Viaggio in Italia ci porta sotto terra, dove scienziati e cervelloni elettronici collaborano per prevenire i danni di alluvioni, terremoti, eruzioni e persino pandemie. «Possiamo anche avere le macchine migliori al mondo, ma abbiamo bisogno di connetterci con i comuni più esposti al cambiamento climatico»
Dai terremoti alle eruzioni vulcaniche, dalle alluvioni alla caduta di asteroidi per finire alle pandemie. Nel neonato Consorzio HPC4DR (acronimo di “High-Performance Computing for Disaster Resilience”), ricercatori e scienziati dei principali enti pubblici di ricerca e delle Università abruzzesi, marchigiane e molisane studiano come ridurre i rischi derivanti da catastrofi e disastri naturali o antropogenici attraverso un’infrastruttura tecnologica di calcolo ad alte prestazioni. In questa nuova puntata del nostro consueto appuntamento del giovedì con “Viaggio in Italia” andiamo alla scoperta del nuovo ecosistema che si sta delineando attorno alla nascita del Consorzio e che si avvale della potentissima infrastruttura di calcolo Hpc che risiede nei laboratori nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Il Consorzio vanta un finanziamento complessivo proveniente dai fondi del PNRR di 320 milioni di euro, di cui 140 milioni sono destinati al potenziamento dell’infrastruttura, 88 al personale, 32 milioni per i bandi a cascata e altri 32 agli innovation grant.
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Come e perché è nato il Consorzio
Con l’intento di realizzare un centro di competenze multidisciplinare per la riduzione dei rischi connessi ai disastri dovuti a fenomeni naturali o di origine antropica, il Consorzio HPC4DR riunisce i principali enti pubblici di ricerca italiani (CNR Consiglio Nazionale delle Ricerche, INAF Istituto Nazionale di Astrofisica, INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, INGV Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e le Università delle regioni Abruzzo, Marche e Molise (Gran Sasso Science Institute, Università degli Studi dell’Aquila, Università degli Studi del Molise, Università degli Studi di Camerino, Università degli Studi di Macerata, Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, Università degli Studi “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara, Università Politecnica delle Marche).
Terremoti, eruzioni vulcaniche, alluvioni, asteroidi o pandemie sono solo alcuni dei possibili fenomeni naturali o di origine antropica che costituiscono potenziali rischi e minacce per le società e le città che vivono in territori fragili e vulnerabili. E proprio per queste ragioni, l’anima del Consorzio è situata nel centro Italia, considerata zona ad alto rischio in tema di calamità naturali. «Grazie alla convergenza tra le Università e gli istituti di ricerca, abbiamo messo in piedi una struttura interdisciplinare per la gestione del rischio e delle calamità naturali che mette a sistema le tecnologie volte alla prevenzione, alla reazione immediata, alla resilienza e alla capacità reattiva di rigenerare e ricostruire – ha dichiarato durante la presentazione del Consorzio, Edoardo Alesse, Rettore dell’Università degli Studi dell’Aquila – All’Aquila siamo ancora in una fase di resilienza dopo il disastro che abbiamo vissuto ma abbiamo trovato la capacità di parlare e superare muri che prima ce lo impedivano».
Per ridurre il rischio di catastrofi, informare, favorire il processo decisionale e politico e, quindi, la gestione dell’emergenza, delle azioni di prevenzione, mitigazione, resilienza e ricostruzione, è necessario raccogliere, interpretare e studiare un’elevata quantità di dati, combinandoli e analizzandoli su scale e tempi diversi. Con questo spirito è stato creato il Consorzio HPC4DR che, attraverso l’uso di tecnologie di calcolo ad alte prestazioni, di tecniche di machine learning e intelligenza artificiale, di metodi integrati di simulazione multi-fisica e multi-scala dell’ambiente fisico e delle infrastrutture che ci circondano, svolgerà attività di ricerca, innovazione e formazione in un contesto interdisciplinare e crossregionale. «L’idea del Consorzio è quella di creare, soprattutto nell’Italia centrale, particolarmente colpita dai disastri, un centro di competenza che possa aiutare la ricerca e la gestione dei disastri naturali e non naturali grazie alle potente macchine che risiedono nel centro di calcolo dei laboratori nazionali del Gran Sasso – dichiara Claudio Grandi, tecnologo dell’INFN a StartupItalia – Una parte di queste potenti risorse arrivano dal consorzio CINECA, il maggiore centro di calcolo in Italia e uno dei più importanti a livello mondiale che vanta tra i supercomputer più potenti al mondo e dal Centro Nazionale per HPC, Big Data e Quantum Computing, recentemente finanziato dal PNRR».
