Uno degli esperti di modelli epidemiologici e Scienza delle previsioni più autorevoli al mondo. «Servono più comunicatori della scienza». È stato nominato Presidente della Fondazione ISI di Torino
«Se durante una cena non si riesce a spiegare a un amico che cosa si fa per lavoro, allora bisogna chiedersi se non si stia sbagliando qualcosa». Alessandro Vespignani, direttore del Northeastern Network Science Institute e docente alla Boston University, è uno dei maggiori esperti di modelli epidemiologici e Scienza delle previsioni al mondo, formatosi nella Fisica teorica e poi affermatosi nel settore della computer science e dei sistemi informatici. Il suo, come è facile immaginare, è un mestiere difficile, ma in questa intervista a StartupItalia ci ha spiegato quanto sia importante semplificare la complessità. «Servono più educazione e alfabetizzazione digitali perché i cittadini devono essere consapevoli tutte le volte che producono dati. Abbiamo bisogno di più comunicatori della scienza». Nei giorni scorsi Vespignani è stato nominato all’unanimità Presidente della Fondazione ISI (Istituto per l’Interscambio Scientifico), il centro di eccellenza internazionale nel campo dei Sistemi Complessi e dei dati con sede a Torino.
Nel corso degli ultimi anni, Alessandro Vespignani ha fornito in più occasioni il proprio contributo per contrastare la diffusione del coronavirus. Ma come è possibile che l’informatica abbia punti di contatto con l’epidemiologia? «Lavoro da oltre vent’anni nel campo delle previsioni epidemiologiche e con tutto quel che riguarda i sistemi di allerta. Decenni fa si notavano i collegamenti tra i virus e i virus informatici, questo perché la trasmissione dei secondi era legata alla rete di contatto personale». Ma non è tutto se si considera anche quanto si somigliassero dall’interno. «Gli scrittori di virus informatici hanno infatti cercato di ispirarsi moltissimo al mondo biologico, dando loro la capacità di mutarsi per non farsi riconoscere dal software anti virus».
“Gli algoritmi disegnano le mappe del futuro, in cui le persone però devono scegliere. Non sono ordini di marcia”
A quasi tre anni dallo scoppio della pandemia, il dibattito ancora si concentra sugli errori dei governi, senza però risolvere un equivoco di fondo che ha generato a più riprese rabbia e confusione da parte dei cittadini. «L’errore è che le previsioni venivano intese come il futuro, in ottica deterministica. Ma non si può chiedere questo alla scienza». Vespignani lavora su mole di informazioni date poi in pasto agli algoritmi, i protagonisti invisibili della nostra quotidianità. «Sono loro a disegnarci le mappe del futuro, in cui le persone però devono scegliere tra le tante possibilità. Gli algoritmi non sono ordini di marcia. In tutti questi anni non si è mai riuscita a spiegare la differenza tra previsioni e scenari a quattro mesi».
Trial clinici agli algoritmi
Abituati a denunciare il lato oscuro della tecnologia, forse anche a ragione viste le violazioni della privacy di diverse Big Tech negli ultimi anni a danno degli utenti, sarebbe però opportuno cambiare prospettiva sugli algoritmi, per imparare a conoscerli e a sfruttarli. Come spiega Alessandro Vespignani, «ci permettono di guardare più lontano, ma solo se si impara ad usarli. Non gli si può chiedere come risposta sì oppure no». Gli si può invece riconoscere il contributo nella nostra vita di tutti i giorni. «Dobbiamo pensare che è un’interazione in cui l’algoritmo è parte del nostro ragionamento».
Passaggio che richiede d’altra parte la preparazione degli utenti. Così come consapevolezza di un altro elemento spesso sminuito quando si discute di algoritmi che sceglierebbero per noi talmente a fondo ci conoscono. «Non dimentichiamoci che l’algoritmo è sempre scritto da qualcuno e che, se non ne teniamo conto, è come se consegnassimo una parte delle nostre vite alla sua visione. Per questo non sono tanto importanti i dati, quanto l’algoritmo. Coi vaccini tutti hanno giustamente chiesto il trial clinico. Ecco, dobbiamo cominciare a pensare a cose di questo tipo pure per gli algoritmi che decidono se concedere il mutuo o no e così via. La trasparenza algoritmica significa che sono scatole che si possono aprire».
