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Mine Crime ha messo a punto una piattaforma che vuole proteggere e prevenire dai reati commessi in contesti urbani
Tra il 1 agosto 2021 e il 31 luglio 2022 i reati commessi in Italia sono stati 2.116.479, di cui 319 omicidi – 36 dei quali attribuibili alla criminalità organizzata (Fonte: MInistero dell’Interno). Dati in salita rispetto ai 1.875.038 crimini compiuti tra il 1 agosto 2020 e il 31 luglio 2021. Secondo l’ultimo report diffuso dal Viminale, a crescere sono furti, rapine, omicidi. I femminicidi sono aumentati del 15,7%, le rapine sono passate dalle 19.975 del 2021 alle 24.644 del 2022. Stesso trend per quanto concerne i furti, che salgono dai 730.061 del 2021 ai 902.014 del 2022. Risultati che non sono incoraggianti ma con i quali, purtroppo, ci troviamo a dover fare i conti. Per favorire la sicurezza dei cittadini e monitorare le strade è nata una startup. Si chiama Mine Crime e, sfruttando un algoritmo di intelligenza artificiale, è in grado di restituire all’utente una panoramica in real time di quello che sta succedendo attorno a lui. L’obiettivo è quello di rilevare la sicurezza di un determinato contesto urbano e, grazie a una community di esperti, provare a trovare nuove soluzioni a determinate esigenze, verso un nuovo concetto di città in cui la cittadinanza collabora per il bene di tutti e che mette al centro la prevenzione. Ne abbiamo parlato con Giacomo Salvanelli, CEO e co-founder di Mine Crime assieme a Samuel Piatanesi (CTO) e Luca Ruschioni (Database Manager e UX/UI Lead). La startup ha vinto il premio TIM Smart City Challenge, che ha selezionato i migliori team impegnati nella creazione delle città del futuro, tra 170 candidature avanzate provenienti da Paesi anche al di fuori dell’Unione Europea. La motivazione è stata quella di essere in grado di garantire città più sicure per tutti. Mine Crime ha anche recentemente concluso il percorso di accelerazione con B4i – Bocconi for Innovation. La stessa università che le ha fatto da acceleratrice è, poi, divenuta il suo primo cliente.
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Giacomo, come funziona esattamente Mine Crime?
Mine Crime è un software che svolge una doppia attività: essendo collegato a 13.000 data sources online e 3.000 offline – tra i quali blog, forum ecc.. geolocalizza episodi legati al degrado urbano. Questi dati entrano a far parte del nostro database, che conta più di 27 milioni di eventi. Sulla base di questa immensa banca dati abbiamo costruito un’app web alla quale, principalmente le grandi aziende, accedono e hanno la possibilità di poter esplorare i dati inseriti per poterli trasformare in modelli di rischio previsionali. Tutto questo sopraggiunge in aiuto dei reparti di risk e security management per capire come certi episodi potrebbero evolvere in futuro e come potrebbero impattare nei loro asset, sia a livello infrastrutturale che nelle politiche del rischio.
Chi sono i vostri clienti principali?
Operiamo in 6/7 industry diverse: dei trasporti e della mobilità, come Ferrovie dello Stato, nel settore delle telecomunicazioni, come Sky, sino al terzo settore. La stessa Università Bocconi, oltre ad essere stata acceleratrice, è stata la nostra prima cliente nel settore del risk management. Proponiamo una serie di modelli che vengono usati in maniera diversa in funzione della industry. Ad esempio, Ferrovie dello Stato e Sky usano il nostro applicativo e i modelli di rischio per capire le criticità – su base stagionale e mensile – che possono minacciare la sicurezza dei loro asset. Stiamo parlando di modelli attualmente in uso in certi store commerciali, a livello infrastrutturale, nel comparto dell’insurance e nella risk analysis, al fine di ottimizzare l’attività di valutazione. Mine Crime è una piattaforma Saas che rendiamo customizzata in maniera costante. Si adatta, perciò, a tutte le diverse esigenze dei clienti. Al momento si rivolge, principalmente, al settore del B2B, a un target corporate con piani e funzioni differenti.
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E’ molto interessante sapere che Bocconi – che è stata la vostra acceleratrice – è poi diventata la vostra prima cliente. Come è avvenuto questo passaggio?
La coincidenza ha voluto che quando abbiamo iniziato ad avere i primi contatti con la Bocconi, da poco era nato al suo interno il reparto di security e risk management. E’ stata la stessa università a proporci di candidarci per uno dei programmi di accelerazione, che abbiamo poi completato, dopo la fase di scouting e un iter durato da ottobre 2021 a febbraio 2022, con un progetto impattante a livello di prodotto. Oggi questa università ci offre un supporto costante anche lato business e comunicazione, aldilà del supporto tecnico che ci ha aiutato tantissimo in alcune aree in cui eravamo scoperti come tutto il comparto della privacy e dell’amministrazione legale. Il percorso di accelerazione ci ha dato un’intelaiatura che oggi regge con una nostra infrastruttura giuridica e, in secondo luogo, la possibilità di poter accedere a un ampio network. Bocconi porta con sé un network di aziende quasi illimitato. Dobbiamo davvero tanto a questa università che ci ha fatto crescere e migliorare sia sotto l’aspetto tecnico che comunicativo e di awareness, senza smettere mai di incoraggiarci e sostenerci.
In quali mercati operate attualmente?
Il 99% dei nostri clienti sono corporate e multinazionali italiane attive in altri Paesi. Siamo partiti dall’Italia per replicarci in Francia. Ci sono determinate realtà estere che ci chiedono quando ci attiveremo in modo più sostanziale in centro Europa ma il secondo Paese d’interesse, per noi, è il Regno Unito, dove vorremmo arrivare nel 2024. Per questo anno vorremmo affermarci e consolidarci nel mercato italiano.
Quali sono i vostri prossimi obiettivi quindi?
Ora puntiamo ai 400k, felici che stiamo crescendo da soli. Il valore medio dei contratti che chiudiamo coi clienti è corposo e questo ci taglia le gambe al mondo PMI, in relazione al quale stiamo ancora scollegati perché non siamo riusciti a trovare un’ offerta ad hoc, ma è uno dei punti su cui stiamo lavorando in un’ottica di scalabilità.
Quali, se ci sono, ostacoli state incontrando nel vostro percorso?
Accade spesso che il tema della sicurezza e del rischio siano percepiti come un costo e non come valore. Questo avviene proprio soprattutto da parte delle PMI piuttosto che delle grandi corporate le quali, invece, sono tenute a investire un certo volume di budget per la copertura del rischio. Nel caso delle PMI, il valore che percepiscono del rischio è nullo fino a quando non succede qualcosa. Allora si rendono conto che investire in quest’area di interesse non sarebbe sbagliato.
Come è strutturato il vostro team?
Su due livelli: c’è un’area operativa; un’area dedicata alla gestione tecnica e un team di consulenti esterno: alcuni si occupano dell’analytics e altri dell’area sales e amministrazione. Abbiamo anche un’advisory board di cui fa parte Nico Valenti Gatto, direttore operativo di B4i; un settore Marketing e Comunicazione con una figura di altissimo profilo e un’advisory strategica. Contiamo di allargare la squadra, a stretto giro, con un reparto tech e sales. In questo senso, stiamo cercando di identificare le figure più adatte attraverso i nostri intermediari che si occupano di HR.