Così le ha definite il Washington Post. Le serre, che si trovano a Noli, fanno parte di Nemo’s Garden, un progetto in cui i contadini indossano pinne e bombole e coltivano verdure (fragole, basilico, lattuga) a otto metri di profondità.
Immaginate delle serre speciali, diverse da quelle a cui siete abituati. Speciali perché ancorate sul fondo del mare. Simili a palloni, al cui interno vengono coltivate piante, legumi e vegetali come le fragole, i fagioli, la lattuga e il basilico. Serre talmente innovative che il Washington Post, in un suo pezzo, le ha definite come “Le più belle del mondo”. E pur essendo raccontate da molti giornali esteri, negli Stati Uniti come nel Regno Unito, queste spazi sono frutto dell’ingegno italiano. Si trovano in Liguria, vicino a Noli, a otto metri di profondità e 100 metri dalla spiaggia. Il progetto si chiama Nemo’s Garden, ha appena iniziato il suo quarto anno di vita ed è sviluppato da Ocean Reef Group e dal suo presidente Sergio Gamberini.
La storia (prima di Nemo’s Garden)
Sergio Gamberini, oltre ad essere un subacqueo provetto e un grande conoscitore del mare, nella vita è un ingegnere e un imprenditore. L’intuizione per creare questi orti speciali l’ha avuta in vacanza, d’estate, mentre coltivava la sua più grande passione nelle acque trasparenti della Liguria. Immediatamente, dopo essersi confrontato con alcuni amici, ha deciso di far partire gli esperimenti, calando alcune biosfere trasparenti in oceano e riempiendole d’aria: «Ho provato a fare qualcosa di diverso e, contemporaneamente, di mostrare la bellezza del mare. Spero che possa essere qualcosa che abbia un valore anche per i giovani, che li ispiri a pensare e realizzare i loro sogni».
Il progetto è portato avanti da due aziende che si dividono tra l’Italia (Genova e Milano) e la California (San Marcos). Un’esperienza di oltre sessant’anni nel campo della subacquea, oltre che uno sconfinato amore per il mare, ha permesso loro di di diventare leader di settore nell’ambito della sicurezza, dell’elettronica e dell’attrezzatura subacquea.
Nel 2011 la svolta e la nascita del progetto Nemo’s Garden. «È stato un lungo processo di sperimentazione» confida Luca Gamberini, figlio di Sergio: «Prima di trovare il giusto equilibrio abbiamo perso per quattro volte i raccolti. Ma non ci siamo mai veramente preoccupati. Sapevamo di avere grandi margini di crescita».
Come funziona il Nemo’s Garden
L’aria nella serra è costantemente di 79 gradi con un’umidità che sfiora l’83%. Condizioni ambientali ideali per un certo tipo di piante. Al suo interno si crea, infatti, una climatizzazione stabile, che non subisce brusche alterazioni. Tutto ciò avviene in virtù del livello della temperatura del mare e di un’umificazione che rimangono stabili. Il ciclo clorofilliano, fondamentale per le piante, viene invece innescato dalla luce che raggiunge la biosfera in fondo al mare.
Queste serre, dunque, traggono vantaggio dalle proprietà fondamentali del mare per far crescere i loro vegetali. La forma, frutto di studi ed esperimenti, consente all’acqua di evaporare con costanza e di alimentare il contenuto. L’anidride carbonica, presente in quantità maggiore del normale, agisce sulle piante contribuendo ad accelerarne la crescita. “Come gli steroidi” azzarda l’articolista del Washington Post.
L’assenza di parassiti ed insetti, che ovviamente non devono essere stati presenti nelle precedenti coltivazioni terrestri, è un altro elemento che sottolinea il vantaggio di queste serre. Essi, infatti, non riescono a riprodursi nelle biosfere subacquee facendo risparmiare, al contadino con pinne e bombola, l’uso di antiparassitari e insetticidi.
Il beneficio per gli animali (Polpi e Cavallucci marini)
Gli uomini non sono gli unici che potranno beneficiare di queste serre. Ci sono alcune specie animali che stanno già sfruttando la presenza delle biosfere. Per i polpi, ad esempio, sono luoghi da adibire a rifugio, spazi in cui sgattaiolare per sfuggire ai nemici. Alcune specie di cavallucci marini, in via d’estinzione, le hanno scelte come luoghi adatti per la crescita e la protezione dei loro piccoli. Delle vere “nursery”. Bisogna sottolineare che nessuna di queste forme di vita rappresenta un pericolo per le piante e nessuna serra, a sua volta, può rappresentare un pericolo per l’ecosistema marino.
La raccolta dei dati (open per tutti)
Negli ultimi due anni, l’azienda ha ancorato sul fondo marino la prima flotta di biosfere. Ognuna è controllata tramite dei sensori dedicati che servono per raccogliere e analizzare, ad esempio, i dati relativi ai livelli di ossigeno e anidride carbonica. Tutto in tempo reale e visibile da chiunque. In più servendosi dello strumento Ustream, il team ha deciso di mandare online una diretta, 24 ore su 24, del progetto (qui il live Web streaming).
E non è finita qui. L’azienda vorrebbe creare dei piccoli acquari, versioni in miniatura delle biosfere, per concedere a tutti di fare esperimenti nelle loro case. Tutto con la speranza che un uso diffuso di questa tecnologia possa portare a nuove idee e nuove soluzioni.
Il futuro di Nemo’s Garden
Per ora, il gruppo può lavorare sulle biosfere solo per quattro mesi l’anno. Da maggio a settembre. Come stabilito da un accordo con le istituzioni locali. Questo potrebbe però cambiare in tempi brevi. Il progetto, viste anche queste limitazioni, sta raccogliendo informazioni per trovare una nuova zona dove far crescere altre piante sotto il mare.
Del resto, Ocean Reef Group, non essendo una società di grandi dimensioni, non possiede da sola tutte quelle risorse economiche che servirebbero per portare avanti il progetto. Per questo fa affidamento anche a partner esterni che, pian piano, stanno aumentando. Tra gli obiettivi futuri c’è anche una campagna crowdfunding che possa accelerarne ulteriormente la crescita.
L’interesse (e il plauso) del mondo
L’asticella, infatti, è stata posta ancora più in alto. «Vogliamo salire ancora di un livello: più biosfere, più sensori. Vogliamo dedicarci alla coltivazione idroponica e mettere più videocamere. Il 2015 è l’anno della produzione in larga scala e della commercializzazione dei nostri prodotti. Vogliamo dare veramente una soluzione alternativa per far crescere piante e alimenti in un modo più responsabile e meno inquinante per la Terra». E non a caso il progetto è attualmente ospitato all’interno del Padiglione Italia all’Expo.
«In futuro, vorremmo diventasse un qualcosa che si autosostenga dal punto di vista economico. Io intravedo molte possibilità di sviluppo per quelle nazioni che non possiedono le giuste condizioni ambientali per coltivare un certo tipo di piante. In questo modo potrebbero farlo». Molti gruppi, anche di certa caratura, si sono mostrati già interessati a questa innovazione ma per ora le loro richieste di acquisizione sono state respinte: «È incredibile il livello di fibrillazione che si sta creando intorno al nostro progetto» dice Sergio «Prima però vogliamo finire di testarlo perché il nostro desiderio è che diventi un progetto professionale e che venga sviluppato nel modo migliore possibile».