«L’Italia dovrebbe aumentare il numero di aziende che disegna chip. Il problema è che sono richiesti capitali ingenti. Noi non facciamo quel che fa Nvidia, ovvero chip grafici. Lavoriamo su un microcontrollore, una sottocategoria di semiconduttore molto importante per l’Internet of Things e il monitoraggio». I numeri del mercato in questione sono in costante crescita, ma ci sono spazi, nicchie e opportunità anche per le startup. Quella di Davide Toschi, Ceo di Arox, opera in un ambito specifico dove è richiesta un’alta efficienza a fronte di una potenza di calcolo più contenuta. Nei mesi scorsi la società ha presentato un chip (AX-E0) definito come «ultra low power in grado di ridurre fino a 10 volte i consumi energetici».

Quanto vale il mercato dei chip
Ma diamo un’occhiata veloce ai numeri. Secondo un’analisi del Sole 24 Ore entro fine decennio il valore annuo del mercato dei chip sarà di 1,4 trilioni di dollari. Sono cifre difficili da immaginare e che non è improbabile vengano poi aggiornate al rialzo. C’è chi parla di bolla pronta a scoppiare, ma intanto colossi come TSMC continuano a investire. OpenAI, società valutata 300 miliardi di dollari, ha tra l’altro espresso lo scorso anno la volontà di buttarsi anche nel settore dei chip: Altman punterebbe a una raccolta monstre: 7 trilioni di dollari.
Torniamo però all’attualità e alle faccende di casa nostra, dove realtà innovative tentano di farsi strada in un comparto dove i capitali ci sono e l’interesse pure. Classe 1996, Davide Toschi è nato a Segrate e ha sempre avuto la passione per le materie scientifiche. Papà insegnante di fisica e mamma prof al Sacco di Milano, si è indirizzato convinto verso gli studi. Al Politecnico ha frequentato prima ingegneria elettronica per poi specializzarsi in telecomunicazioni in magistrale.
Nel 2018 ha fondato Endcode, startup che è cresciuta negli spazi del Polihub. Come spesso accade il primo progetto non è quello che decolla. «Era un sistema di localizzazione indoor, per superare i limiti del GPS negli spazi chiusi. Ci siamo però resi conto che il consumo energetico era molto alto lato hardware». La società si è così evoluta in ambito consulenza software.

Disegnare chip in Italia
In quegli anni Davide Toschi ha così avviato lo studio e il design di un microcontrollore. «Si tratta di un piccolo computer in un certo senso. Senza mouse, tastiera e schermo ovviamente, tutto schiacciato su un pezzo di silicio molto piccolo: è un sistema on chip con CPU e memoria. Per intenderci il nostro è poco più grande di un millimetro quadrato». Lo producono a Taiwan, il luogo dove transita praticamente tutto ciò che ha a che fare con questa industria miliardaria.
Un microprocessore, a confronto, svolge calcoli più potenti. Ciò non significa che il microcontrollore non abbia applicazioni in settori fondamentali, dalle infrastrutture alla salute. «Il microcontrollore è alla base di molti dispositivi: monitoraggio di infrastrutture, smart tracker del battito cardiaco. Il chip raccoglie dati dai sensori e poi compie dei calcoli». L’Internet of Things ha bisogno di efficienza e la sfida sta proprio nel ridurre i consumi a fronte di performance che non devono calare, anzi.

Nel contesto delle smart city il microcontrollore è pensato per sistemi di monitoraggio che raccolgono e analizzano dati tramite sensori per la manutenzione predittiva. In ambito salute AX-E0 è compatibile con dispositivi indossabili come fitness tracker e smart clothing. Nel 2022, anno di fondazione della startup, il Ceo ha ricevuto il supporto del gruppo italiano GB Invest, a dimostrazione che in questo settore startup e industria possono (devono?) collaborare.
Come ci ha spiegato il Ceo Toschi, Arox ha al momento un team composto da 11 persone. Il chip presentato nei mesi scorsi punta ad applicazioni ultra low power. «Abbiamo chiuso un lavoro per la produzione di rotaie con il nostro sensore per il monitoraggio. È un chip per lo smart tracking, non per applicazioni con altissima computazione». Sull’AI qualcosa comunque si farà. «Il prossimo chip che rilasceremo a fine anno sarà per l’Intelligenza artificiale. Questo è il primo di una famiglia di chip».