Siamo tutti cyborg?
Sul ruolo della tecnologia nelle nostre vite torna utile una frase di Elon Musk secondo cui l’uomo sarebbe già una sorta di cyborg, visto il rapporto che tutti noi abbiamo con la tecnologia. Il Ceo di Tesla è anche tra i più pessimisti per quanto riguarda il dominio dell’AI sull’uomo (e infatti ha in cantiere Neuralink). Su questo, però, Alessandro Vespignani guarda l’altro lato della medaglia. «Pensiamo all’algoritmo come a qualcosa di esterno, mentre è parte della nostra vita. Da anni si parla di intelligenza artificiale, ma siamo nella fase successiva, quella delle intelligenze aumentate. Le nostre». Prendiamo l’onnispresente smartphone. «Impara da noi e dai dati che produciamo. Grazie a lui abbiamo una vita più facile. Non siamo proprio cyborg, perché non c’è interazione biologica».
“Coi vaccini tutti hanno giustamente chiesto il trial clinico. Dobbiamo cominciare a pensare cose di questo tipo pure per gli algoritmi”
Non si può negare tuttavia che, oltre a non esserci coscienza da parte di molti per quanto riguarda il nostro abitare online, le stesse aziende tecnologiche tardino a guadagnarsi la fiducia dei cittadini quando si parla di tutela dei loro dati. «È anche una delle sfide scientifiche: li chiamiamo data for good perché i dati possono essere buoni o cattivi in base a come li utilizziamo. Noi vogliamo che siano l’arma in più per risolver problemi sociali, per aiutare l’individuo. I social network sono fonti straordinarie di informazioni, che grazie al potere computazionale odierno ci permettono una lettura della società senza precedenti».
Non esiste l’app perfetta
Di recente abbiamo intervistato Luca Ferrari, Ceo di Bending Spoons, la startup italiana che ha sviluppato l’app Immuni. Nello spiegarci le ragioni dell’insuccesso di quel progetto, Ferrari ha detto che l’app è rimasta isolata rispetto al contesto. Vespignani ha un’opinione a riguardo. «Realizzare un’app di tracciamento è importante, ma poi si sarebbero dovuti creare servizi per far sentire il cittadino seguito e protetto. Se dopo una notifica non hai modo di fare il test, non funziona. Non esistono pallottole d’argento tecnologiche. La grande frontiera è la simbiosi tra uomo, tecnologia e algoritmi».
Per raggiungere quel grado di maturità necessario a rapportarsi con sistemi complessi serve il contributo di un’opinione pubblica informata. E, a questo proposito, Alessandro Vespignani fa emergere un’altra questione da affrontare. «In nessuna università c’è purtroppo un corso di comunicazione e divulgazione della scienza, mentre dovremmo essere in grado di comunicare anche le idee più difficili. Uno dei disastri della pandemia è stata la comunicazione da parte degli esperti, figlia di un’idea sbagliata secondo cui la scienza vive da sola rispetto al resto».
“Non esistono pallottole d’argento tecnologiche. La grande frontiera è la simbiosi tra uomo, tecnologia e algoritmi”
Ecco perché sulle competenze in materie STEM (l’acronimo di Science, Technology, Engineering e Mathematics) non si può più perdere tempo. «In Italia purtroppo sono sempre state considerate fredde, poco attrattive a meno che non si sia proprio un nerd – conclude -. Questo messaggio è drammatico perché non fa capire quanto la scienza sia invece uno degli aspetti più creativi della vita umana, al pari di musica e scrittura. Rimaniamo ancorati all’immagine dello scienziato da solo, che ha la verità in mano. Gli scienziati viaggiano, lavorano in team, collaborano. Viviamo oggi un momento bellissimo per la scienza, con una dinamicità infinita».