Anzitutto punterà a sensibilizzazione e coordinamento degli interventi. In seguito potrebbe integrare una funzionalità di “contact tracing”
L’Organizzazione mondiale della sanità sa bene che le applicazioni di “contact tracing”, cioè di tracciamento dei contatti suscettibili di possibili infezioni e da porre in isolamento, non saranno risolutive. “Possono aiutare ma non sostituiscono le persone che lavorano” alla ricostruzione della catena dei contagi, ha detto poco tempo fa Maria Van Kerkhove, epidemiologa statunitense responsabile tecnico del Who per il coronavirus. Ciononostante costituiscono un pezzo del puzzle al quale molti governi sembrano non poter o voler rinunciare. Il punto è che non tutti hanno le risorse e le disponibilità per sviluppare in proprio un’applicazione affidabile, che alla fine garantisca una qualche utilità e soprattutto che sia rispettosa della privacy, progettata cioè secondo l’approccio decentralizzato promosso nelle ultime settimane da Apple e Google e da altri gruppi di lavoro europei.
I paesi che non ce la fanno da soli
Al netto del giudizio sulle differenti scelte – in Francia la strada sembra quella di una centralizzazione, in Italia e Germania quella suggerita dai colossi del tech e ovviamente più rispettosa ma anche meno pericolosa per la riservatezza dei dati personali – molti paesi stanno dunque procedendo. Quelli asiatici le hanno lanciate da tempo, con alterne fortune, e in Europa siamo in dirittura d’arrivo: Immuni, o come si chiamerà l’applicazione italiana, dovrebbe esordire ai primi di giugno. L’Oms si sta però preoccupando anche dei tanti paesi che non hanno sistemi di questo tipo soprattutto Sud America e Africa. L’obiettivo è dunque colmare questo vuoto, sviluppando e concedendo loro un’applicazione standard da poter implementare sul territorio.
Al via entro maggio
L’applicazione dovrebbe arrivare entro maggio, così ha garantito Bernardo Mariano, Chief information officer dell’Oms. Dovrebbe servire non solo a sensibilizzare sulle procedure di distanziamento sociale e sull’igiene – e già sarebbe un compito non da poco – ma appunto integrare pure un sistema di “contact tracing”. Eventualmente con dei margini, non eccessivi, di personalizzazione da parte delle autorità dei singoli stati o territori. Una specie di versione “stock”, come si dice in gergo, pronta per i contesti più in difficoltà, come i paesi in via di sviluppo. Anche se le prime interlocuzioni con Mountain View e Cupertino avrebbero sollevato alcuni problemi sia legali che di tutela della privacy, per cui l’opzione – pure sul tavolo – rimane da comprendere in tutti i suoi contorni.
Anzitutto le linee guida
In un’intervista telefonica all’agenzia Reuters Mariano ha dunque specificato che l’obiettivo principale dell’applicazione sarà quella di aiutare le persone ai quattro angoli del globo a rendersi conto prima e meglio se sono infette da Sars-CoV-2. Il programmino farà domande sui sintomi e offrirà linee guida su come comportarsi, indicando anche – a seconda dei governi – dove recarsi per i test. Un’eventuale funzionalità di tracciamento, certo ben più delicata da ottimizzare come stanno dimostrando le vicende di molti paesi europei, sarà valutata nel medio periodo, anche in base al successo o meno delle esperienze in fase di decollo e alle posizioni delle diverse autorità sanitarie locali.