Per capire dove va il futuro dell’innovazione, a volte, bisogna puntare in alto. Con lo sguardo. La Space Economy rappresenta uno dei settori più promettenti nell’industria italiana, popolata in gran parte da PMI e startup. Gli ambiti di sviluppo variano: c’è chi lavora sui micro satelliti e la logistica spaziale, chi sui razzi o sul cosiddetto down stream, applicazioni terrestri derivanti dallo sfruttamento di tecnologie spaziali.
Abituati a sentir parlare di un’Italia che insegue in fatto di innovazione, nella Space Economy le cose stanno diversamente: siamo anzitutto uno dei principali Paesi che contribuiscono a finanziare i lavori e il budget dell’ESA: l’Italia vi ha destinato nel 2023 580 milioni di euro. Nel giorno di SIOS24 Florence, oggi 2 ottobre, vogliamo passare in rassegna alcuni numeri di rilievo per inquadrare il comparto, affiancando i lavori della giornata nella sede di Nana Bianca.
In questo articolo long form abbiamo presentato numeri e dati eloquenti sulle opportunità. Di seguito troverete alcuni estratti da interviste e approfondimenti pubblicati sul magazine. Negli ultimi mesi abbiamo parlato con astronauti come Luca Parmitano e Paolo Nespoli, con il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana Teodoro Valente; all’ultimo SIOS23 Winter, in Borsa Italiana, la scaleup D-Orbit si è aggiudicata il premio di Startup dell’anno. Insomma, abbiamo raccontato il meglio dell’innovazione spaziale.
Space Economy: quanto vale il settore in Italia e nel mondo
Il panorama italiano vanta distretti d’eccellenza in tutto il Paese. Complessivamente sono circa 300 le imprese attive e generano un fatturato superiore ai 4 miliardi di euro. Come dichiarato dal Ministero del Made in Italy alla fine del 2023, l’Italia è un player di rilievo in uno dei mercati più competitivi e in crescita al mondo: nel 2022 il giro d’affari era di 464 miliardi di dollari ed entro un decennio potrebbe sfiorare i 740 miliardi.
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Allargando lo sguardo e tenendo conto non solo dell’impatto diretto, ma pure della crescita e dello sviluppo di nuove imprese, ci sono numeri ancora più imponenti pubblicati nei mesi scorsi dal World Economic Forum: entro il 2035 il comparto Space Economy globale varrà 1,8 trilioni di dollari. La cifra è difficile da immaginare, soprattutto alla luce del fatto che nel 2023 il dato globale era di solo 630 miliardi di dollari, sempre secondo i numeri del World Economic Forum.
L’impegno di CDP Venture Capital sul versante Spazio
Presentato a Milano nella primavera scorsa, il Piano Industriale 2024-2028 di CDP Venture Capital ha espresso l’obiettivo di focalizzarsi su alcuni verticali di investimento, giudicati strategici. La space economy – come si vede nei grafici – è infatti tra gli investimenti strategici diretti che il Fondo effettuerà nei prossimi anni. L’ambito spazio rientra in una ristretta lista (tra cui compaiono CleanTech e Life Science) in cui nei prossimi anni CDP Venture Capital investirà 1,3 miliardi di euro.
L’impegno del Governo e il patto per lo spazio
Nel 2024 il Governo italiano ha approvato la prima legge quadro sull’aerospazio. Il ddl introduce un Piano Nazionale per l’economia dello spazio con una durata di almeno cinque anni, mirato a identificare i fabbisogni del settore e a promuovere investimenti pubblici e privati. Viene inoltre istituito un Fondo pluriennale per il comparto, destinato a sostenere l’innovazione tecnologica e l’uso commerciale delle infrastrutture spaziali, comprese quelle legate al Pnrr. Inoltre, sono previste norme speciali sugli appalti per facilitare l’accesso di PMI e startup ai contratti pubblici e per promuovere il settore aerospaziale.
