Il cambiamento investe anche come pensiamo la nostra vita dentro e fuori dall’ufficio. Cisco propone la sua visione del lavoro distribuito
Ci eravamo lasciati con l’idea di riportare a Venezia una nuova leva di cittadini e lavoratori, preferibilmente professionisti con l’opportunità di mettere le proprie capacità e competenze anche al servizio della città. Ci ritroviamo dall’altra parte del mondo per continuare il discorso: a Las Vegas, quanto di più lontano potreste immaginare rispetto alla Laguna veneziana, Cisco decide di rilanciare come fosse al tavolo da gioco di un casinò della Strip. Di dare corpo e sostanza a quella che è una visione sempre più nomade e innovativa della nostra vita lavorativa. Si può lavorare da casa, dall’auto, persino dall’ufficio: in ciascun caso servono gli strumenti giusti, che ovviamente sono pronti per essere annunciati durante Cisco Live 2022.
Un nuovo ufficio, dentro e fuori casa
Qual è la lezione che abbiamo imparato in 24 mesi (e non è ancora finita) di pandemia? Che non conta il luogo, contano gli strumenti: lavorare alla propria scrivania, nel soggiorno, in ufficio, in un open space non influenza la nostra prestazione. Purché, si intende, l’intera organizzazione dell’azienda per quanto attiene hardware, software e ogni altro componente dell’equazione sia adeguata a soddisfare i nostri bisogni.
In questo senso Cisco ha colto la palla al balzo: approfittando della pausa in cui i suoi dipendenti sono rimasti a casa, ha avviato un profondo rinnovamento di tutti i suoi spazi di lavoro. L’esempio migliore è l’ufficio di New York, appena terminato e riaperto, dove tutto il concetto di nuovo spazio di lavoro viene messo a fattor comune: zero scrivanie assegnate, neppure per i dirigenti. Anzi, il numero di scrivanie è di gran lunga inferiore a quello dei dipendenti che a quella sede fanno capo. Quello che trova spazio a New York è soprattutto un’enorme quantità di spazi pensati per la collaborazione: salottini, tavoli, divani, sale riunioni di ogni forma e dimensione. Luoghi dotati ovviamente di tecnologia Cisco allo stato dell’arte, che consente di interagire con i colleghi rimasti a casa condividendo una lavagna interattiva o con una semplice call.
Il resto del lavoro lo fa, dietro le quinte, Meraki: tutti i dispositivi installati, dagli access point alle telecamere intelligenti, censiscono e valutano l’occupazione degli spazi, la qualità dell’aria, l’inquinamento sonoro. In questo modo qualsiasi dipendente sa in tempo reale quali sono le postazioni libere e quelle occupate, sa dove andarsi a piazzare se deve entrare in call e ha bisogno di silenzio attorno, può decidere di spostarsi se si accorge che la concentrazione di anidride carbonica si alza troppo dove si trova. In più, Cisco impara da questi dati: può mettere insieme le informazioni su come viene sfruttato lo spazio, pensare di modificarlo in futuro per renderlo ancora più a misura di dipendente. Sempre che, si intende, il lavoratore decida di andare in ufficio.
Il valore dei dati
“Quello che sta succedendo, oggi – spiega a StartupItalia Chris Stori, General Manager della divisione Networking Experience di Cisco – è che sempre più spesso i nostri clienti danno un’occhiata ai dati contenuti nelle dashboard dei loro prodotti perché possono trarne un valore aggiunto: possono servire a determinare quanti clienti entrano in un negozio, o allo stadio, e questi dati possono essere ricavati dalla propria infrastruttura di rete”. Secondo Stori, ciascun cliente Cisco può decidere se sfruttare o meno queste informazioni, e lo può fare in autonomia: al momento Cisco non è interessata a creare alcuna linea di business che rivenda al cliente le informazioni estratte dai suoi stessi dati.
“Sono informazioni che possono essere estratte da moltissimi dispositivi: anche quelli della linea Webex, che non molti sanno integrano un sensore della qualità dell’aria e per la temperatura. E la cosa più interessante – prosegue Stori – è che queste informazioni possono essere estratte e ricondivise all’interno dell’intera infrastruttura: questi dati ci sono, liberiamo le loro potenzialità e usiamo queste informazioni per costruire un luogo di lavoro più sicuro e più efficiente sul piano energetico. Ma la cosa più importante è che questi dati non sono utili solo agli amministratori di sistema, o a chi deve disegnare gli spazi: possono servire anche al singolo individuo per decidere dove lavorare o se è il momento di aprire la finestra”.
