«L’intelligenza artificiale è il polo di attrazione di decisori, imprese e opinione pubblica, nonostante i suoi settant’anni di vita e l’alto numero di applicazioni sofisticate che usiamo da almeno vent’anni. Quindi niente di nuovo – si potrebbe dire – tranne una cosa. Ora è il momento delle scelte su un mercato che secondo PWC potrebbe contribuire all’economia globale fino a 16 trilioni di dollari, a partire dalla AI generativa che secondo McKinsey potrebbe creare da sola un valore tra 2,6 e 4 trilioni di dollari di PIL». Così ha dichiarato Alessio Butti, Sottosegretario per l’innovazione, nell’intervento introduttivo dell’evento “L’intelligenza Artificiale per l’Italia” (qui abbiamo raccontato tutti i dettagli, mentre qui potete rivedere l’evento). A confronto a Roma – in vista della riunione ministeriale G7 su industria, tecnologia e digitale – tutto il mondo delle imprese, della ricerca, delle istituzioni e delle startup. «Abbiamo un fondo da 800 milioni di euro già pronto che vedrà la luce tra quindici giorni. Con questo investimento pubblico, che con i moltiplicatori può aumentare, l’Italia è saldamente sul podio a livello europeo. Andremo a sostenere quelle imprese italiane che creano intelligenza artificiale nel rispetto dell’etica e della sicurezza», precisa Butti.
Una sfida plurale
La partita non si può affrontare in solitaria. Ne è convinto Butti, che si rivolge a tutti gli attori in campo, pubblici e privati. «Vogliamo lavorare su un rinnovato paradigma di collaborazione tra le nostre imprese e le nostre università. Per eccellere nei mercati dell’AI servono risorse finanziarie ingenti. Intanto dobbiamo puntare su soluzioni verticali che contribuiscano a far crescere l’ecosistema nazionale applicativo di cui abbiamo bisogno e che assicurino il terreno di coltura per la crescita delle nostre aziende. Dobbiamo guardare anche ad azioni di cooperazione con tutti i grandi player che presidiano il mercato, ma con sistemi di reciproca convenienza, perché da questa cooperazione può nascere una crescita di competenze italiane ed una penetrazione di nuove soluzioni nel tessuto produttivo – dall’industria all’agricoltura e all’artigianato – e nelle PA centrali e locali».
Poi c’è un problema di capacità di calcolo, senza la quale non si può fare AI. «Dobbiamo dotarci di capacità di calcolo autonoma. La presenza del supercomputer Leonardo a Bologna rappresenta una grande risorsa, ma non può essere l’unica e va considerato che la capacità di calcolo non può essere polverizzata nelle mani di ciascun utilizzatore. Occorrerà aggregare e dotarsi di infrastrutture condivise», precisa Butti.
Le regole dell’AI
Per Butti si deve operare all’interno di un quadro regolatorio necessario e imprescindibile. «L’Europa si è mossa per tempo con l’AI ACT, che ha sollevato molte reazioni e un vivo confronto tra sostenitori e critici. Da una parte, coloro che sottolineano la necessità di quadri normativi che non lascino un settore così delicato alle sole leggi del mercato o a normative a maglie larghe. Dall’altra, coloro che ritengono che una regolamentazione spinta potrebbe soffocare il progresso tecnologico, frenare l’innovazione e quindi limitare la crescita economica, ostacolando i potenziali benefici che l’IA può portare alla società. Credo che su tutto prevalga l’affermazione di Paul Nemitz, consigliere per la transizione digitale della Commissione europea, secondo il quale l’AI ACT dell’Unione Europea è la prima legge che costruisce un ponte concreto tra il mondo della tecnologia e la democrazia. L’IA ACT dovrà poi trovare un suo seguito nazionale nelle scelte che i singoli Paesi adotteranno. Il governo e il mio Dipartimento in particolare stanno approntando la strategia nazionale. Il primo punto è quello dell’attribuzione alla Presidenza del Consiglio dell’alta responsabilità politica in materia di AI che riguarda sicurezza nazionale e interessi strategici. Il secondo riguarda l’attribuzione al Comitato Interministeriale per la Trasformazione Digitale del compito di definire la strategia nazionale. Il terzo è l’individuazione dell’autorità competente per l’AI ai sensi del regolamento UE. Parliamo prevedibilmente di un’agenzia e non di un’autorità indipendente, un organismo con un ruolo di supporto all’attuazione della strategia nazionale, ma anche con funzioni di vigilanza e sanzioni. L’intelligenza artificiale è promettente e piena di possibilità di trasformazione. Dobbiamo guardare al futuro con ottimismo e far sì che lo sviluppo, l’uso e la gestione dell’AI avvantaggi la società, rispetti i diritti individuali e si allinei con i valori umani», conclude Butti.