Abbiamo intervistato il pentastellato Dario Tamburrano, eurodeputato nuovamente in corsa per le Europee 2019 ritenuto tra i più influenti in tema di politiche energetiche
Dario Tamburrano (qui il sito del candidato), eurodeputato del Movimento 5 Stelle, è uno dei parlamentari europei più attivi su ambiente e rinnovabili. È, secondo l’osservatorio indipendente Vote Watch, l’unico italiano inserito tra gli europarlamentari più influenti sulle politiche energetiche dell’Ue, risultando persino tra i primi cinque, sui 751 che compongono il parlamento a Bruxelles. Per la sua ricandidatura, StartupItalia gli ha posto una serie di domande sul domani della Unione europea, con particolare attenzione sul fronte dell’ambiente e dell’innovazione.
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L’intervista a Dario Tamburrano
StartupItalia: Tamburrano, parliamo di Unione europea. Quali sono i vantaggi e i limiti dell’assetto odierno dalla Ue?
Dario Tamburrano: L’Ue ha unito le forze e le economie di un pulviscolo di Stati ciascuno dei quali, da solo, avrebbe fatto la fine del vaso di coccio fra i vasi di ferro mondiali. È il suo merito, e le va riconosciuto. I vantaggi sono potenzialmente correlati con il fatto che molti staterelli “uniti” hanno più forza, più voce e più peso specifico nelle questioni internazionali. Ma proprio per questa sua natura e questa sua mancanza di identità politica, l’Ue è piena di contraddizioni interne che si traducono in difficoltà operative, lentezza decisionale e via dicendo. I limiti dell’Ue coincidono infatti con il “peccato originale” contenuto nella sua architettura istituzionale. Il Parlamento europeo è l’unica istituzione Ue eletta dai cittadini ed è anche l’unico Parlamento di tutto il mondo, o almeno di tutto l’Occidente, che non dispone di iniziativa legislativa (è prerogativa della Commissione europea, l’organo esecutivo di questa Ue) e il cui voto non è sufficiente per approvare una legge. Il Parlamento europeo deve mettersi d’accordo con il Consiglio Ue, il co-legislatore che rappresenta la “voce” dei governi degli Stati membri e che non è eletto dai cittadini. È un grosso deficit democratico. Qui nasce lo scollamento fra i cittadini e le istituzioni europee che a fatica tentiamo ogni giorno di evitare.
StartupItalia: Sulla base della sua esperienza, cosa andrebbe cambiato?
Dario Tamburrano: In cinque anni di lavoro legislativo, ci siamo imbattuti in diversi elementi limitanti che in parte abbiamo già tentato di evidenziare. I cittadini, ad esempio, non hanno il potere di chiedere un referendum per modificare, proporre o abrogare leggi adottate dall’Ue: è un ennesimo colpo all’esercizio democratico. La trasparenza delle procedure legislative è più superficiale che reale. Se ti addentri nei meccanismi decisionali ti accorgi come una fetta importante delle importantissime disposizioni tecniche viene presa lontano dal controllo democratico di cittadini, società civile, stampa o a volte degli stessi parlamentari, il cui potere di ispezione è ad esempio limitatissimo da un regolamento impenetrabile sull’accesso agli atti. Ma i limiti stanno negli stessi Trattati europei. La cosa più nota ed eclatante: i Trattati stabiliscono che il Parlamento europeo debba avere tre sedi e “transumare” almeno una volta al mese, per 4 giorni, da Bruxelles a Strasburgo. Serve una riflessione seria e decisa, con proposte concrete che abbiamo già cominciato ad avanzare dal Parlamento europeo, e su cui l’Italia dovrà fare la sua parte in Consiglio UE.
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StartupItalia: Sul fronte ambientale cosa è stato fatto e cosa c’è da fare?
