Considerata la Startup Nation per eccellenza, Israele incentiva lo sviluppo di startup sul suo territorio e la cooperazione internazionale. Ecco quello che c’é da sapere se si vuole collaborare con Tel Aviv
Ne abbiamo parlato varie volte su StartupItalia. Israele ha adottato un modello di sviluppo e sostegno delle startup che ha fatto scuola nel mondo. La presenza di una legislazione favorevole all’apertura di nuove realtà imprenditoriali, la presenza di università e centri di ricerca all’avanguardia e l’attività di molti fondi di investimento hanno fatto dell’ecosistema israeliano uno dei più dinamici al mondo.
Medicale, automotive, difesa, cybersecurity e agricoltura sono i settori in cui il piccolo Stato mediterraneo sforna startup e imprese innovative. Mobileye, l’impresa che ha sviluppato i sensori di guida assistita oggi montati su milioni di macchine, ha ad esempio messo a segno una exit da 15 miliardi di dollari con Intel. Mentre Vayyar, che ha utilizzato una tecnologia di derivazione militare per sviluppare dei radar utili in diversi settori, compreso quello agricolo, ha ricevuto un investimento da 45 milioni di dollari. Nel solo settore agrifood negli ultimi cinque anni le startup israeliane hanno raccolto 800 milioni di dollari di investimenti su 250 deal.
Insomma, in Israele c’è una cultura imprenditoriale forte, c’é il know-how tecnologico, i fondi di investimento e uno Stato supportivo. Ecco perché alcune startup italiane decidono di traslocare sull’altra sponda del Mediterraneo e perché molte imprese europee aprono centri di Ricerca e Sviluppo proprio a Tel Aviv e dintorni.
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Come fare a partire
Per le startup nostrane che vogliono stringere rapporti con l’ecosistema israeliano un buon punto di partenza é l’Ambasciata italiana a Tel Aviv, oggi presieduta da Gianluigi Benedetti, che ha da poco stretto un accordo di cooperazione scientifica e tecnologica che coinvolge anche le startup, mentre un Bando bilaterale Italia –Israele per progetti congiunti di Ricerca e Sviluppo industriale é stato appena pubblicato.
C’è poi la Camera di commercio Italiano-Israeliana, con sede sempre a Tel Aviv, che supporta l’internazionalizzazione di aziende nei due Paesi. E nella stessa città c’é anche un ufficio dell’ICE, l’Istituto per il Commercio estero italiano, che può fornire informazioni sul Paese.
Il soggetto pubblico che ha il compito di supportare le attività innovative di startup e imprese è l’Israel Innovation Authority. Una realtà giovane (nata ufficialmente nel 2016 e prima denominata Office of the Chief Scientist) che dipende dal Ministero dell’Economia, con sede a Tel Aviv, capitale economica del Paese.L’Autorità gestisce direttamente 24 programmi di incubazione, anche con investimenti diretti e partecipazione nel capitale delle startup.
Anche le startup straniere possono partecipare
La cosa interessante è che i programmi sono aperti anche a startup estere. L’Autorità valuta il profilo del team creativo, l’idea di business, le probabilità di successo e se la startup é disposta a trasferirsi in Israele investe volentieri. Ma nel caso in cui si decida di portare all’estero i frutti dell’investimento israeliano ci sono delle penali.
L’aspetto forse più interessante é rappresentato dalle call for proposal aperte in continuazione dall’Autorità e visionabili sul sito. Ci sono programmi bilaterali tra Israele e altri Stati, ma anche tra Israele e aziende straniere. I Multinational Corporations Program (MNC) sono ad esempio dei programmi attivati da multinazionali estere (anche italiane) che vogliono collaborare con realtà israeliane e in cui il governo finanzia le ‘spese vive’ dei team creativi.
Israele partecipa poi a tutti gli effetti ai programmi di ricerca europei attraverso l’Iserd (Israel-Europe Research & Innovation Directorate) e in questo contesto promuove le partnership di istituti pubblici e privati con partner europei per l’accesso ai fondi comunitari.
Oltre alle attività dell’Autorità per l’innovazione ci sono i programmi aperti da università e aziende private che mirano a portare in Israele expertise oppure a sfruttare il know-how locale. Ad esempio Yissum, la Technology Transfer Company della Hebrew University, ha diversi programmi di accelerazione dedicati alle startup. E aziende italiane come Enel o StMicroelectronics hanno aperto dei programmi di accelerazione a Tel Aviv.
Startup Nation Central è invece una organizzazione senza scopo di lucro che ha mappato le startup israeliane, circa 800, e ha creato un motore di ricerca attraverso il quale e possibile interrogare il database. L’obiettivo é quello di fare matching e incentivare le opportunità di business. Basta interrogare la piattaforma, scegliendo diversi parametri, e contattare la startup che più interessa.
A questo ecosistema bisogna poi sommare i fondi di venture capital, oltre 100 attivi nel Paese, che sono pronti a cogliere le nuove opportunità di business. Molti sono nati con capitale israeliano negli anni ’80, ma la maggior parte raccoglie denari sul mercato, specialmente in Paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.
Per fare un esempio nel solo settore AgriFoodTech ci sono ben nove fondi verticali che investono esclusivamente in startup che sviluppano tecnologie per i farmers e l’industria alimentare. Mentre altri 15 investono su più comparti, compreso l’AgriFoodTech. Per una startup agroalimentare ci sono dunque ben 24 porte a cui bussare. E la facilità con cui le startup trovano capitali di investimento é certamente uno dei fattori decisivi del successo di Israele come Startup Nation.