Nelle scorse settimane si sono tenuti gli Stati Generali della Space Economy, evento promosso dall’Intergruppo Parlamentare per la Space Economy. Ne è emerso un Patto per l’Economia dello Spazio. Questo è uno dei punti decisivi, che si collega al recente rapporto Draghi sulla competitività europea: «La competitività dell’industria, oltre a garantire il più efficiente impiego delle risorse pubbliche, è un fattore chiave che permette all’industria italiana di operare con successo anche sul mercato globale, condizione necessaria data la dimensione del mercato domestico e continentale, largamente inferiore a quella dei mercati delle altre potenze spaziali».
Nello stesso documento si legge che «l’obiettivo è potenziare il settore privato attraverso strumenti finanziari innovativi e partenariati pubblico-privati. Promuovere un maggiore investimento privato rinforzando il contributo pubblico è la ricetta per il successo italiano nel settore. La legge nazionale sullo spazio presentata nel 2024 offre nuove opportunità di finanziamento per startup e PMI italiane».
In questo long-form che pubblichiamo oggi, in occasione di SIOS24 Florence, trovate le migliori interviste fatte ad astronauti, imprenditori ed esperti del settore per navigare al meglio la complessità della Space Economy, ambito in cui l’Italia vanta eccellenze internazionali, dalle startup alle PMI. Questo è il settore, con le sue Intelligenze spaziali.
Space economy: il viaggio nel magazine
Lo startupper italiano che dall’Olanda atterra pure in Italia. «Siamo anche a Torino perché è la città dello Spazio»
Revolv Space, startup attiva nel settore spaziale, ha scelto Torino come base per le sue operazioni commerciali, puntando su una città sempre più centrale nella Space Economy italiana. Fondata da due ex ingegneri del Politecnico, l’azienda ha una doppia sede, in Olanda per ricerca e sviluppo e in Piemonte per le attività legate al business. «Torino è la città dello spazio», ha dichiarato il cofounder Filippo Oggionni, sottolineando la presenza di un ecosistema industriale e universitario dinamico. Revolv Space si concentra sulla realizzazione di infrastrutture di supporto per la Space Economy, lavorando sia su tecnologia hardware e software.
Parmitano: «Pmi e startup rivoluzionano il volo spaziale. Europa centrale per tornare sulla Luna»
Luca Parmitano, astronauta italiano dell’ESA, ci ha raccontato come le PMI e le startup stanno contribuendo all’evoluzione del volo spaziale. Con la rinnovata corsa allo spazio, l’Europa vuole essere protagonista e il ritorno sulla Luna è uno degli obiettivi principali. «Le startup possono fornire soluzioni innovative e flessibili che i grandi attori non sono sempre in grado di offrire», ha affermato Parmitano. Il coinvolgimento delle nuove realtà imprenditoriali è visto come essenziale per accelerare il progresso tecnologico, in un contesto competitivo che include attori internazionali come NASA e SpaceX.
Ortaggi da serre spaziali: la sfida della startup di Franco Malerba, il primo astronauta italiano
Franco Malerba è stato il primo astronauta italiano: ha volato a bordo dello shuttle Atlantis il 31 Luglio 1992, col compito di trasportare il laboratorio Eureca e il “satellite a filo” italiano, il Tethered. Oggi sta lavorando a un progetto ambizioso: coltivare ortaggi nello spazio. La sua startup – Space V – punta a sviluppare serre in grado di sostenere coltivazioni in condizioni extraterrestri. «Lo spazio non è solo esplorazione, è anche una risorsa per la sopravvivenza umana», ha detto Malerba. Il progetto si inserisce nell’ambito delle future missioni di lunga durata, come quelle verso Marte, dove la necessità di produrre cibo sarà cruciale per la riuscita delle missioni. L’obiettivo è creare un ciclo autosufficiente di produzione di alimenti nello spazio.
