«Mohammad bin Salman vuole replicare lo spirito imprenditoriale di Tel Aviv». Così Matteo Legrenzi, co-autore del libro “Le monarchie arabe del Golfo”, edito da Il Mulino. Lo scenario mediorientale visto dalla prospettiva saudita, il ruolo di Riad e le ambizioni su tecnologia e innovazione
Quasi un mese è passato dal tragico attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre. Sono migliaia i morti tra i civili, soprattutto nella Striscia di Gaza a seguito della reazione bellica da parte del governo di Netanyahu. Su StartupItalia abbiamo raccontato l’evolversi della situazione dalla nostra angolazione, mettendo in evidenza anzitutto le possibili future mosse di Israele, la startup nation dove negli ultimi 3 anni sono stati investiti oltre 50 miliardi di dollari in venture capital. Il tema che abbiamo scelto di affrontare riguarda un altro Paese strategico della regione, l’Arabia Saudita, con il quale da tempo Netanyahu sta negoziando per siglare un accordo di normalizzazione sul modello degli Accordi di Abramo con gli Emirati Arabi Uniti e gli USA del 2020. Ci siamo fatti aiutare da Matteo Legrenzi, docente di Scienza Politica all’Università Ca’ Foscari di Venezia e autore insieme a Cinzia Bianco di Le monarchie arabe del Golfo. Nuovo centro di gravità in Medio Oriente, edito da il Mulino.
Leggi anche: Israele, Startup Nation alla prova della guerra. «Per recuperare gli ostaggi in campo anche l’AI» [ESCLUSIVA]
Gli Accordi di Abramo
«Se parliamo di accordo tra Israele e Arabia Saudita dobbiamo guardare a quello che rappresenta una sorta di precedente – ci spiega Legrenzi citando gli Accordi di Abramo -. Mi riferisco alla normalizzazione dei rapporti tra Emirati Arabi Uniti e Israele, accolto da parte della comunità degli affari emiratina con un entusiasmo che ha sorpreso tutti». In politica estera quel risultato è stato più volte preso a modello dalla destra repubblicana, dall’ex presidente USA Trump, ma il plauso è arrivato anche da rappresentanti del mondo innovazione e tech statunitense (citiamo l’endorsement nel podcast All In, uno dei programmi del settore più seguiti a livello internazionale). Senz’altro i fatti del 7 ottobre e quanto accaduto in seguito hanno frenato e freneranno i lavori diplomatici per trovare una stabilizzazione nell’area. Nella visione di Netanyahu fare un accordo con gli emiratini e i sauditi, vale a dire con buona parte del mondo arabo, dovrebbe in qualche maniera semplificare la pace con i palestinesi.
«Credo che il principe Mohammed bin Salman abbia nei suoi piani un accordo simile – ha aggiunto Legrenzi -. Ha espresso la necessità di attrarre professionisti dal momento che ha una visione verso il 2030. Vuole mutuare lo spirito imprenditoriale di Paesi come Israele». Su StartupItalia ci siamo soffermati più volte sui piani di MBS a breve e lungo termine, senza mai trascurare le lacune clamorose di un Paese autocratico in termini di diritti umani e civili. Israele – meno di 10 milioni di abitanti – ha numeri che l’hanno reso uno dei Paesi più innovativi al mondo, polo d’eccellenza per cybersecurity e agritech. L’Arabia Saudita – oltre 34 milioni di abitanti – vuole bruciare le tappe e diventare entro fine decennio un Paese leader nel campo delle smart city, del biotech, così come dell’intrattenimento, del gaming e dello sport.
Le prospettive su Riad
Nel libro Legrenzi e Bianco spiegano le affinità tra Arabia Saudita e Israele, soprattutto in materia di tecnologia e innovazione. I due Paesi cooperano in materia di intelligence e di cybersecurity, al punto che MBS era sul punto di vergare il trumpiano Deal of the Century, ovvero quegli Accordi di Abramo in cui è rientrato il Bahrein. La cui capitale, Manama, offre una piattaforma per proseguire i contatti tra i due Paesi. «In Arabia Saudita rimane simpatia da parte di molti per la causa palestinese», ha aggiunto l’autore secondo il quale Riad, con tutti i suoi limiti, è cambiato negli ultimi anni. «Non vuol dire che ci si avvierà verso la democrazia, rimane un paese autocratico. C’è un generosissimo schema di borse di studio per studiare all’estero, ad esempio in Corea del Sud, con cui Riad ha un legame forte per quanto riguarda le industrie tech. Ricordo poi che il gabinetto saudita ha un numero elevato di membri con Phd americani. Quelli che da noi sarebbero direttori generali, lì sono ministri. È un qualcosa di buon auspicio dal mio punto di vista».
Lo scenario geopolitico è in evoluzione e senz’altro questa zona di mondo continuerà ad avere un peso, sia per quanto riguarda il tema energetico, ma forse anche per i risultati che i miliardi di dollari investiti da MBS daranno. Gli accordi con Israele potrebbero arrivare, ma come si presenterà Tel Aviv all’appuntamento? «Non credo che quanto accaduto il 7 ottobre cambierà molto. Quella tragedia ha dimostrato però che non ci sono scorciatoie militari. Quella di Hamas è stata una trappola per Israele. Ora cosa si può fare? Invadere la Striscia di Gaza e gestire le vite di milioni di persone ostili?».