Mario Rasetti è professore emerito di Fisica teorica al Politecnico di Torino, e presiede lo Scientific Council di CENTAI, il centro di ricerca sull’Intelligenza Artificiale partecipato da Banca Intesa Sanpaolo. Nella sua articolata carriera di scienziato, ha lavorato a lungo all’Advanced Study di Princeton e non solo: Rasetti è stato protagonista di numerosi progetti europei.
Ha operato come promotore del ‘pensiero computazionale’, visto in una chiave di grande rigore matematico, passando dalla meccanica statistica, alla scienza dei sistemi complessi, alla fisica della computazione quantistica e infine alla Intelligenza artificiale. In quest’ultima ha promosso una prospettiva ispirata dalla teoria dei campi e dalla teoria dei sistemi dinamici topologici. «Il machine learning delle AI dovrebbero seguire dei protocolli per fare chiarezza in un mondo ancora oscuro». Startup Italia ha incontrato il Professor Rasetti per fare il punto sull’Intelligenza artificiale.
Intervista a Mario Rasetti
Perché professore, secondo lei, l’Intelligenza artificiale dovrebbe essere considerata una scienza?
L’Intelligenza artificiale è praticata per lo più da scienziati ma non è una scienza. Se io e lei affrontiamo lo stesso problema utilizzando una delle tante machine learning, otterremo risultati profondamenti diversi. La machine learning deve estrarre un sottoinsieme di dati ed individuare una tendenza. Non esiste ad oggi nessun teorema che insegni come scegliere in modo ottimale questo training set di riferimento.
«Non esiste nessun teorema che insegni come scegliere in modo ottimale un training set per istruire le Intelligenze artificiali»
Cosa si potrebbe fare a riguardo?
Ci sono vari lavori recenti, ad uno di questi ho contribuito personalmente, che dimostrano che compiendo alcune scelte sui training set, non è possibile determinare una situazione precisa. Se introducessimo dei metodi scientifici, eviteremmo di avere sul mercato prodotti poco affidabili.
Cosa significherebbe trasformare l’IA in una scienza?
Le faccio un esempio. Prendiamo l’equazione di Newton. Chiunque progetti un sistema meccanico sa esattamente cosa deve aspettarsi facendo una determinata cosa. Se non ottiene quel risultato vuol dire che ha sbagliato.
Questo non avviene per l’Intelligenza artificiale?
No. Ciò non toglie che l’IA faccia cose grandiose tanto che io credo che sia una vera e propria rivoluzione per la nostra società probabilmente più incisiva di quanto lo è stata l’invenzione della scrittura o della stampa a caratteri mobili di Gutenberg. A volte sorrido ripensando a quando Platone nel 400 AC diceva che la scrittura avrebbe fatto perdere molte cose buone come la capacità di memoria da dove nasce il nostro pensiero. Siamo esattamente nella stessa situazione
Lei ha studiato a fondo ChatGPT, cosa ne pensa?
Ho studiato ChatGPT 4 e un po’ potuto vedere anche alcuni punti della versione 5. Mi ha colpito che sembra funzionare benissimo … per caso. L’idea che sta dietro a questi sistemi è grandiosa perché stanno cercando di costruire un modello linguistico che funziona come quello umano. Quando due amici si trovano al bar a conversare, portano con sé la propria visione di vita, la propria conoscenza, la propria esperienza, che riversano nella conversazione in corso.
Una sfida ambiziosa…
Già. La sfida ambiziosa di chi si sta occupando di IA, al momento Google e Microsoft la fanno da padrone, è portare nel loro modello di linguaggio, tutto lo scibile umano recuperabile attraverso il web, miliardi di conversazioni e messaggi, per creare un bagaglio di conoscenza grande come quello di tutta l’umanità. Nonostante tutto questo, dopo aver provato vari chatGPT, le posso dire che il test di Turing non lo hanno ancora superato. Si capisce ancora che è una macchina: questa sa tutto, ma non è capace di emozioni e sentimenti.