Dario Tamburrano: L’azione dell’Unione europea nel coordinare e sorvegliare i comportamenti degli Stati membri in materia di ambiente e protezione della biodiversità si è dimostrata fondamentale. La rete Natura 2000 e i siti comunitari rappresentano reali salvaguardie contro comportamenti poco scrupolosi di aziende, individui o enti pubblici disonesti che nel nostro Paese prendono troppo spesso l’ambiente come un accessorio da inquinare, devastare, dissestare a piacimento. Le intenzioni ambientali dell’Ue sono molto buone, senza di essa non avremmo avuto target in materia di ambiente ed energia, azioni comuni per la difesa delle risorse naturali, riduzione delle emissioni climalteranti con un impegno contro il cambiamento climatico iniziato più di un ventennio fa. L’Unione europea deve però allineare le azioni concrete alle sue dichiarazioni in materia di clima e ambiente, che il più delle volte sono condivisibili e anzi all’avanguardia. Purtroppo, a Bruxelles e a Strasburgo, fra le dichiarazioni di intenti e la legislazione conseguente non sempre vi è coerenza accettabile.
StartupItalia: Faccia qualche esempio…
Dario Tamburrano: L’Unione Europea riconosce chiaramente l’esistenza della crisi climatica e la necessità di diminuire le emissioni di gas serra bruciando combustibili fossili. Ha plaudito agli accordi di Parigi per contenere entro i due gradi, e possibilmente uno e mezzo, il riscaldamento globale e ha manifestato la volontà di ridurre del 40% le emissioni di gas serra entro il 2030. Una robusta e crescente produzione di energie rinnovabili costituisce la strada migliore per raggiungere questo obiettivo. Però, al momento di dare corpo e sostanza alle parole, la Commissione europea ha proposto per il 2030 un target di rinnovabili pari ad appena il 27%. Il Parlamento europeo prima e il Governo del cambiamento in sede negoziale a giugno 2018, all’epoca appena insediatosi in Italia, hanno avuto un ruolo determinante per portare al 32% il target UE da raggiungere entro il 2030. È un ottimo risultato, soprattutto se si guarda al misero 27% di partenza, sebbene ancora non sufficiente per aggredire come sarebbe necessario le emissioni del continente.
StartupItalia: Clima, rinnovabili ed economia circolare. Quali sono i capitoli ancora aperti a livello Ue?
Dario Tamburrano: «Durante questa legislatura sono stati approvati gli strumenti-chiave che regoleranno questi temi fino al 2030. Il rinnovo dei target è stato una battaglia difficile. Ha fatto emergere la distanza tra parole e fatti che contraddistingue non solo l’azione dell’UE nel suo complesso ma anche la maggioranza dei parlamentari europei, i quali poi saltano sul carro di Greta Tunberg non appena intravedono spazio mediatico. Nel “Pacchetto economia circolare” e in quello “Energia pulita per tutti gli europei” ci sono stati avanzamenti importanti che necessitano però di ulteriore coraggio e sui quali continuerò ad impegnarmi in prima persona. Tra tutti, mi sento di menzionarne un capitolo che si aprirà certamente e che considero fondamentale. La direttiva rinnovabili stabilisce che nel 2023 potrà essere rivisto – ma solo al rialzo – il target di energie rinnovabili da raggiungere entro il 2030, e che per ora è fissato al 32%. L’aumento significativo di questo target sarà una azione da intraprendere nella prossima legislatura.
StartupItalia: Su queste questioni cosa si dovrebbe fare?
Dario Tamburrano: Io sono per il fare e infatti mi si vede meno in TV ad esempio di molti altri miei colleghi. Ecco, anche l’UE dovrebbe prendere esempio da questa impostazione: annunciare di meno ed avere più coraggio nel porre le basi fattive dell’unico modello economico in grado di contrastare i cambiamenti climatici e di creare una comunità prospera, sovrana e pacifica che usa con saggezza le limitate risorse offerte dal nostro pianeta. L’Unione Europea è povera sia di materie prime sia di combustibili fossili. Dipende dalle importazioni per un terzo del fabbisogno netto di materie prime e per il 53% del fabbisogno netto di energia. Questo la espone ad essere coinvolta nei conflitti per l’accesso alle risorse naturali. Un’economia interamente basata sulla circolarità (usare e riusare gli stessi materiali evitando di generare rifiuti) e sulle rinnovabili unite all’efficienza energetica è la chiave per raggiungere pacificamente la sovranità e la prosperità. Secondo la Commissione europea, il passaggio dell’Unione Europea ad un’economia un po’ più circolare entro il 2030 farà aumentare dello 0,5% il PIL e creerà 700.000 posti di lavoro.
