Theresa May ha le idee chiare sul futuro. A Davos ha parlato di Intelligenza Artificiale, futuro del lavoro e responsabilità dei social network. “Abbiamo stanziato 45 milioni di sterline per dottorati su AI”
Ieri dal palco di Davos, dove si tiene il World Economic Forum, il primo ministro inglese Theresa May ha illustrato la sua visione del futuro, un futuro che ponendo al centro l’innovazione tecnologica, non si dimentica del ruolo dell’uomo.
Un grande futuro grazie allo sviluppo tecnologico
Parte ottimista la May, riportando dati positivi su produttività, occupazione e collaborazione tra aziende e governo che stanno portando nuovi lavori e opportunità. Ottimismo confermato anche dalla recente analisi fatta da Accenture (ne abbiamo parlato qui). Si felicita degli accordi commerciali tra UE e Canada e tra UE e Giappone e delle discussioni plurilateriali alla World Trade Organisation (WTO) sul commercio digitale.
“Tuttavia – dice la May – mentre eBay, Amazon e Alibaba continuano a crescere diventando parte delle nostre vite quotidiane, la WTO fatica a rimuovere le barriere alla circolazione delle merci. Un passo avanti in questo campo è fondamentale perché la tecnologia continua a creare rivoluzioni ma ci deve essere un quadro normativo adeguato per beneficiarne.”
May ha chiaro che il futuro, o meglio il presente, ruota attorno al digitale.
“L’accesso a internet potrebbe generare 3,3 trilioni di dollari di nuovo PIL e 140 milioni di nuovi lavori, solamente nei Paesi in via di sviluppo. L’uso dell’Intelligenza Artificiale sta trasformando la sanità: grazie al machine learning è stato ridotto di un terzo il numero di operazioni non necessarie per cancro al seno. Il riconscimento vocale e la traduzione simultanea permetteranno prestissimo di andare ovunque nel mondo potendo parlare la nostra lingua nativa”.
Alcune domande restano aperte
Non è disillusa la May, sa che il progresso tecnologico è fondamentale per l’evoluzione umana, ma porta con sè anche alcune domande e sfide, come le preoccupazioni dei cittadini per gli attacchi informatici.
Lavoro: 45 milioni per dottorati di ricerca su AI
May pone al centro della sua agendalo sviluppo dell’indutria, perché solo una stretta collaborazione tra governo e aziende può favorire l’aumento di nuovi posti di lavoro di alta qualità e ben pagati.
Ma resta un problema, come affrontare gli effetti della rivoluzione tecnologica sulla scoparsa dei vecchi lavori.
“Come rispondere a un lavoratore che scopre che il suo lavoro non esisterà più? La risposta non è lasciare che il mercato del lavoro trovi la soluzione da solo. Dobbiamo aiutare le persone ad ottenere le skills che serviranno per i lavori del futuro. Insegnare il coding, favorire il training e retraining dei lavoratori in digital skills.
Vogliamo che il Regno Unito diventi leader nel campo dell’Intelligenza Artificiale, grazie anche al lavoro di aziende di successo come DeepMind.
Immaginate un mondo dove le morti in strada diminuiscono, dove la possibilità di monitorare le infrastrutture in remoto renda i lavori pericolosi più sicuri, dove possiamo prevenire il diffondersi di malattie. Per questo abbiamo stanziato 45 milioni di sterline per i dottorati di ricerca su AI e dicipline correlate”.
La responsabilità delle piattaforme
Lo sviluppo tecnologico secondo la May produce dei cambiamenti che però vanno controllati e chiedono un adeguamento del quadro normativo, quando questo non può più dare le risposte adeguate di utenti e lavoratori.
Uber
“Dobbiamo fare in modo che questo futuro sia accessibile a tutti. Uber, ad esempio, ha cambiato il modo in cui le persone si muovono nel mondo. Ma è un’azienda che ha fatto degli errori nel tempo, sulla sicurezza dei passeggeri e la protezione degli autisti. La risposta però non è chiudere Uber, ma soddisfare le domande di protezione di utenti e lavoratori. La flessibilità non deve diventare un patto dove uno solo dà.”
Non è un caso che proprio a Londra Uber sia stata riconosciuta dalla Corte un’azienda di trasporti e non una mera piattaforma per l’incontro tra la domanda e offerta, con tutte le conseguenze per i diritti dei lavoratori.
Più responsabilità per i social network
Non è la prima volta che Theresa May parla di responsabilità dei social network. Lo scorso 6 maggio annunciava con un video su Twitter che se le leggi sui diritti umani impediscono il contrasto all’estremismo e al terrorismo, allora bisognava cambiere quelle leggi per garantire la sicurezza dei cittadini britannici.
Dal palco di Davos non sembra aver cambiato opinione:
“Nel Regno Unito 7 persone su 10 pensano che i social media non stiano facendo abbastanza per fermare comportamenti illegali online, per prevenire l’estremismo e ciò che ne deriva è una pericolosa mancanza di fiducia.
La Digital Charter che stiamo scrivendo serve ad avere regole chiare, che saranno utili alle aziende stesse. Tra i principi su cui si basa c’è l’ugualianza della tutela dei diritti offline e online, un internet libero e paerto, regole chiare, un uso appropriato dei dati personali, e la tutela dei minori. Ma le aziende tech devono fare la loro parte e assumersi le loro responsabilità.
Lo scorso Settembre, al summit delle Nazioni Unite, assieme al premier Gentiloni e Macron, abbiamo chiesto a queste piattaforme di ridurre il tempo di rimozione dei post offensivi. Questi contenuti devono essere rimossi automaticamente. E la stessa cooperazione deve arrivare da realtà più piccole come Telegram, che è stata usata da estremisti per comunicare in modo sicuro”.
Theresa May conclude dicendo che i social network devono essere ritenuti responsabili per i contenuti condivisi dai loro utenti, poichè non sono più host passivi. Per fare questo chiede di modificare il quadro normativo, partendo da una nuova definizione di queste piattaforme. Al momento infatti i social network sono tutelati dalla direttiva europea e-commerce che li tratta come meri intermediari, il cui compito è quello di rimuovere contenuti illegali dopo un’eventuale segnalazione, secondo le procedure di notice and take down. La stessa Corte Europea di Giustizia ha stabilito che non vige un obbligo di monitoraggio costante ma, nonostante questo, la Commissione Europea e diversi Parlamentari europei vorrebbero filtrare i contenuti in fase di upload, così come proposto nella riforma del copyright il cui ultimo voto sarà a fine marzo.