Una società di consulenza Lussemburghese ha fatto i conti in tasca a Daniel Ek rivelando una curiosità nel suo modello: ma in realtà Spotify può curarsene poco. La sua leadership è indiscussa
Quei (pochi) cantanti che boicottano Spotify per il suo modello “free” di distribuzione dei contenuti musicali possono segnare un punto a loro favore: la musica gratuita non rende quanto quella a pagamento.
«Esiste uno squilibrio troppo forte tra utenti paganti e non»
Sebbene la piattaforma musicale, nell’ultimo anno abbia quasi raddoppiato il suo fatturato (passando da 1,3 miliardi di dollari al record di 2,18 miliardi), bisogna anche dire che il 90% di questi risultati viene dalla piccola parte di utenti che hanno sottoscritto un abbonamento a Spotify. A constatarlo è una società finanziaria lussemburghese, che ha studiato i bilanci della piattaforma e ne ha dedotto che solo il 10% dei fatturati proviene dagli utenti che ascoltano musica senza pagare.
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Ma i manager credono che Spotify resterà leader di settore
Tutto il resto, viene da quei (quasi) 30 milioni di utenti paganti (quelli che hanno sottoscritto un abbonamento Spotify Premium da 9,99$ al mese). Uno squilibrio troppo rischioso per una società che si basa così tanto su solo il 30% dei propri clienti (sono infatti altri 60 milioni gli utenti di Spotify, quelli che ascoltano musica senza pagare).
Che il modello gratuito non sia “foriero di profitti”, lo sanno anche gli stessi manager di Spotify. Gli stessi però che riferendosi al modello esclusivamente a pagamento – come quello del diretto concorrente, Apple Music – sono convinti che anche questo non abbia ancora portato economie di scala. Ecco perché quindi, secondo loro Spotify resterà comunque il leader di settore e non deve preoccuparsi: proprio perché combina insieme i due modelli di business: la gratuità e gli abbonamenti.