Per anni in Silicon Valley, ha partecipato a Y Combinator. «Ho vissuto la classica esperienza americana». Poi è diventato investitore full time in Europa. Ora cerca i campioni del climate tech
«Mi sono reso conto che fare l’imprenditore non era il mio. Non riuscivo a focalizzarmi su quel che mi interessava davvero». Stefano Bernardi, nato a Roma nel 1986 dove ha frequentato la facoltà di ingegneria informatica, è un business angel che naviga nell’ecosistema dell’innovazione fin dal 2009. Il suo primo lavoro è stato in dPixel, il fondo di Venture Capital lanciato da Gianluca Dettori dopo la quotazione di Vitaminic in Borsa. Erano gli anni pionieristici per le startup in Italia. «Infatti l’ecosistema era lentissimo. Così sono partito per San Francisco». Qui, tra le tante cose, è stato anche Founder di una startup che ha partecipato a Y Combinator, tra gli acceleratori più famosi al mondo. Ma, come ci ha spiegato in questa intervista, non era proprio il suo. Ripercorriamo dunque il percorso di Stefano Bernardi fino al lancio odierno di Unruly, il fondo di Venture Capital dedicato al deep climate tech che vede Andrea Dusi (lo avevamo intervistato in merito al round di Treccani Futura) come founding LP.
Alcuni italiani vanno negli Stati Uniti per restarci. Altri, invece, raccolgono quel che hanno seminato in termini di contatti ed esperienza e, a un certo punto, tornano in patria. Bernardi è rimasto negli USA fino al 2016, quando ha deciso di ristabilirsi in Italia con la famiglia. Per la precisione in Valsugana, in Trentino. Ma qual è stato l’impatto con la Silicon Valley? «Chi ha sempre letto TechCrunch aveva chiara la situazione: per me è stata un’esperienza eccitante e stimolante, ma non direi sorprendente».
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Tra i suoi primi incarichi, Bernardi è riuscito a diventare l’ombra di Dave McClure, seguendo il fondatore del VC 500 Startups (oggi 500 Global), in tutti i suoi impegni quotidiani. A questo link, che abbiamo ripreso dal profilo LinkedIn, potete scoprire in che modo si è candidato per questo ruolo di grande responsabilità. «Sono stati anni in cui ho vissuto la classica esperienza americana». A un certo punto ha fondato Mission and Market, fondo di Venture Capital: «Abbiamo raccolto tre milioni dollari in Europa per investire in deal a San Francisco. In portfolio siamo arrivati ad avere 52 società, alcune andate molto bene».
Al momento Bernardi è un business angel attivo in startup pre-seed e seed, interessato a singoli verticali tecnologici che spaziano ad esempio anche nel settore crypto. Proprio su quest’ultimo ci ha spiegato come è arrivato a fondare Semantic Ventures, una volta rientrato in Europa all’alba di un periodo di forte crescita per Bitcoin e altre criptovalute. «Mi è esplosa in mano Ethereum, sulla quale avevo investito anni prima. Quando ho capito che era una bomba, ho iniziato a scriverne. Ho lanciato Token Economy (qui il link, ndr), una newsletter molto letta nel settore». Dall’interesse per una materia, è nata poi la voglia di impattare sul mercato.
“Avevo finito le scuse per non lanciare il fondo su una questione che mi interessa. Penso che ci sia anche una questione morale. Ma lo faccio anche perché mi diverte: è un modo sano di investire i soldi”
«Sull’onda di quella esperienza alcuni investitori ci hanno spinto a lanciare fondo dedicato alle crypto». Semantic Ventures ad oggi ha effettuato quasi 30 investimenti in startup. «Poco dopo ho però deciso di non essere più General Partner perché avevo altri interessi, soprattutto su climate, synthetic biology». E così da quel momento Bernardi ha scelto di diventare un investitore full time. «Ho iniziato in Atomico, un angel program, dove mi hanno dato un budget iniziale».
Unruly
Arriviamo dunque al lancio di Unruly, il fondo di venture capital sul climate tech, ovvero quel segmento di mercato dove le startup offrono prodotti, servizi e tecnologie per mitigare e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. «Faccio questo mestiere da anni – spiega Bernardi – Vedo le cose top quality, ho coinvestito in alcuni dei fondi più importanti al mondo. Avevo davvero finito le scuse per non lanciare il fondo su una questione che mi interessa. Penso che ci sia anche una questione morale, ma lo faccio anche perché mi diverte: è un modo sano di investire i soldi».
“Voglio capire se chi mi cerca ha qualcosa di particolarmente nuovo. Poi il team deve essere stellare. Perché l’azienda deve puntare a valere almeno qualche billion”
Il fondo Unruly, come ci ha spiegato Bernardi, è composto da 60 società. «Mi piace essere esposto a queste robe utlramatte». Ma che tipo di startup potrebbero essere interessate a questa nuova iniziativa? «Siamo un fondo globale, di diritto lussemburghese, che investe già in 22 startup. In una giornata posso interessarmi a quel che succede nel nucleare o per quanto riguarda la desalinizzazione». Dunque una piattaforma generalista. Tra le startup già in portfolio segnaliamo Pachama, Heart Aerospace, Twelve, Seaborg. E come ci si può proporre al fondo? Oltre alla classica mail, Bernardi non ha dubbi: Twitter. «È utile vedere come le persone riescono a trovarti: è parte del fare una startup. Voglio capire se chi mi cerca ha qualcosa di particolarmente nuovo. Poi il team deve essere stellare. Perché l’azienda deve puntare a valere almeno qualche billion».