I dati diventano quindi la chiave per costruire, in alcuni casi letteralmente, gli spazi di lavoro del futuro. Ma, allo stesso tempo, i dati sono anche il centro di interi nuovi filoni di business: senza dimenticare, cosa altrettanto importante, che questi dati devono essere scambiati, conservati, trasferiti e spesso condivisi e gestiti in tempo reale dai dipendenti stessi. Con l’affermarsi del concetto di lavoro nomade, che non prevede la presenza fissa alla scrivania, ecco che si presentano delle esigenze e delle priorità differenti nell’impostare le modalità in cui l’azienda o il singolo impostano il lavoro. E come i dipendenti accedono, secondo un criterio zero-trust, ai dati. Un luogo e un PC possono essere ritenuti un accesso sicuro: ma se la richiesta arriva al di fuori della VPN aziendale, magari attraverso un endpoint sconosciuto, devono e possono scattare una serie di misure di sicurezza (secondo fattore, terzo fattore di autenticazione ecc) che garantiscano tranquillità a chi dei dati è responsabile.
Chiamare, chiamare ovunque
La collaborazione e l’interazione, dicevano, sono uno degli elementi cardine del nuovo lavoro ibrido: ma, attenzione, i luoghi e le modalità di accesso possono essere sempre più varie, mutevoli, dinamiche. A quanti è capitato di iniziare una call in un taxi e finirla alla scrivania (o viceversa)? A quanti capita di impegnare la permanenza in auto, più o meno lunga e forzosa, con una conversazione di allineamento con i propri colleghi? Una possibilità che, se le promesse sulla guida semi-autonoma in arrivo sulle nostre vetture verranno mantenute, si farà sempre più interessante ma che già oggi è concreta: tanto da spingere Cisco a immaginare una funzione specifica di Webex per Apple CarPlay e che permetta ancora maggiore flessibilità.
Caso d’uso d’esempio: siamo in casa, iniziamo la nostra call con i colleghi ma la conversazione va per le lunghe. Abbiamo bisogno di uscire, magari per avvicinarci al luogo del prossimo incontro dal vivo: un clic nella call genera un QR-Code, che una volta inquadrato dallo smartphone trasferisce istantaneamente (e senza la necessità di uscire e rientrare) la conversazione sul nostro iPhone. A quel punto, raggiunta la macchina e collegato il telefono alla vettura, la conversazione passa naturalmente su CarPlay: l’interfaccia Webex in questo caso è studiata per ridurre al massimo ogni distrazione alla guida, zero interazione video e tutto su audio, e anche in questo caso chi è dall’altra parte della call non registra alcuna disconnessione da parte nostra. E poi ancora la call può tornare sul telefono, tornare ancora su un PC, ma c’è anche una nuova versione del client per iPad che consente di sfruttare al meglio il multitasking sul tablet Apple.
L’idea di una automobile come ufficio di lavoro, parte dell’equazione del lavoro ibrido, appassiona Cisco così come i produttori di vetture: l’accordo di partnership con Ford rilanciato in questi giorni testimonia da un lato l’interesse delle due aziende a collaborare per includere a bordo tutti i dispositivi per rendere realmente connessa un auto (sia in modalità M2M che per altri scopi), così come quello per testare e comprendere quali modalità di collaborazione sia possibile sfruttare già oggi. Quindi parliamo di ologrammi per Webex per gli ingegneri che progettano insieme i nuovi modelli, di comunicazione a bordo come quella di Webex su Carplay, ma anche di molto altro: c’è da immaginare tutto l’universo IoT dell’automotive del futuro, partendo magari dalla città di Detroit dove Ford ha sede, ma già con l’idea di allargarsi a tutto il pianeta. E poi ovviamente, ma parliamo di futuro prossimo, ci sarà da immaginare come far evolvere la comunicazione anche sui metaversi.
Il minimo comun denominatore dell’intera gamma di annunci di Cisco Live resta l’innovazione: ma, come più volte detto e ribadito anche sul palco dal Chief Strategy Officer Liz Centoni, è un’innovazione “purpose driven”. L’obiettivo resta creare un futuro inclusivo per tutti (Power an Inclusive Future for All), in cui tutti riescano a comunicare (anche) grazie all’infrastruttura Cisco: con semplicità e flessibilità, con facilità di accesso (sia sul piano dell’UX che su quello economico) e senza dimenticare la sostenibilità. Cisco sa che la strada è lunga e che non tutto dipende dal lavoro di quella che resta un’azienda privata tra molte altre: ma il lavoro e l’impegno raccontato a Las Vegas, anche in termini di ricerca e sviluppo, può gettare le basi affinché la tecnologia possa dimostrarsi realmente utile. Ogni giorno, per tutti: anche quando, come sta accadendo in questi anni, l’unica certezza che abbiamo è che non abbiamo alcuna certezza su quanto accadrà domani.