StartupItalia: Si parla spesso della necessità di arrivare a una economia alimentata al 100% dalle rinnovabili entro il 2050. Molti Governi non sono d’accordo. Lei lo reputa un traguardo raggiungibile?
Dario Tamburrano: Un’economia completamente alimentata dalle rinnovabili entro il 2050 è non solo alla portata, ma necessaria, e darebbe lavoro in tutto il mondo a 35 milioni di persone: il 7-8% della popolazione mondiale abita nell’Unione Europea e i conti sono presto fatti. Perché attendere ancora per fare le cose che davvero servono al nostro territorio martoriato da fossili, degrado, inquinamento e rifiuti? Dobbiamo riportare in equilibrio l’anidride carbonica tra cielo e terra, sfruttare tecnica e tecnologia per un’agricoltura più precisa e sostenibile, rendere di nuovo fertile un suolo che rischia l’improduttività, decentrare la produzione di energia. Bisogna in sintesi darsi da fare per rispettare gli impegni di Parigi. Un’Unione Europea fondata su circolarità e rinnovabili sarebbe infine una comunità pacifica, perché non più coinvolta nei conflitti, e sarebbe anche una comunità sovrana, dal momento che non dovrebbe più subordinare le sue politiche alla necessità di assicurarsi approvvigionamenti dall’esterno di energia e di materie prime.
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StartupItalia: Oggi in Europa c’è una certa tendenza al liberismo, mentre la crisi ecologica impone un cambio di paradigma anche economico. Cosa è necessario fare?
Dario Tamburrano: “Una certa tendenza” mi sembra un eufemismo. Qui per prendere le cose di petto dobbiamo fare un’autocritica profonda, dobbiamo spostare l’epicentro delle politiche economiche UE dallo spread finanziario allo spread ecologico, che è infinitamente più grave. Ce lo chiede la scienza. Ora il genere umano consuma in soli sette mesi l’intera quantità di risorse rinnovabili che il nostro pianeta è in grado di generare nel corso di un anno intero. Se la Terra fosse un bancomat, dai primi di agosto al 31 dicembre il genere umano effettuerebbe prelievi di risorse naturali da un conto in rosso, attingendo dalla capacità del pianeta di generarle anche in futuro ed accumulando debito ecologico sulle spalle dei nostri figli e nipoti. Ogni parte del mondo usa le risorse rinnovabili con diversa intensità e contribuisce in modo diverso allo spread ecologico. L’Unione Europea esaurisce il suo budget annuale di risorse rinnovabili già il 10 maggio.
StartupItalia: Qui si inserisce l’apporto della circular economy…
Dario Tamburrano: L’economia circolare basata sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica è l’unica strada per ridurre lo spread ecologico. Costituisce inoltre il modello che risponde ad una visione politica ancorata all’effettiva disponibilità di risorse naturali ed alla necessità di usarle in modo tale che da esse possano attingere anche i nostri figli e i figli dei loro figli. È l’ambientalismo scientifico del quale mi sento portavoce. Lo spread ecologico deriva da un’economia lineare basata sul mercato. Non possiamo affidarci al mercato per uscire da questa situazione. E non possiamo neanche continuare a zappare sui nostri stessi piedi, allacciando le politiche di investimento pubblico a criteri ormai anacronistici che rispondono a un’Europa del passato e non a quella che deve affrontare il futuro. Sono necessarie politiche economiche espansive per finanziare la transizione al nuovo modello economico ed ecologico.
