Un team di ricercatori svedesi sta testando una tecnologia che permette di stampare in 3D tessuti umani: in futuro si potranno realizzare “pezzi di ricambio” per naso, orecchie e ginocchia
Quello della stampa 3D è un mercato che in solo tre anni arriverà a sfiorare i 27 miliardi di dollari, secondo stime di International Data Corporation. Una crescita che coinvolgerà diversi settori, dall’automotive alla produzione di beni di consumo, dal settore militare all’industria medica e farmaceutica. E proprio riguardo al settore biomedico, su Nature Biotechnology è stato pubblicato lo studio di un team di ricercatori svedesi del Wallenberg Wood Science Center, che ha deciso di utilizzare delle speciali stampanti 3D per riprodurre organi e tessuti umani. Per produrre tessuto cartilagineo tridimensionale è stato necessario realizzare un “inchiostro” contenente cellule umane viventi.
La tecnologia del bioprinting
“Il bioprinting tridimensionale è una tecnologia dirompente, che promette di rivoluzionare l’ingegneria dei tessuti e la medicina rigenerativa”, spiega il responsabile del progetto, Paul Gatenholm. Grazie a questa stampante 3D infatti, sarà possibile fabbricare cartilagine umana viva, capace di crescere e prendere la forma desiderata fino a formare dei veri e propri “pezzi di ricambio” per il nostro corpo.
Tutto ha inizio da un inchiostro speciale
Per creare il suo bio-inchiostro, la squadra di Gatenholm ha miscelato le cellule umane del tessuto cartilagineo condrociti – con minuscole fibre di cellulosa del legno (o prodotta dai batteri) e altre molecole complesse – polisaccaridi – estratte dalle alghe brune. Utilizzando questo mix di ingredienti i ricercatori sono riusciti a stampare le cellule umane vive secondo una precisa architettura – come ad esempio quella di un orecchio umano – che ha mantenuto la forma senza collassare.
Per stimolare la crescita del tessuto poi, sono state aggiunte al composto alcune cellule staminali prelevate dal midollo osseo – cellule non ancora adulte che possono svilupparsi nella direzione che si desidera – che inducono i condrociti a proliferare più in fretta. La cartilagine stampata ha dimostrato di poter sopravvivere e crescere in provetta. Il passo successivo è stato l’impianto in un organismo vivente. In un secondo momento, la squadra di Gatenholm ha dunque stampato campioni di tessuto per impiantarli nei topi.
Stampare “pezzi di ricambio” per l’uomo
I test realizzati sui topi hanno fatto registrare risultati stupefacenti: le cellule sono sopravvissute e hanno prodotto nuova cartilagine.
Lo sviluppo di questa ricerca potrebbe portare un giorno a impianti stampati su misura per l‘uomo.
Le cartilagini, a differenza di altre parti del corpo non si rigenerano. Non basta un gesso, come nel caso di un dito rotto. Anzi, ad oggi per curare una lesione grave a una cartilagine si ricorre alla sostituzione totale dell’articolazione con protesi, soggette anche a possibili fenomeni di rigetto. In futuro invece, atleti infortunati o persone colpite da artrite o lesioni, potranno riparare le cartilagini danneggiate delle loro ginocchia, ma anche di naso e orecchie, grazie ad una stampante 3D. “Stiamo lavorando sull’orecchio e sul naso – spiega Gatenholm – perché sono parti del corpo difficili da riparare chirurgicamente, ma speriamo che in futuro possano essere rigenerati con la stampante 3D e un bio-inchiostro prodotto con le stesse cellule del paziente”.
Per passare dal laboratorio alla pratica medica però, la strada è ancora lunga.
“Occorrono ancora ulteriori studi prima di passare all’uomo”, precisa. L’obiettivo finale è quello di riuscire a “lavorare al fianco dei chirurghi plastici per produrre la cartilagine con cui riparare i danni causati da incidenti o tumori”. Intanto però, il suo team è già al lavoro su una nuova versione di stampante 3D, in grado di stampare pelle umana. Insieme ad una società di cosmetici, i ricercatori del Wallenberg Wood Science Center sono intenzionati ad utilizzare la pelle umana stampata in 3D per testare il make-up, i prodotti anti-rughe e sviluppare nuove strategie per prevenire i danni causati dall’esposizione solare.