Space Economy: dalle startup flessibilità e dinamismo. In Italia mercato da 2 miliardi di euro
La space economy italiana è in crescita, con un mercato stimato intorno ai 2 miliardi di euro. Le startup svolgono un ruolo chiave, grazie alla loro capacità di adattarsi velocemente alle richieste del mercato. «Le startup italiane sono la spina dorsale dell’innovazione nel settore spaziale», ha spiegato a StartupItalia Teodoro Valente, il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. La combinazione di nuove tecnologie, come satelliti in miniatura e sistemi di lancio a basso costo, ha creato un ambiente fertile per lo sviluppo di nuovi business. Le opportunità di crescita sono sostenute anche dal Pnrr e da fondi europei che favoriscono la ricerca e lo sviluppo nel campo delle tecnologie spaziali.
Palloni nella stratosfera: il nuovo business delle startup
Le startup stanno sfruttando i palloni stratosferici come piattaforme di osservazione e comunicazione a lungo termine. Questi dispositivi sono visti come un’alternativa ai satelliti tradizionali, grazie alla loro economicità e flessibilità. «Ci stiamo concentrando sempre più sull’osservazione terrestre, ma siamo in grado di offrire quasi tutti i servizi che un satellite può offrire a un prezzo più basso», hanno detto Claudio Piazzai e Jonathan Polotto, membri del team. Le startup italiane e internazionali stanno investendo sempre di più in questa tecnologia, che permette di ridurre i costi di lancio e gestione rispetto ai sistemi spaziali tradizionali, offrendo soluzioni innovative per la space economy.
L’impresa spaziale di Andrea: entra all’International Space University di Houston col crowdfunding
L’International Space University (ISU) continua a formare le menti che guideranno il futuro della space economy. Offre corsi che attirano studenti da tutto il mondo, inclusa l’Italia. Andrea Troise ha 25 anni ed è un dottorando dell’università di Bari. «Ho scoperto il costo del programma nel momento esatto in cui sono stato ammesso. Mi hanno scritto una lettera in cui mi dicevano che avevo passato le selezioni e vinto una borsa di studio dal valore di 12 mila euro». Il programma però costava 20 mila euro. Così Andrea ha avuto un’idea: lanciare una campagna di crowdfunding, raccontare la sua storia e così in meno di 48 ore ha raccolto 8mila euro. In cambio ha promesso di non essere il solito cervello in fuga, di andare a Houston e poi tornare e contribuire alla grandezza della Puglia in ambito aerospaziale.
Davide Nejoumi, 24 anni, e la startup che costruisce microsatelliti: «Mi ha ispirato Piero Angela»
A 24 anni Davide Nejoumi ha fondato Delta Space Leonis, startup che sviluppa microsatelliti. La sua passione per lo spazio è nata grazie alle trasmissioni di Piero Angela. «Era quel momento pazzesco in cui tutta la famiglia si radunava davanti alla televisione. Non c’era Netflix o le serie da scaricare. C’erano i programmi TV e Piero Angela. La persona che più mi ha ispirato quando ero un ragazzino. Mi ha insegnato il piacere della scoperta». La sua azienda si occupa di costruire satelliti di piccole dimensioni, utilizzabili per missioni di comunicazione e monitoraggio ambientale. Grazie ai costi ridotti e alla velocità di sviluppo, i microsatelliti stanno diventando una tecnologia chiave nella Space Economy, consentendo a piccole aziende e startup di accedere a soluzioni prima riservate solo ai grandi colossi del settore.
Intervista a Paolo Nespoli: astronauta e startupper
Paolo Nespoli, astronauta italiano veterano, ci ha raccontato la sua esperienza nello spazio e il suo nuovo ruolo nel settore. Ha lavorato più di 300 giorni a bordo della Stazione Spaziale Internazionale. «Per innovare e trovare soluzioni che impattino su larga scala, migliorando la vita delle persone, è necessario alzare l’asticella della realtà e accettare sfide impossibili». Attualmente è coinvolto in diversi progetti che mirano a migliorare l’efficienza delle missioni spaziali e a rendere più accessibili le tecnologie ad aziende di piccole dimensioni. La sua visione è chiara: «Consiglio di sognare senza farsi condizionare dalla realtà. I giovani sono particolarmente interessanti perché la loro inesperienza può rappresentare un vantaggio».