«Per misurare l’intelligenza umana dovremmo inventarci una nuova matematica»
Uno dei problemi di fondo è che non esiste una definizione oggettiva di intelligenza. Anche un frigorifero è considerato intelligente perché riconosce i cibi che vengono introdotti all’interno…
Ad oggi non esiste una definizione univoca di intelligenza. Forse le neuroscienze si stanno avvicinando ad una definizione attraverso il concetto di connettoma. Stabilire una funzione di stato, cioè una funzione che raccolga e quantifichi le cose che il cervello sta facendo in ogni istante, e su questa funzione andare a definire le operazioni che il cervello svolge è una cosa complicatissima anche perché esistono tanti tipi di intelligenze, quella emotiva, quella razionale, etc. Per misurare l’intelligenza umana dovremmo inventarci una nuova matematica, ad oggi appare quasi impossibile.
«L’Intelligenza artificiale pone questione etiche, linguistiche, sociali, andrà a ridefinire il mondo in cui viviamo. Avrà un impatto superiore a quello che ha avuto l’invenzione della stampa di Gutenberg»
Si parla tanto di IA ed è sempre difficile capire se siano più i problemi o le opportunità: lei come si pone?
L’Intelligenza artificiale entrerà nelle nostre vite in modo preponderante, ci potenzierà ma servirà anche ridefinire il mondo in cui viviamo.
Come?
Mi ha colpito molto l’episodio di una giovane studentessa che è stata stuprata nel metaverso, ovvero il suo avatar ha subito abusi da altri avatar. Fisicamente la signorina non è stata toccata ma psicologicamente ha subito un trauma pari a quello che avrebbe avuto se fosse stata violata nel corpo. Allora anche alla parola stupro dobbiamo assegnare un contenuto di verità più ampio di quello usato fino ad oggi. L’Intelligenza artificiale pone questione etiche, linguistiche, sociali, andrà a ridefinire il mondo in cui viviamo.
«Nella partita su AI tra Stati Uniti e Cina, l’Europa gioca il ruolo di arbitro. Il problema è che non ho mai visto arbitri vincere partite»
In tutto questo fermento, L’Europa sta cercando di regolamentare l’Intelligenza artificiale. Lei a suo tempo non firmò la petizione voluta da Musk per sospendere l’addestramento delle AI.
Io faccio lo scienziato e se mi pongono dei paletti a ciò che posso esplorare, mi arrabbio. Non ho firmato quella petizione per un altro motivo però, perché era solo ipocrisia. Musk vuole mettere elettrodi nella corteccia cerebrale agli esseri umani e gestire i loro dati e poi vuole fermare l’IA? Le legge europea è molto buona ed è la prima al mondo ad introdurre una regolamentazione.
È una questione di priorità?
Negli Stati Uniti o in Cina temi come la privacy, la riservatezza come rispetto della proprietà dei dati personali, non sono una priorità. È anche vero che i grandi giocatori sull’Intelligenza artificiale sono proprio Stati Uniti e Cina. Diciamo che la Cina nella corsa agli LLM, modelli di linguaggio estesi, è stata un po’ rallentata da motivi culturali.
Cioè?
Noi abbiamo una lingua che si scrive con le parole e le parole a sua volta sono composte da lettere. In Cina si usano gli ideogrammi che spesso sono insiemi di parole quindi una complessità maggiore da gestire. Se Cina e Stati Uniti sono i grandi giocatori dell’IA, noi siamo bravi a fare gli arbitri. C’è un problema però: non ho mai visto un arbitro vincere una partita …
Però anche gli Stati Uniti si stanno rendendo conto che la questione IA è da gestire. Cosa ne pensa della causa che il New York Times sta intentando contro Open AI?
