Torneremo sulla Luna, per restarci. Marte? Occorre tempo (e molto altro)
Era il 12 aprile del 1961 quando l’Unione Sovietica raggiunse un traguardo storico: Yuri Gagarin fu il primo uomo ad andare nello Spazio, compiendo un’orbita intorno al mondo in meno di due ore a bordo della Vostok 1. Oggi ricorre appunto la Giornata internazionale del volo spaziale umano: è il momento per celebrare una pagina fondamentale del Novecento, a cui ne seguirono molte altre. All’epoca tutto si giocava sullo scacchiere della guerra fredda e ogni piccola grande conquista dello Spazio rappresentava una vittoria da sventolare in patria, per stabilire un primato rispetto al fronte opposto. Oggi la situazione è diversa e non meno complessa: non ci sono più soltanto i soliti Stati. Il mercato si è aperto ai soggetti privati come la SpaceX di Elon Musk e paesi come Cina e India hanno programmi e obiettivi ambiziosi per la space economy. «Il settore offre ancora tante opportunità per le startup: è chiaro, ci sono regole ed esperienze da fare prima di sviluppare prodotti. Se ci si vuole occupare del segmento upstream occorre sapere che è capital intensive». A parlare è David Avino, founder e Ceo di Argotec, azienda con sede a Torino che lavora su microsatelliti e non solo.
Lo Spazio per tutti
Di Argotec vi abbiamo già raccontato su StartupItalia, soprattutto perché non sono stati pochi i casi in cui questa ex startup ha collaborato con aziende innovative per aprire le porte dello Spazio anche a società che potrebbero sentirsi lontane dalla space economy. Nel 2016 c’è stato il lavoro con Gnammo, per far scoprire il cibo spaziale a noi terrestri. La lista, da allora, si è allungata e le competenze sono diventate sempre più settoriali. «Negli ultimi sei, sette anni – ci ha raccontato Avino – ci siamo concentrati ancora di più sui nostri due pillar: il comfort per gli astronauti e lo sviluppo di microsatelliti».
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Argotec, età media 32 anni
Al momento Argotec ha un team di settanta persone, distribuite tra l’Italia e gli Stati Uniti. «L’età media è di 32 anni», ha aggiunto Avino. Fondata nel 2008 quando la space economy, così come tutto il dibattito sull’innovazione, non erano ancora così sentiti in Italia, l’azienda è riuscita a distinguersi fino ad essere selezionata dalla NASA: ArgoMoon, uno dei suoi satelliti, parteciperà alla missione Artemis per riportare l’uomo sulla Luna.
Marte può attendere: prima la Luna (di nuovo)
Ma visto che è la Giornata internazionale dell’esplorazione spaziale umana, ci siamo soffermati su alcune suggestioni che stanno conquistando l’immaginario di milioni di persone in tutto il mondo. Davvero l’uomo può sperare di andare su Marte, in un tempo ragionevole? «Concentriamoci prima sulla Luna – ha precisato David Avino – Sarà una milestone importantissima e darà grande consapevolezza. Per quanto riguarda il Pianeta Rosso ci sono ancora tante problematiche. Sul nostro satellite, invece, abbiamo le capacità. Un conto, però, è tornare. Un altro è rimanerci».
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Sempre più spesso si sente parlare di colonie lunarie, basi stabili in cui uomini e donne addestrati potranno operare con diversi tipi di mansioni. «Parliamo di worker, figure che ad esempio potrebbero estrarre risorse o materie prime non terrestri e portarle qui». Un lavoro ovviamente per pochi, ma non è detto che andare nello Spazio richiederà sempre un addestramento da astronauti. Tutto dipenderà dalla sicurezza dei viaggi, dalla tecnologia. «Se fai il turista in volo suborbitale, agganciato con cinture di sicurezza, hai soltanto bisogno di un fisico idoneo».
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Turismo spaziale
Le prospettive per il turismo spaziale sono ancora ovviamente circoscritte alle possibilità economiche di chi può concedersi esperienze simili. Dalla Virgin Galactic di Richard Branson alla Blue Origin di Jeff Bezos, sta crescendo una nicchia di mercato che investe su queste (molto preziose) opportunità. Eppure l’ammirazione per le imprese spaziali assiste a un nuovo slancio da parte dell’opinione pubblica. Gli occhi, ovviamente, sono fissi su Marte, dove le capacità, la psicologia e le innovazioni saranno decisive. «Un viaggio andata e ritorno verso Marte richiede almeno 24 mesi. Sei mesi soltanto per andare – ha calcolato David Avino -. Ma non è soltanto una questione di propulsione: sul pianeta rosso le radiazioni possono essere estremamente dannose per l’uomo; in più non bisogna scordarsi della tenuta mentale dell’equipaggio». Soprattutto nei lunghi mesi di traversata.
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Una frontiera per innovatori
Negli anni qualcosa è sicuramente cambiato rispetto all’esplorazione spaziale. Un tempo, purtroppo, ai talenti che rendevano tutto questo possibile (ma da Terra) non veniva riconosciuto il doveroso merito, soprattutto quando si parlava di donne (ecco perché è opportuno, in date simili, recuperare una pellicola come Il diritto di contare). Oggi l’attenzione guarda fortunatamente anche alle aziende, agli innovatori e agli ingegneri che dimostrano quanto l’esplorazione spaziale non sia un percorso per eletti, ma una strada in cui tutti possono dare il proprio contributo.