Le due big company americane hanno unito le forze per creare il computer più potente che sia mai stato realizzato, D-Wave. Dalle teorie alle pratiche con gli obiettivi per il futuro: ecco come i quanti possono cambiare tutto.
La “catastrofe ultravioletta”, chiamata anche catastrofe di Rayleigh-Jeans, era la predizione della fisica d’inizio Ventesimo secolo, secondo la quale un corpo nero ideale (in fisica un corpo nero è un oggetto ideale che assorbe tutta la radiazione elettromagnetica incidente senza rifletterla) in equilibrio termico con l’ambiente emetterebbe radiazione elettromagnetica con potenza infinita. Dal momento che le osservazioni sperimentali avevano mostrato come questo fosse evidentemente falso, essa finì per costituire una delle prime chiare indicazioni dei problemi o limiti intrinseci della fisica classica. La soluzione a questo problema, attraverso l’utilizzo della legge di Planck (che afferma che l’energia associata a una radiazione elettromagnetica è trasmessa in pacchetti discreti chiamati quanti, ciascuno dei quali è associato a un singolo fotone), portò allo sviluppo di un’iniziale forma di meccanica quantistica.
Il termine “catastrofe ultravioletta“ era stato usato la prima volta nel 1911 da Paul Ehrenfest, benché il concetto risalga al 1905: la parola “ultravioletto” si riferisce al fatto che il problema appare nella regione ad alta frequenza dello spettro elettromagnetico. Dalla prima apparizione del termine, è stato usato per altre predizioni di natura simile, per esempio nell’elettrodinamica quantistica (in questo caso è usato anche il termine divergenza ultravioletta).
I quanti e l’informatica
Come abbiamo appena visto, lo studio dei quanti risale agli inizi del Novecento, e nel frattempo si è sviluppata l’informatica e si è assistito alla nascita dei primi computer.
Ma quand’è che informatica e fisica quantistica hanno incrociato le loro strade?
L’informatica quantistica è stata teorizzata circa trent’anni fa, da un fisico dell’Argonne National Laboratory, Paul Benioff, nel 1981. Benioff ha traslato il teorema di Turing (link a Encyclopædia Britannica) nella creazione di una macchina che rispondeva alle dinamiche tipiche dei quanti. Da qui sono partiti gli studi e i primi esperimenti di computer quantistico, ossia un computer che utilizza i principi della fisica quantistica per aumentare la potenza di calcolo di un computer tradizionale.
La differenza essenziale tra il classico computer e il computer quantistico è che nel primo la singola unità d’informazione binaria è rappresentata da un dispositivo classico come un interruttore (acceso-spento, 1-0: un transistor), mentre nel secondo è rappresentata da un dispositivo quantistico, come ad esempio un elettrone con spin su/giù. Si passa dal “bit“ come unità di calcolo del normale computer, al “qubit“ come unità di calcolo del computer quantistico.
Qual è la differenza? Un sistema classico su cui non si ha nessuna “informazione” può trovarsi indifferentemente in uno qualsiasi degli stati possibili; un sistema quantistico su cui non si ha nessuna informazione, invece, si trova contemporaneamente in tutti gli stati possibili. Significa che un qubit, fintanto che non viene processato (ovvero computato, letto), possiede contemporaneamente i valori di 0 e di 1. Tutto ciò può apparire paradossale: è come se una lampadina potesse essere contemporaneamente accesa e spenta. Esattamente ciò che intendeva il fisico, matematico e filosofo Niels Bohr quando disse:
Chi non rimane shockato dalla meccanica quantistica non ha capito una sola parola
D-Wave, la “bestia” di Google-NASA
Un qubit, in teoria, può contenere una quantità infinita di informazioni, visto che esistono infinite possibili sovrapposizioni diverse dei valori 0 e 1. In pratica, tuttavia, siccome nel momento in cui l’informazione viene processata il valore del qubit collassa su 0 o su 1, un qubit non può contenere più informazione di un normale bit.
Se a livello di quantità di informazioni un computer quantistico non presenta vantaggi, la capacità di calcolo invece aumenta esponenzialmente. Con n° qubit siamo in grado di rappresentare contemporaneamente 2^n° variabili: un numero enorme se si tiene conto che per soli 300 qubit si avrebbero 2^300 variabili, ovvero una quantità che supera quella di tutte le particelle dell’universo.
Google, insieme a NASA e a Universities Space Research Association, sta lavorando già da diversi anni alla costruzione di un computer quantistico, D-Wave. Il primo D-Wave, con 16 qubit, è datato 2007. Da qualche giorno rimbalza in rete la notizia del salto compiuto dalla macchina, da 512 qubit a 1000 qubit, come capacità di calcolo. Secondo la società che ha costruito materialmente il computer, la D-Wave Systems con sede in Canada, questo upgrade non richiede un significativo aumento di potenza. Colin Williams, il direttore del business development e di partnership strategiche per D-Wave, ha definito l’evento come «la cosa più importante mai successa, sia per Google che per NASA».
Ma cosa è in grado di fare D-Wave? Google e i suoi partner sembra stiano ancora cercando di capirlo. Probabilmente, in una prima fase, verrà utilizzato per “sovraperformare” normali computer, come una sorta di doping informatico. Se tutto andrà secondo i piani, la potenza di calcolo di D-Wave continuerà ad aumentare, esaurendo lo stesso quantitativo di energia, perciò maggiore potenza a energia costante: un qualcosa di totalmente estraneo alla fisica in cui siamo immersi quotidianamente. Da sempre.
Il futuro di D-Wave
I test condotti dal team di Google AI Lab hanno dimostrato che D-Wave è 108 volte più efficiente nei calcoli di meccanica quantistica, quantum annealing, rispetto ai normali computer, che utilizzano algoritmi di simulated annealing.
A frenare l’entusiasmo è però Google stessa che spiega come D-Wave sia effettivamente operativo e potenzialmente pronto ad affrontare anche problemi di interesse commerciale, ma sottolinea come ci sia ancora molta strada da fare per rendere i risultati facilmente interpretabili e applicabili al quotidiano.
Difficilmente i computer quantistici soppianteranno quelli convenzionali nel breve periodo, sopratutto nell’ambito domestico e delle normali esigenze di calcolo. La D-Wave Systems ha infatti affermato che per i prossimi 6 anni il computer continuerà ad essere un progetto in fase di test e studio. Gli appassionati, però, hanno già iniziato a sognare, in modo quantico: ovvero non sanno cosa sognano finché non lo sognano. Chiaro no?