Gli obiettivi del Consorzio
L’infrastruttura, che vanta una serie di risorse umane con adeguate competenze sul supercalcolo, ha l’obiettivo finale di aumentare la resilienza dei sistemi locali in un’ottica di collaborazione sociale con otto Università e con gli enti nazionali di ricerca che hanno una presenza territoriale. «Il progetto è organizzato come una catena del valore ispirata al Sendai Framework for Disaster Risk Reduction in cui, al primo stadio, si comprenderanno meglio i rischi dei disastri naturali e antropogenici con le grandi potenzialità del supercalcolo e dei big data, al secondo stadio sarà possibile valutare meglio la vulnerabilità e l’esposizione dei territori tramite analisi multirischio, al terzo stadio gli input ottenuti dai primi due saranno usati per orientare meglio le politiche di prevenzione dei rischi e la protezione civile, e, infine, al quarto stadio, con il supporto di studiosi di pianificazione territoriale, diritto, economia e altre scienze sociali, si cercherà di dare un contributo allo sviluppo sostenibile dei territori vulnerabili ai disastri», ha spiegato Lelio Iapadre, presidente del Consorzio HPC4DR, precisando: «In questo quadro, le nuove tecnologie offrono una grande opportunità per migliorare la governance del rischio e avere dati accessibili, aperti ai ricercatori e interoperabili. Tra gli obiettivi da raggiungere c’è la riduzione della mortalità globale in seguito a catastrofi naturali e dei danni causati a infrastrutture critiche e servizi di base».
Il Consorzio punta anche ad aumentare il numero di Paesi dotati di strategie locali e nazionali, rafforzare la cooperazione internazionale con i paesi in via di sviluppo, incrementare la disponibilità e l’accesso ai sistemi di allerta. «Nel progettare i processi di ricostruzione, il ruolo degli atenei e degli enti di ricerca è quello di connettere i sistemi locali alle reti globali di creazione e diffusione delle conoscenze, coniugando obiettivi di giustizia sociale, sviluppo sostenibile e apertura internazionale», spiega il presidente. Fare rete con le piccole comunità e rafforzare il contributo che proprio le Università e la Ricerca possono dare è la mission del Consorzio.
Quanto conta la tecnologia
«Secondo le previsioni pubblicate in occasione della Giornata mondiale per la riduzione del rischio di disastri, entro il 2030 il mondo dovrà affrontare circa 560 disastri all’anno e altri 37,6 milioni di persone saranno spinte in condizioni di estrema povertà – prosegue Iapadre – I disastri tendono a colpire soprattutto i gruppi sociali svantaggiati e aggravano ulteriormente le disuguaglianze, economiche e sociali. Anche in questa prospettiva il supercalcolo può svolgere un ruolo fondamentale perché rende le stime molto più precise, per cercare di limitare i danni. Si tenga presente che nei disastri c’è una componente naturale e una derivata da fattori umani: per questo lo stesso terremoto, a parità di magnitudo, può avere effetti catastrofici in un posto e passare quasi inosservato in un altro. Tenendo conto di come è distribuita la popolazione, questo tipo di ricerche potrà avere un effetto pratico concreto lavorando sulla vulnerabilità e sull’esposizione dei territori e generando innovazioni ad alto impatto sociale».
Fare ricerca per prevenire
In tanti stanno studiando come riuscire non solo a limitare i danni derivanti da questo tipo di eventi, ma anche a come prevenirli. E il Consorzio punta proprio verso questo obiettivo: «Nello specifico, parti della ricerca riguardano la reazione ai disastri e la prevenzione e forniscono strumenti utili, ad esempio, alla Protezione Civile per organizzare gli interventi e i soccorsi, ma anche alle strutture ospedaliere e ad altri punti di emergenza», spiega Claudio Grandi a StartupItalia. Se, infatti, dotarsi di un’infrastruttura di supercalcolo non basta, per raggiungere obiettivi talmente ambiziosi è necessario attrarre le menti migliori. «Investiamo moltissimo anche nella formazione, un altro pilastro che punta a creare un legame tra il mondo accademico, l’industria e la pubblica amministrazione, affinché questa grande mole di dati sia ben interpretata da professionisti del settore», prosegue Grandi.
Del Consorzio fanno parte una serie di hub e spoke, collegati con il Centro Nazionale di Ricerca in HPC, Big Data e Quantum Computing (ICSC) di Bologna e con i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’INFN. La struttura raggruppa oltre 1500 persone, 250 sono nuovi ricercatori e altrettanti dottorandi. «È necessario avere a disposizione le competenze necessarie giuste, sempre più difficili e rare da trovare in Italia», specifica il presidente Iapadre.
Uno studio interdisciplinare e connesso
«Con la creazione di gemelli digitali di varie aree e territori, e grazie all’utilizzo del supercalcolo, si riescono a creare simulazioni che possono essere più rapide degli eventi stessi – racconta Emanuele Casarotti, presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia – Tenendo conto dell’incertezza che è intrinseca nel fenomeno, studiare il terreno e fare analisi dati con l’AI permette di analizzare la vulnerabilità e l’impatto sull’ambiente fisico, sulle infrastrutture, sulle aree metropolitane e sulla vita umana con la simulazione di risposte per avviare una serie di contromisure basata sull’interdisciplinarietà con la fisica e la meccanica, l’ingegneria e la sismologia, l’economia e la giurisprudenza, verso la scelta informata delle persone sulla gestione delle emergenze, la ricostruzione e lo sviluppo sostenibile». Grazie anche al monitoraggio in real time della parte sismica, si definiscono i sistemi di allerta. «Possiamo avere tutte le macchine migliori del mondo, ma abbiamo bisogno di connetterci con i piccoli comuni più esposti al rischio di disastri naturali. Per questo è molto importante la formazione professionale e il contatto con le comunità locali», conclude il presidente Casarotti.