L’impressione leggendo il contenuto delle timide proposte di sanzioni europee avanzate dopo ormai due anni di guerra resa sempre più spietata e disumana – ammesso possano esistere termometri per misurare le atrocità dei conflitti – dall’incalzare dell’ala di estrema destra che ha in mano le sorti del governo di Benjamin Netanyahu, è che dalle parti di Strasburgo e dintorni si sia fatto ancora una volta troppo poco, troppo tardi. Ma la misura proposta dall’Alta rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Kaja Kallas, dell’inserimento nella lista nera di Bruxelles dei ministri israeliani Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, è comunque un atto simbolico di primaria importanza.
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Cosa sono le sanzioni contro Ben-Gvir e Smotrich
Se passasse (l’Italia si è detta favorevole), sia Ben-Gvir sia Smotrich sarebbero di fatto accusati dalle istituzioni Ue di incitamento all’odio e non solo perché capeggiano contendendosi il ruolo di capataz di rasceliana memoria quella dissennata politica di espansione illegale delle colonie avversata da buona parte del mondo. Se passasse, in modo non dissimile rispetto a quanto già visto con politici e oligarchi russi a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca, per Ben-Gvir e Smotrich scatterebbe il congelamento dei beni, il divieto di fornire fondi e risorse e il divieto di ingresso nell’Ue.

I due membri del governo Netanyahu, accomunati dall’odio verso i palestinesi, sembrano fare a gara per mettere in imbarazzo Israele. Il ministro delle Finanze, Smotrich, solo poche ore fa ha definito Gaza «una miniera d’oro immobiliare», lasciando intendere di non essere affatto d’accordo a restituirla ai legittimi abitanti se e quando il conflitto cesserà e gli ostaggi del 7 ottobre 2023 saranno riportati a casa.
Ha dato il via all’occupazione di Gaza con parole inequivocabili: «Chi non evacua, non lasciate che se ne vada. Senza acqua, senza elettricità, può morire di fame o arrendersi. Questo è ciò che vogliamo e voi siete in grado di farlo», segno nemmeno tanto nascosto che più che i terroristi i suoi obiettivi siano i palestinesi.
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Del resto gli sfollati che s’aggirano confusi tra le macerie per Smotrich stanno occupando abusivamente il suo ‘master-plan’ immobiliare: «Abbiamo investito molti soldi in questa guerra. Dobbiamo vedere come distribuiremo il terreno in percentuale», dice sfregandosi le mani nella speranza di poter dar corpo a quel folle video fatto con l’AI di una Striscia ormai ‘depalestinesizzata’ che Donald Trump aveva pubblicato sui suoi social lasciando intendere a Tel Aviv di avere le mani libere sulla questione. Questione che per la Commissione indipendente delle Nazioni Unite ha ormai assunto le forme di un genocidio, coi morti che sarebbero ormai arrivati a 65mila, anche se è impossibile avere stime esatte della tragedia umanitaria in corso.
Ma l’ambizione immobiliare di Smotrich non si ferma alla Striscia: sempre lui ha dato il via libera all’occupazione di nuovi territori in Cisgiordania per mezzo di 3.400 insediamenti così da «cancellare l’illusione dei due Stati e consolidare la presa del popolo ebraico sul cuore della Terra d’Israele». Del resto nel 2023 aveva già detto che «Non esiste una cosa chiamata popolo palestinese, è un’invenzione del secolo scorso». E, ancora: «Potrebbe essere giustificato e morale far morire di fame 2 milioni di persone».
Riassume così il personaggio macchiettistico ma ferocemente intriso di odio e livore il Corriere della Sera: “da giovane attivista si dichiarava «orgogliosamente omofobo» e a Gerusalemme, per contestare un Gay Pride, organizzò una sua Beast Parade che prevedeva pure una sfilata di capre e d’asini, parodia degli «atti devianti». Una volta, mentre assisteva alla nascita del settimo figlio, sbottò: «È naturale che mia moglie, in ospedale, non voglia partorire accanto a chi dà alla luce un bambino che, fra vent’anni, potrebbe uccidere il suo. Servono reparti separati per ebree e arabe. Mia moglie dopo il parto ha il diritto di riposare, senza avere intorno tutte quelle feste arabe…»”.
Non è da meno il ministro per la Sicurezza nazionale Ben-Gvir secondo il quale «Il futuro di Gaza [sarà] una zona di lusso per la polizia, con vista sul mare. Sarà uno dei posti più belli del Medio Oriente. L’insediamento porta sicurezza, ed è arrivato il momento di un insediamento ebraico a Gaza». Quanto ai palestinesi «incoraggeremo la migrazione volontaria», ha tagliato corto il componente d’ultradestra, che va e viene provocatoriamente dalla Spianata delle Moschee, uno dei luoghi più sacri dell’Islam a Gerusalemme.

Ben-Gvir, ricorda La Stampa, è stato condannato in Israele per incitamento al razzismo, distruzione di proprietà e possesso di materiale propagandistico legato al partito Kach di Meir Kahane, definitivamente escluso dal parlamento nel 1988 per le posizioni estreme contro gli arabi palestinesi, nei quali lo stesso militava.
Sempre Ben-Gvir aveva ammonito Bruxelles di lasciare in pace Tel Aviv nella sua guerra a Gaza con parole di una efferatezza inusuale nel linguaggio solitamente diplomatico della politica internazionale: «I Paesi europei che si abbandonano all’ingenuità e si arrendono alle manipolazioni di Hamas finiranno per sperimentare il terrore in prima persona». Un monito che pareva quasi un augurio e che di certo dimenticava che l’Europa ha già conosciuto in più occasioni il terrorismo di matrice islamica senza per questo radere al suolo interi Paesi in tutta risposta.
Insomma, rispetto a Ben-Gvir e a Smotrich il Primo ministro israeliano Netanyahu, perennemente inseguito da un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale (giurisdizione che Tel Aviv si guarda bene dal riconoscere) per crimini di guerra, appare un moderato.