I piani spaziali di D-Orbit: startup dell’anno a SIOS23. «Con il round da 150 milioni di euro puntiamo all’America»
D-Orbit, startup leader nel settore della logistica spaziale, ha chiuso nel 2023 un round di finanziamento da 150 milioni di euro. È stata la startup dell’anno a SIOS23 Winter in Bocconi. «Puntiamo a diventare il prossimo unicorno made in Italy grazie al nostro team internazionale dislocato tra Italia, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti – ha spiegato Andrea Rossi, CFO – I presupposti ci sono, quest’anno il nostro fatturato è raddoppiato rispetto al 2022». D-Orbit sviluppa sistemi di trasporto spaziale per satelliti, offrendo soluzioni chiavi in mano che riducono i tempi di attesa per il lancio e l’installazione di satelliti commerciali.
Nello spazio con Francesco Tombesi, astrofisico ex NASA che studia i buchi neri. «La copertina su Nature? Nata in pausa caffè»
La storia di Francesco Tombesi, astrofisico con un’esperienza di oltre 10 anni alla NASA, negli Stati Uniti. È esperto di buchi neri. «Studiando le galassie si è visto che alcune sono estremamente attive. Nel tempo si è capito che tutte hanno al centro un grande buco nero. E non si sa ancora perché». La ricerca si concentra sulla possibilità di rilevare fenomeni legati ai buchi neri, che potrebbero svelare nuove conoscenze sull’origine dell’universo. L’italiano, ora professore universitario a Roma Tor Vergata, ci ha parlato anche di segnali da captare dall’universo. «Non cerchiamo qualcosa in particolare. La cosa più realistica da aspettarsi sarebbe trovare tracce. Se riuscissimo a captare segnali o mandarli significherebbe che saremmo entrambi a livelli tecnologici avanzati. L’universo sarebbe comunque uno spreco se ci fossimo soltanto noi».
Intervista all’astronauta Walter Villadei: «Prepararsi per le missioni future significa spingersi oltre i confini noti»
Walter Villadei, astronauta dell’Aeronautica Militare italiana, ci ha raccontato la sua preparazione per le future missioni spaziali. Con alle spalle un intenso addestramento e diverse missioni in orbita, Villadei ha sottolineato l’importanza della collaborazione internazionale. «Ho imparato ad affrontare i miei limiti. Limiti di tipo cognitivo. E per quanto l’addestramento sia finalizzato a dare agli astronauti straordinarie abilità, quando arrivi a quel punto zero, in cui tutto si accende per la prima volta, ti ritrovi un uomo travolto dalle emozioni». Nel corso dell’intervista, ha parlato anche del futuro della Space Economy, in cui le startup avranno un ruolo chiave nell’innovazione tecnologica. L’astronauta vede nello spazio non solo un’opportunità per l’esplorazione, ma anche per l’evoluzione del business, con un occhio attento al contributo delle nuove imprese aerospaziali.
Coltivare patate su Marte? «Così impareremo a usare meglio le risorse sulla Terra»
«Ero bimbetta quando c’è stata la telecronaca dell’allunaggio. Ed ero una giovane ricercatrice quando hanno assemblato la Stazione Spaziale Internazionale. Raccontare il viaggio nell’agricoltura spaziale è stato anche un modo per rivivere il mio percorso». Stefania De Pascale, originaria di Napoli, è professoressa ordinaria di Orticoltura e Floricoltura presso il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II nel capoluogo campano. Con lei, autrice di Piantare patate su Marte. Il lungo viaggio dell’agricoltura, abbiamo parlato di un argomento forse un po’ trascurato quando si parla di Space Economy. Perché senz’altro avremo bisogno di razzi e tecnologie per tornare sulla Luna e spingerci oltre. Ma come faremo a sopravvivere se non ci focalizziamo sull’alimentazione dei futuri cosmonauti?