Sono circa 200 le candidature che sono state presentate al Premio Marzotto finora, a meno di un mese dalla chiusura della prima fase di application, ci svela Cristiano Seganfreddo
“It’s time to build”, è tempo per costruire. Cristiano Seganfreddo, founder e direttore del Premio Marzotto, cita un recente articolo scritto dall’imprenditore e venture capitalist Marc Andreessen: «Nell’articolo, Andreessen parla di quanto ancora c’è da fare, nel mondo dell’education, trasporti, salute ecc. Molte innovazioni promesse negli ultimi anni non sono state mai realizzate: pensiamo ai droni, che avrebbero dovuto trasportare tutto. Il miglior modo per far ripartire l’ecosistema dell’innovazione è proprio “costruire” quello che si può fare e non è stato ancora fatto», spiega Cristiano.
Lo abbiamo raggiunto per farci raccontare qualche curiosità sulla prossima edizione del Premio Marzotto (la prima fase di application si chiuderà il 27 maggio):
«Sarà un’edizione “extra ordinaria”. Mai come oggi è palese per tutti quanto l’innovazione sia la spinta necessaria per costruire un nuovo mondo. E l’Italia, con la sua capacità di unire cultura umanistica e solidarietà, può giocare un ruolo di primo piano nell’ideazione e lo sviluppo di soluzioni per un futuro prossimo».
Premio Marzotto, decima edizione: è tempo di bilanci
A poco meno di un mese dal termine ultimo per presentare la domanda sono circa 200 le candidature che sono state presentate, per l’evento che quest’anno mette in palio complessivamente cinque milioni di euro, tra premi in denaro e percorsi di affiancamento alle imprese: «C’è vitalità e una buona risposta da parte delle startup. Quest’anno abbiamo da assegnare circa una sessantina di premi. Nella fase di selezione favoriremo le startup e le PMI innovative che hanno qualità, al di là dell’anagrafe. Non ci sarà nessuna caccia a soluzioni anti-Covid, perché non metteremo mai nessun paletto. Non ci sarà nessun moralismo, ma la massima libertà dei candidati di proporre soluzioni che abbiano un impatto positivo sulla società, fedeli alla filosofia del premio».
I numeri di quest’anno, la decima edizione, sono questi: 100 partner, 25 grandi corporate italiane e internazionali, 28 incubatori e acceleratori, associazioni di categoria, banche, investitori, family officer:
«Negli anni abbiamo costruito uno dei più grandi sistemi di innovazione al mondo, per la varietà dei soggetti che vi partecipano. La prossima sfida – da qui il payoff aggiunto “2031” – sarà di portare il premio in una dimensione ancora più internazionale, e puntare a scovare le innovazioni che faranno la differenza tra 10 anni».
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“Le startup in Italia come i musei”
Con l’aiuto di Cristiano facciamo una fotografia delle crepe e delle opportunità nell’ecosistema di innovazione italiano nell’attuale emergenza: «L’attenzione in Italia verso le startup è un po’ come quella dei musei. Le startup valgono ancora poco in termini di PIL e di occupazione. L’Italia lavora con un sistema industriale molto tradizionale, nel quale le buone pratiche di innovazione, che sono tante, sono ancora frammentate, senza delle filiere compatte. La buona notizia è che l’emergenza ha riportato al centro il bisogno di accelerare i processi delle aziende e questa necessità potrebbe rafforzare la resilienza del sistema innovativo, favorire partnership e crescita del fatturato. Dobbiamo poi uscire dal modello del “self entrepreneur” che si afferma da solo, partendo dal garage di casa, che è solo un mito che non può funzionare».
Per Cristiano, l’Italia, per le sue caratteristiche può, tuttavia, affermarsi come un modello per altri Paesi in Europa: «Rispetto ad altri Paesi che hanno una mentalità più “market oriented”, l’Italia unisce una cultura umanistica a una grande solidarietà: in questa fase così delicata, questi due elementi possono permetterci di ripensare l’innovazione, che è tale solo se ha un impatto positivo sulla società. Altrimenti, diventa pura tecnologia o un’insieme di gadget che non possono offrire soluzioni concrete ai grandi temi e sfide del Pianeta».
“It’s time to build”
Come ultima domanda chiediamo a Cristiano di fare un appello agli innovatori che “hanno il dovere di mostrare la loro qualità”: «C’è una grande attenzione oggi. La sicurezza negli investimenti “tradizionali” è frantumata e molti vedono aprirsi grandi opportunità nei cosiddetti investimenti a rischio, come quelli in startup. Dall’altra parte, si è squarciato il velo della comfort zone. Basta pensare a quello che sta succedendo nell’ecommerce per la grande distribuzione o nel settore del lifestyle, che solo oggi stanno comprendendo a pieno le possibilità del digitale. In un Paese dove solo un’azienda su sette è preparata all’online, c’è tanto spazio per fare. Ora è il tempo per costruire, è il tempo dove le persone sono più disposte ad ascoltare».