Confcommercio: “Percentuale irrisoria. Il fondo, come previsto nella legge di rilancio, avrebbe dovuto coprire il 60% delle spese sostenute”
Amara sorpresa per gli imprenditori e i commercianti alle prese con le spese di sanificazione. Se già non era andato giù a tutti il fatto che l’aiuto statale per affrontare i nuovi oneri per le partite Iva (sul cui capo grava il rispetto delle nuove norme igieniche anti-contagio) fosse predisposto come credito d’imposta – un “pagherò” da far valere al momento della prossima dichiarazione dei redditi, ma molti negozianti temono di non arrivarci e di essere costretti a portare i libri in tribunale prima -, adesso arriva la notizia che il supporto dopo qualche mese di silenzio di troppo è notevolmente smagrito. Ma andiamo con ordine.
Spese di sanificazione, le novità sul credito d’imposta
L’Agenzia delle Entrate, nell’ultimo provvedimento, ha fissato il limite relativo alle spese di sanificazione e acquisto dei dispositivi di protezione anti coronavirus introdotto dal Decreto Rilancio. La percentuale che permette di calcolare l’importo spettante a ogni richiedente, però, non è certo quella auspicata: la misura del credito effettivamente utilizzabile è pari al 15,6423 per cento del credito richiesto.
Questa percentuale è il risultato del rapporto tra gli importi richiesti dai contribuenti entro il 7 settembre 2020, pari a 1.278.578.14 euro, ed il limite massimo di spesa fissato dalla legge in 200 milioni di euro. I soggetti beneficiari possono scegliere se utilizzare il credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi oppure in compensazione tramite modello F24; in alternativa, possono optare per la cessione, anche parziale, del credito ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari. L’opzione può essere esercitata fino al 31 dicembre 2021.
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Il credito di imposta non è al 60%
Insomma, siamo davvero tanto lontani da quel 60% promesso dal Governo solo pochi mesi fa. Recuperando la pagina ” Credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto dei dispositivi di protezione” presente sempre sul sito dell’Agenzia delle Entrate, si legge ancora adesso: “Il credito d’imposta, per ciascun beneficiario, è pari al 60% delle spese complessive risultanti dall’ultima comunicazione validamente presentata, in assenza di successiva rinuncia. In ogni caso, il credito d’imposta richiesto non può eccedere il limite di 60.000 euro”.
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Confcommercio: finanziamento irrisorio
Ma, evidentemente, non ci sono soldi per tutti. E allora ecco che il credito di imposta per le spese di sanificazione è crollato dal 60 al 15%. Una novità che ovviamente non è piaciuta a Confcommercio, che denuncia: “ancora una volta le aziende non vedono coperti in modo adeguato i costi che hanno dovuto affrontare per far fronte al contenimento dei rischi dovuti al contagio Covid. È il caso della irrisoria percentuale del 15% del credito d’imposta fissata dall’Agenzia delle Entrate come credito utilizzabile per coprire le spese di sanificazione e acquisto dei dpi”.
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Naturalmente viene sottolineato che il fondo per le spese di sanificazione, come previsto nella legge di rilancio, dovesse coprire il 60% delle spese sostenute “e su ciò avevano fatto affidamento le aziende, ma nel contempo nella stessa legge si fissava il limite massimo di spesa in 200 milioni di euro, mentre gli importi richiesti dalle aziende assommano a oltre 1.200.000 euro. A fronte di tale situazione in cui le imprese possono recuperare solo una minima parte di quanto richiesto (circa un sesto) si rende necessario provvedere ad un rifinanziamento urgente dello stesso fondo e ad innalzarne l’importo”.