StartupItalia: Parliamo di attività. Il 27 maggio lei è eletto al parlamento europeo: quali sono le prime tre cose che fa sul piano politico?
Dario Tamburrano: La politica ha tempi lunghi. La politica al Parlamento europeo, ancor di più: dunque non so se le tre cose più importanti del prossimo mandato saranno anche le prime che riuscirò a fare. Sicuramente, farò di tutto per avere un target di energia rinnovabile al 2030 più alto del 32% attuale. Contemporaneamente, mi impegnerò per costruire all’interno del Parlamento europeo (che, ricordo, non ha potere di iniziativa legislativa) il consenso sulla necessità di chiedere alla Commissione europea una proposta legislativa per tassare, all’ingresso nell’Unione Europea, le emissioni climalteranti “incorporate” nelle merci d’importazione. Nell’Unione Europea i processi produttivi devono rispettare norme e vincoli che contribuiscono ad abbassare le emissioni: in altre parti del mondo, molto meno. Una tassa del genere contrasterebbe la delocalizzazione e favorirebbe le imprese europee. Da ultimo, ma solo perché mi si chiedono solo tre cose: siamo nel mezzo di una rivoluzione digitale in cui l’intelligenza artificiale rischia di terremotare il nostro quotidiano. Gli algoritmi sono già nelle nostre vite (dominano il trading in borsa, solo per dirne una) ma non sono sottoposti ad alcun quadro normativo. Questo quadro sarà uno dei cuori della prossima legislatura. Come ho già ribadito in emendamenti che sono riuscito ad inserire negli atti preparatori, decisioni importanti per la vita degli esseri umani non possono essere lasciate ad algoritmi privi di etica e l’essere umano deve poter prendere in qualsiasi momento il controllo sulle tecnologie avanzate e intelligenti.
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StartupItalia: Innovazione e formazione. Che ruolo dovranno avere nelle politiche europee, anche alla luce delle sfide ecologiche?
Dario Tamburrano: L’innovazione è fondamentale per la transizione ad un modello economico basato sull’economia circolare, sulle rinnovabili e sull’efficienza energetica. A sua volta, l’innovazione va sottobraccio alla digitalizzazione e all’avvento dei robot. E qui si aprono due problemi da affrontare a livello europeo. Il primo: come organizzeremo la società quando i robot renderanno sempre più inutile il nostro lavoro? La soluzione, a parer mio, sta nella necessità di governare l’automazione separando il reddito dal lavoro. Il secondo problema riguarda la formazione. Da una parte è necessario creare le competenze, avanzate e di base, che accompagnano la transizione verso un mondo sempre più digitale e sempre più connesso. Dall’altra, la formazione non può e non deve ridursi ad imparare come utilizzare tecnologie digitali complesse. La cultura classica e umanistica sono fondamentali perché l’essere umano immerso in un mondo digitale – e penso soprattutto alle nuove generazioni – mantenga la corretta percezione di sé e sia capace di avere relazioni proficue con i suoi simili. È dunque necessario che l’Unione Europea attui politiche attive per contrastare la dipendenza digitale: internet, le chat, i videogiochi eccetera possono diventare una forma di tossicodipendenza, e i più giovani sono anche i più esposti al rischio.
StartupItalia: Come immagina l’Europa alla fine del suo prossimo mandato tra cinque anni? E tra venti?
Dario Tamburrano: L’Unione Europea è a un bivio. Nei prossimi cinque anni dovrà scegliere se cambiare rotta, avvicinarsi ai cittadini e liberarsi dal “peccato originale” della sua architettura istituzionale o se continuare a seguire la solita via che persegue la stabilità finanziaria e l’aumento ininterrotto del PIL: la crisi climatica, la povertà, le migrazioni, i conflitti per le risorse finora non hanno insegnato niente, purtroppo. Non so quale delle due strade imboccherà l’Unione Europea. So che se sceglierà la seconda andrà a sbattere contro due muri: la disaffezione dei cittadini e i limiti fisici delle risorse naturali offerteci dal pianeta, che non possono sostenere una crescita economica infinita.