Mi dispiace per il NYT che apprezzo molto, ma questa causa la perderà. Nel momento che un articolo, un libro, una canzone, viene rilasciata e si pagano i diritti per accedervi, l’informazione diventa pubblica. Chiedere diritti ogni volta che viene usato uno specifico frammento di informazione, non ha molto senso. Se ho scritto un libro o venduto un giornale è perché volevo fosse letto e l’informazione condivisa e usata per andare avanti.
Ma non si rischia di compromettere il lavoro dei giornalisti?
Non ho dati certi ma una buona parte di quello che circola sul web, è scritto da Intelligenze artificiali. I giornalisti non spariranno, semplicemente l’IA alzerà l’asticella. I giornalisti si occuperanno di critica, previsioni, analisi e commenti. L’Intelligenza artificiale è costruita secondo matrici e modelli che massimizzano la probabilità di ottenere frasi di senso compiuto partendo da dei dati e questo lo fa benissimo.
Bisognerà essere creativi?
Essere creativo vuol dire affermare l’improbabile, rompere paradigmi, violare protocolli, è quella la nostra salvezza. Peraltro, io non ho mai pensato che l’IA fosse un mostro sociopatico che di darà da fare per prendere il sopravvento sull’umanità. Penso invece che ci aiuterà a far crescere la nostra civiltà.
In che modo?
Nella storia dell’uomo ci sono sempre stati degli step evolutivi dall’homo sapiens in poi, oggi stiamo vivendo un ulteriore salto grazie all’IA, verso l’homo sapiens sapiens sapiens. L’ambiente ha sempre giocato un ruolo fondamentale nell’evoluzione umana. La giraffa ha il collo lungo perché ha dovuto adattarsi all’ambiente in cui viveva. Noi oggi tutti abbiamo uno smartphone in tasca che aumenta la nostra connettività e sta cambiando i valori etici. Questo ci accompagnerà nel processo evolutivo, facendoci diventare migliori ed allo stesso tempo migliorando l’IA.
Proprio parlando di dati, lei ha calcolato che connettendo 150 miliardi di dispositivi nel mondo, in dodici ore si generano i dati prodotti in tutta la storia dell’umanità. È impressionante.
È quello che gli scienziati definiscono il tempo di raddoppio, ovvero il tempo in cui produciamo tanti dati quanti quelli prodotti da tutta la storia dell’umanità fino a quel momento e tra poco sarà di dodici ore nel momento in cui i sistemi intelligenti distribuiti, la domotica, ad esempio, saranno molto più diffusi.
«In dodici ore produciamo tanti dati quanti quelli prodotti dalla storia dell’umanità. Senza l’Intelligenza artificiale è impossibile gestire una tale quantità di dati»
Siamo pronti a gestire un’infinità di dati di questo tipo? E verranno utilizzati per un bene comune?
Senza l’Intelligenza artificiale non è possibile gestire una mole di questo tipo di dati e lei lo fa molto bene. Avrà letto la storia dell’algoritmo Alphazero che ha battuto il campione mondiale di GO che è un gioco orientale complicatissimo. Mentre negli scacchi si riesce a stimare il numero di partite possibili, un numero di centoventi cifre, con GO è impossibile anche questo. Si può stimare solo il numero di mosse della partita più lunga che è un numero di sessantaquattro cifre.
Cioè?
Vuol dire che, se una coppia di giocatori di GO facessero una mossa al secondo, impiegherebbero nove miliardi di anni a finire la partita, più dell’età dell’universo … questo per dire quanto sia complesso il gioco. Ebbene, l’algoritmo Alphazero ha battuto il campione del mondo di GO e lo stesso algoritmo poi è stato impiegato con successo per risolvere il problema del ‘protein folding’. Grazie a questo algoritmo sarà possibile dunque a breve avere, ad esempio, una farmacologia personalizzata per singolo paziente.
Quindi lei è ottimista?
Sono ottimista sull’Intelligenza artificiale, sulla stupidità umana no.