Quali sono gli obiettivi di call come Energy Ideas Generation Program?
«Il fatto che un acceleratore di startup e un’azienda leader mondiale nella costruzione di turbine a gas uniscano le forze è un segnale di maturazione del mercato. Lo scopo di questo programma, ideato un anno e mezzo fa, è immaginare una sostenibilità nel settore dell’energia che passi da materiali green. E non solo». Così Alessandro Sordi, Ceo di Nana Bianca, ha spiegato a StartupItalia la strategia alla base di Energy Ideas Generation Program, call promossa in collaborazione con Baker Hughes. Sul nostro magazine ve ne abbiamo già anticipato i contenuti: l’iniziativa è aperta fino all’8 agosto ad aziende innovative, in tutto il mondo. Al termine della fase di raccolta di application, saranno individuate cinque startup che avranno accesso non soltanto a un contributo da 20mila euro, ma potranno anche partecipare a un percorso di open innovation per integrare la propria soluzione o tecnologia all’interno dell’infrastruttura di Baker Hughes.
In un momento così complesso nello scenario geopolitico, la questione energetica è tornata di stretta attualità. L’Italia, così come tanti altri paesi, fa i conti con una eccessiva dipendenza dall’esterno. Oltre a questo la transizione ecologica non è una lista dei desideri da scrivere su un foglio bianco: c’è un’infrastruttura esistente con la quale è imprescindibile confrontarsi. Ma è altrettanto vero che le fabbriche sono cambiate negli ultimi anni e tecnologia e software non sono più ospiti fuori luogo. Bensì basi su cui impostare un nuovo sviluppo.
«Oggi, camminando in alcune aree degli stabilimenti di Baker Hughes, sembra di essere dentro Apple o Google – ci ha raccontato Sordi – ci sono zone in cui la realtà aumentata viene sfruttata per fare simulazioni, vengono impiegate stampanti 3D con cui si realizzano componenti delle turbine in acciaio e titanio. La fabbrica che 30 anni fa era una fonderia, oggi è un posto dove il software è predominante». Ed è a questi aspetti innovativi che guarda la call di Nana Bianca.
«Sono stati proprio gli innovation manager di Baker Hughes a indicarci le tre macro aree in cui la call punta a scovare innovazione». Sono ricerca e sviluppo di materiali innovativi per nuove soluzioni per la transizione energetica, gestione intelligente della supply chain, ricerca e sviluppo di soluzioni e tecnologie per decarbonizzare le industrie pesanti. Non è la prima volta che in Nana Bianca vengono accolte startup e idee di business legate alla sostenibilità. Di recente vi abbiamo infatti parlato dell’aumento di capitale di Rifò, così come vi avevamo presentato Blue Eco Line. Entrambe sono startup nel portfolio dell’hub fiorentino, nate dal programma Hubble realizzato in partnership con la Fondazione CR Firenze. Ora il focus, come ha spiegato il Ceo di Nana Bianca Sordi, sarà ancora più settoriale nel campo della sostenibilità.
Non ci sono limiti geografici: qualsiasi startup early stage può inoltrare application per Energy Ideas Generation Program. «Abbiamo un partner tecnico, Impact Hub Italia: ci appoggeremo alla loro rete internazionale». Per innovazioni simili in ambito energetico quali possono essere i mercati da cui ci si può aspettare di più? «Germania, Francia e Giappone. Ovviamente ci attendiamo anche molte proposte dall’ecosistema italiano».
Dieci anni di startup
Ecosistema italiano al quale ci siamo voluti concentrare per concludere l’intervista ad Alessandro Sordi. A dieci anni dalla prima legge che normava le startup nel nostro paese molto è cambiato. Dall’osservatorio di Nana Bianca qual è il punto di vista in merito? «Sicuramente è cresciuta la competenza dei team e delle startup. I progetti che vediamo ora son più strutturati e consapevoli per scalare sul mercato; c’è poi molta più struttura e organizzazione lato fundraising, sono cresciuti i Venture Capital, anche grazie a CDP. Ma non vedo grande crescita lato incubatori e acceleratori. Uno dei limiti normativi più grandi in Italia risiede nel fatto che gli incubatori certificati non possono essere agevolati dall’investimento in startup: Nana Bianca, ad esempio, ha quattro programmi di accelerazione e ogni anno investe in 15/20 società. Siamo nella fascia di mercato che dovrebbe far emergere progetti innovativi, ma al momento non ci sono agevolazioni. Tutto è basato sul mecenatismo».
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In Italia il dibattito sull’innovazione ultimamente si è concentrato molto sugli unicorni, ovvero quelle società (ex startup) valutate oltre un miliardo di dollari. A Sordi abbiamo chiesto se la bontà dell’ecosistema derivi dalla quantità di unicorni oppure se al nostro paese occorra altro. «Fa senz’altro pubblicità, ma non ne cambia le sorti economiche. L’Italia – ha concluso il Ceo di Nana Bianca – è fatta di PMI. Bisogna creare piccole medie imprese innovative e digitali, che possano rimanere sul territorio. Parlo di aziende che fatturano dai 50 ai 200 milioni e che diventano le filiere reali della nostra economia. La multinazionale che nasce in Italia e diventa unicorno alla fine decentralizza per mille motivi. Il valore che una PMI lascia a un territorio è decisamente maggiore».