolar modo nel mondo consumer, nel retail e nel tech. Nell’Unione Europea, la percentuale di aziende mature da un punto di vista digitale è del 47% sul campione analizzato.
Come l’AI può davvero fare la differenza nella gestione aziendale?
Il driver principale è caratterizzato, senza dubbio, dalle persone: sono gli individui stessi a guidare l’innovazione. Se questo non avviene, l’azienda non potrà mai essere matura da un punto di vista digitale. C’è da considerare il fatto che, tra l’altro, il tema non è nuovo. Di AI se ne parla da quando sono arrivati sul mercato i primi PC. Adesso, con la democratizzazione delle più avanzate tecnologie il tema è stato sdoganato ma non stiamo parlando di un fenomeno sino ad ora sconosciuto. Tornando alla sua domanda, direi che è essenziale che il leader aziendale agisca secondo una visione olistica, non ragionando, dunque più per silos ma pensando alla complessità della sua impresa. Inizialmente l’intelligenza artificiale veniva adottata “a comparti stagni”; adesso questa visione è stata superata, verso un approccio in un’ottica di open innovation e digitalization sempre più fertile e ricercato. Credo che proprio questa capacità sia centrale nell’orchestrare l’ecosistema, che funziona solo se i dati sono condivisi e se si adotta una tecnologia abilitante collaborativa.
Quando le aziende inizieranno a vedere i risultati dell’adozione delle nuove tecnologie adottate?
Già il 25% delle imprese intervistate hanno dichiarato di avere raggiunto un fatturato più alto grazie all’implementazione dell’AI in azienda. E più le imprese investono in sistemi di intelligenza artificiale, più aumenta il moltiplicatore degli investimenti. È anche doveroso precisare che si deve investire non solo nei sistemi ma anche nella formazione dei dipendenti e nell’upskilling di questi.
In linea di massima, possiamo quindi dire che l’approccio all’AI sia ottimistico?
Sì, direi di sì, e mi metto anche io tra gli ottimisti. Dalla ricerca è, infatti, emerso che a vedere svantaggi piuttosto che vantaggi nell’adozione di sistemi di AI è soltanto il 30% del campione. Già la metà degli intervistati ha, almeno una volta, sperimentato l’intelligenza artificiale. Di questi, l’80% la utilizzano regolarmente. E, a sorpresa, abbiamo scoperto che, sul tema, l’Italia è il Paese più ottimista dell’UE. Il 77% dei lavoratori pensa che il proprio lavoro sarà trasformato dall’AI, mentre il 78% crede che i benefici degli strumenti tech superino i rischi. Tra i settori che più utilizzano nuovi sistemi di AI ci sono quelli del consumer goods, del retail, del tech e delle telecomunicazioni, mentre tra i più indietro spuntano le pubbliche amministrazioni. In questo senso, le startup possono davvero dare un enorme contributo all’evoluzione tecnologica perché nascono come AI driven con un approccio già orientato all’Open Innovation e alla condivisione di dati.