Scappata dall’Iran nel 2009, la giornalista e attivista è tra le 12 donne raccontate dal Time per “l’impatto significativo sulle loro comunità”. Ha 10 milioni di follower su Instagram. Il suo sogno: tornare a casa, in un Paese libero da soprusi e ingiustizie. Buon viaggio con la nuova puntata di “Vite Straordinarie – Ritratti fuori dal comune”
Arrivare prima di altri e fare la differenza. In fondo è questa la ricetta vincente di quegli innovatori che battono sentieri inesplorati per spingersi oltre, realizzando vere e proprio Vite Straordinarie. Certo, ci vogliono competenze specifiche, visione allargata, dedizione estrema, coraggio da vendere e una squadra che poi riesca a tirare la volata. Ma le storie che state per leggere e ascoltare su StartupItalia in questo mese di agosto racchiudono tutto questo e molto di più. Parte la rubrica estiva “Vite Straordinarie – Ritratti fuori dal comune” con le storie di Brian Chesky, Serena Williams, Daniel Ek, Brian Chesky, Paul Graham, Sam Altman, Licypriya Kangujam, Maya Gabeira, Samantha Cristoforetti, Masih Alinejad, Jeff Bezos, Malala Yousafzai. Dal 7 agosto ogni lunedì, mercoledì e venerdì come cover story un longform scritto dalla redazione centrale di StartupItalia e con le firme di Alessandro Di Stefano, Chiara Buratti, Gabriella Rocco e Carlo Terzano. Ogni ritratto è accompagnato dalle illustrazioni di Giulio Pompei. E poi c’è un podcast da ascoltare con la voce del direttore editoriale Giampaolo Colletti. Leggi qui sotto la nuova puntata o ascoltata su Spotify. Per saperne di più leggi il pezzo di lancio.
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«Non hanno nessuna moralità. L’unica cosa che la Repubblica islamica ha è la polizia della moralità, che cammina per strada dicendo alle donne di coprirsi i capelli. E se non lo fanno saranno picchiate, mandate in prigione». Masih Alinejad è una giornalista e attivista iraniana, naturalizzata statunitense. Nata nel 1976 a Qomi Kola, in Iran, ha iniziato la sua carriera lavorando come giornalista a partire dal 2001. I suoi articoli, attraverso i quali si è sempre battuta contro la dittatura della Repubblica islamica in Iran, hanno creato tensioni nel Paese. È da tempo perseguitata e minacciata di morte per le sue idee e il suo attivismo a favore dei diritti umani. Nel 2009 a causa degli atti persecutori contro di lei e la famiglia è stata costretta a fuggire a New York, dove vive ancora sotto scorta. Nel 2014 ha lanciato la piattaforma online My Stealthy Freedom, per invitare le donne iraniane a pubblicare le loro foto senza l’hijab. Nel 2022 è stato prodotto Il vento fra i capelli. La mia lotta per la libertà nel moderno Iran, il docufilm ispirato alla sua storia.
Il sogno di ritornare
Una massa di capelli ricci sempre bene in vista per protestare contro il governo del Paese d’origine da cui è fuggita e in cui non può più rientrare perché rischia l’arresto e l’esecuzione. Masih Alinejad è diventata una fondamentale portavoce di quello che sta accadendo in Iran. Il suo sogno resta quello di ricongiungersi con i propri cari nel Paese in cui è nata. Nel frattempo non smette di denunciare ingiustizie, battendosi a fianco delle donne e degli uomini che si oppongono al regime islamico di Tehran. Masih Alinejad era una bambina quando lo scià di Persia Reza Pahlavi è stato deposto per instaurare il regime dell’Ayatollah Khomeyni. È diventata alla svelta una ragazza politicamente molto consapevole. Insomma, ha bruciato i tempi. Al punto che, a 18 anni, è stata arrestata per la prima volta per volantinaggio contro il governo. Nel 2001 inizia a scrivere per i quotidiani locali ed diventa giornalista parlamentare. Nel 2005 scrive un articolo in cui svela che i ministri del governo stavano recuperando con i bonus le somme a cui dicevano di aver rinunciato col taglio degli stipendi. Apriti cielo. L’inchiesta le costa la revoca del permesso a entrare in Parlamento per fare il proprio lavoro.
Quando poi nel 2008 paragona i seguaci dell’ex presidente Ahmadinejad a delfini in attesa del lancio dei bocconi di cibo dall’addestratore la situazione precipita. Nel 2009 vola negli Stati Uniti con un visto temporaneo e non fa più ritorno a casa, nel suo Paese. Vive ancora lì con il marito e il figlio. Intanto si laurea in Scienze della comunicazione alla Oxford Brookes University. La sua battaglia però non si è mai fermata: sul sito My Stealthy Freedom of Iranian Women le donne iraniane hanno pubblicato le loro foto senza l’hijab, velo che secondo lei deve essere una scelta personale e non un obbligo. Famosa in tutto il mondo, ha ricevuto premi internazionali per il coraggio con cui denuncia alla comunità globale la condizione delle donne nel suo Paese. Nel 2021, il governo americano rende noto un piano, fortunatamente sventato, per cercare di rapirla a New York. Il 28 luglio 2022 è stato fermato un uomo che cercava di introdursi in casa sua: nella sua auto un fucile d’assalto col numero di serie cancellato.
L’attivismo anche sui social
Nel 2023, Masih Alinejad è stata scelta tra le dodici donne dell’anno dal Time per l’impatto significativo sulle loro comunità. La rivista ha messo in evidenza che Masih denuncia da tempo a voce alta le restrizioni imposte alle donne in Iran. In una recente intervista al medesimo magazine, Masih Alinejad ha ricordato che non abbraccia e non vede la madre da 13 anni: «Ho dimenticato il suo volto ma l’Iran è dentro di me. Sono lì ogni singolo giorno attraverso i miei social media». Questi ultimi restano l’unico strumento per connettersi con la sua patria, dove vive l’anziana madre. La profondità del suo legame con i giovani iraniani – ha più 10 milioni di follower su Instagram – le fa dire che la Repubblica islamica avrebbe i giorni contati. «Le parole significano: perché sono una donna, fiorisco attraverso le mie ferite».
Masih Alinejad è stata a Roma nel febbraio 2023 per incontrare gli iraniani della diaspora e chiedere un concreto sostegno all’Italia sui diritti umani del suo popolo. Insieme a un altro attivista, Hamed Esmaelion, ha parlato al Senato italiano, ospite della fondazione Luigi Einaudi. «Il velo islamico obbligatorio è come il muro di Berlino: se riusciamo ad abbattere questo muro la Repubblica islamica dell’Iran non esisterà più. Credo che il velo sia uno dei pilastri principali della dittatura religiosa e che questa rivoluzione guidata dalle donne e sostenuta dagli uomini, sia andata oltre l’hijab», ha detto Alinejad. In Italia tutti hanno visto le immagini dei giovani iraniani che sfidano il potere del regime, protestando per la morte della ventiduenne Mahsa Amini, uccisa dalla polizia nel settembre 2022 perché non portava il velo. Ha detto ancora Alinejad: «Dico di no all’apartheid di genere voluto da questo regime perché le donne sono stufe di sentirsi dire cosa indossare e quale stile di vita adottare». Una denuncia che ora risuona in tutto il mondo.