La celebre azienda di moda ha annunciato un programma ecosostenibile che punta, entro dieci anni, non solo a diventare a emissioni zero, ma a contribuire per un impatto “netto positivo”
Un passo in avanti rispetto alle emissioni zero. Il piano ecosostenibile dell’azienda di abbigliamento Timberland punta a un obiettivo ambizioso: generare un impatto “netto positivo” nei confronti dell’ambiente. Per riuscirci, la società ha fissato due punti da raggiungere entro il 2030. La realizzazione del 100% dei propri prodotti, basandosi sul design circolare e l’utilizzo di soli materiali naturali, ottenuti grazie all’agricoltura rigenerativa. Il design circolare prevede difatti la creazione di prodotti senza emettere rifiuti, permettendo di azzerare l’impatto ambientale.
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Nel caso specifico, Timberland fabbricherà scarponcini, felpe e vari capi e accessori, utilizzando i materiali di scarto che altrimenti sarebbero rifiuti ambientali, dalla plastica agli scarti tessili, come pellame e lana. Per fare in modo che il circolo virtuoso continui nel tempo, alla fine del ciclo di ogni prodotto, tutte le parti saranno ancora riciclabili, così da poter essere usati ancora, senza lasciare scarti. “Da sempre crediamo che un futuro più verde sia un futuro migliore. Allo stesso tempo”, ha osservato Colleen Vien, director of sustainability di Timberland, “siamo consapevoli dell’impatto ambientale dell’industria della moda. Nonostante Timberland lavori da decenni con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale, sentiamo che sia arrivato il momento di intensificare ancora di più i nostri sforzi”.
Agricoltura rigenerativa: per arrivare all’impatto netto positivo
Se il design circolare permetterà di raggiungere l’azzeramento delle emissioni inquinanti, è attraverso la pratica dell’agricoltura rigenerativa che Timberland vuole fare ancora di più. Come riporta il magazine Esquire, a spiegarne il procedimento è l’azienda stessa nel suo sito. “Le pratiche dell’agricoltura rigenerativa imitano i processi naturali. Permettono agli animali di muoversi e pascolare secondo le proprie, naturali, modalità, dando alla terra l’opportunità di riposare e rigenerarsi. Offrono anche una varietà di colture, replicando la diversità incontrata in natura. Queste prassi permettono alla terra di assorbire il carbonio dell’atmosfera e conservarlo nel terreno, ricostruendone la struttura e promuovendo salubrità, irrigazione e fertilità, con un conseguente impatto ‘netto positivo’ per la terra e chi la coltiva”.
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Un approccio sul quale Timberland punta molto, come confermato da Vien. “Traendo ispirazione dalla natura e concentrandoci sul design circolare e sull’agricoltura rigenerativa, ci impegniamo ad alzare l’asticella in modo da produrre un impatto ‘netto positivo’ per promuovere sempre più la sostenibilità e la salvaguardia ambientale. Siamo entusiasti di questa nuova iniziativa”, ha proseguito, “e ci auguriamo che molti altri player del settore della moda si uniscano a noi per contribuire a creare un futuro migliore per tutti”.
Dall’America all’Australia, la nuova filiera rigenerativa di Timberland
Attualmente, il brand è impegnato nella creazione di una filiera rigenerativa della pelle in diversi Paesi: Stati Uniti, Australia e Brasile. Una recente collaborazione siglata da Timberland con l’associazione Savory Institute, riporta Fortune Italia, sta finanziando la ricerca sulle pratiche di agricoltura rigenerativa e sui benefici che queste offrono all’ambiente.
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Intanto, l’azienda ha mosso i primi passi concreti verso la direzione prefissa. Timberland ha infatti brevettato la suola GreenStride, prodotta al 75% da canna da zucchero attraverso fonti rinnovabili e gomma estratta dagli alberi. Eliminando così tutte le componenti derivate dalla trasformazione del petrolio. Inoltre, la società ha lanciato anche la pelle Regenerative Leather e i cotoni prodotti da fibre Community Cotton, ossia una filiera controllata che garantisce ritorno e sostegno economici alle comunità che le lavorano.