Nella giornata per la consapevolezza sull’autismo la storia di uno dei laboratori di inclusione più noti in Italia. A Modena, capitale mondiale dei tortellini, ventisei giovani cucinano e vendono pasta fresca. Oggi in Italia lavora solo il 10% di persone con autismo. Anche PizzAut, Equo Food e Albergo Etico in campo per invertire questa tendenza
Inclusione, diversità, disabilità. Sono termini che utilizziamo per parlare di coloro che, spesso, sono esclusi dalla società. Oggi è la giornata mondiale della Consapevolezza sull’Autismo, un disturbo del neurosviluppo che, secondo una nota del Censis, viene rilevato nell’1% della popolazione italiana, pari a circa 500.000 persone. Nell’ultimo report del “Progetto Osservatorio per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico” coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Salute si legge: “In Italia, si stima 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) presenta un disturbo dello spettro autistico con una prevalenza maggiore nei maschi: i maschi sono 4,4 volte in più rispetto alle femmine”. Se la scuola gioca un ruolo fondamentale per l’inclusione delle persone affette da autismo, sono molto pochi i giovani che poi trovano lavoro. Secondo il rapporto di Anfass, infatti, nel mondo del lavoro l’inclusione di queste persone è pressoché inesistente. Nel report si legge: “..Per le persone autistiche: a lavorare è solo il 10% degli over 20”. Ultimamente, però, si parla sempre di più di questo tema e, soprattutto, di inclusione.
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Storie di aziende che includono
Non sono poche le aziende nate con lo scopo di inserire questi ragazzi nel mondo del lavoro. Tra queste spiccano PizzAut, la pizzeria gestita da ragazzi autistici nata da un’idea di Nico Acampora con sede a Cassina dè Pecchi (Milano) che proprio oggi inaugura la sua nuova attività a Monza alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ma non solo. C’è anche il Tortellante, un pastificio di Modena che offre un futuro a ragazzi autistici, Equo Food, un progetto di ristorazione sociale per l’inserimento lavorativo di persone diversamente abili attraverso un percorso individuale di formazione, Albergo Etico di Asti, nato con l’idea di far lavorare in albergo persone con disabilità. Di autismo se ne parla anche durante il festival “In & Aut“, che quest’anno festeggerà la sua seconda edizione. Il Festival ha preso vita da un’idea dell’ex senatore Eugenio Comicini, dal giornalista Francesco Condoluci, papà di un bambino autistico e dalla Fondazione InOltre. Tre giornate finalizzate alla sensibilizzazione sul tema dell’autismo e alla creazione di percorsi di inclusione lavorativa per le persone autistiche con dibattiti e momenti di aggregazione, ristorazione sociale, presentazioni di film, libri e spettacoli sul tema. «Si tratta del primo Festival nazionale dedicato all’autismo con l’obiettivo di fare rete su queste tematiche avvalendosi di una serie di partner e realtà virtuose proprio come PizzAut, Il Tortellante, Albergo Etico ed Equo Food – ha commentato a StartupItalia l’ex senatore – Adesso siamo alle prese con l’organizzazione della seconda edizione, con la volontà di allargare una rete che si è consolidata puntando alla contaminazione e creando occasioni di matching tra il mondo imprese e nuovi contesti che nascono sull’inclusione».
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Storie d’inclusione, Il Tortellante
Il Tortellante è un progetto nato nel 2016 come laboratorio terapeutico dove tanti ragazzi affetti da autismo, ogni giorno, producono pasta fresca. Li avevamo già intervistati per farci raccontare come era nata la loro idea, quando avevano dato vita al primo progetto pilota con 21 giovani tra i 15 e i 27 anni. Oggi quei ragazzi sono 26, il laboratorio presto sarà arricchito anche di una bottega ed Erika Coppelli e Silvia Panini, le due cofounder, sono molto fiduciose nel fatto che, in futuro, i loro ragazzi possano continuare a lavorare. «A maggio apriremo la bottega del Tortellante e prenderemo anche un dipendente in più – spiega Erika – Lo scorso anno abbiamo ricevuto un riconoscimento scientifico molto importante da parte dell’Università di Modena e Reggio Emilia: due commissioni internazionali hanno valutato il nostro progetto come altamente formativo, riconoscendo un miglioramento delle autonomie da parte di 20 ragazzi che hanno lavorato con noi. Un risultato molto importante che ci è valso la pubblicazione su una rivista internazionale». Oggi il team del Tortellante si è allargato con 8 persone che fanno parte del direttivo, un team scientifico capitanato da Franco Nardocci, due psicoterapeuti, 12 educatori multidisciplinari e una quarantina di nonni che compartecipano alle attività dei ragazzi. E non c’è solo il laboratorio ma anche la possibilità, per questi giovani, di poter alloggiare nel weekend in una parte dell’immobile dove sono stati allestiti cinque posti letto con lo scopo di renderli quanto più indipendenti possibile.
«Dieci dei nostri ragazzi hanno avuto modo di confrontarsi nelle cucine del Quirinale con la brigata degli chef di Mattarella, che gli ha insegnato tutte quelle mansioni diverse dalla produzione di tortellini – racconta Erika – Siamo andati molto aldilà delle nostre aspettative». E i risultati sono testimoniati anche da chi si confronta con questi giovani. La stessa Erika ne porta le prove: «Mio figlio, valutato da una commissione di Neuropsichiatria con un grave ritardo cognitivo, dopo 3 anni dalla valutazione, la stessa commissione ha affermato che il suo quoziente intellettivo è aumentato del 50% ed è passato dallo stato di “gravissimo” a “lieve” – ci spiega Erika – Con questo voglio testimoniare quanto sia importante agire anche su un ragazzo grande (il mio ha 23 anni) e dargli gli stimoli che necessita in un ambiente familiare protetto che lo aiuta a crescere. Mio figlio non è diventato più intelligente, ma più abile». Il figlio di Erika era destinato a un centro diurno dove avrebbe, probabilmente, vanificato tutto il percorso abilitativo di quando era piccolo, mentre ora ha un futuro e un presente dignitoso. «È una grande gioia non solo per questi ragazzi ma per le famiglie, che spesso non sanno più come aiutarli e sono molto preoccupate – conclude Erika – Bisogna reinventarsi sempre un futuro per loro, perché rischiano di essere esclusi dalla società una volta finita la scuola. Lo dobbiamo a loro e anche a noi».