Per la nostra rubrica Unstoppable Women intervista ad Alice Borghese, vincitrice del 21° Premio italiano L’Oréal-UNESCO “Per le Donne e la Scienza”. La scienziata è al lavoro su relitti cosmici nati al seguito dell’esplosione di “stelle blu”
Lo studio dell’universo: una disciplina tanto affascinante quanto complessa, sia da studiare che da comprendere. Tra le scienziate italiane che si occupano di investigare quello che ci circonda al di fuori della Terra c’è Alice Borghese, una delle sei vincitrici del 21° Premio L’Oréal – UNESCO “Per le Donne e la Scienza”, un prestigioso riconoscimento che è stato assegnato ad alcune scienziate italiane capaci di contraddistinguersi per l’alto potenziale delle proprie innovazioni. Alice da anni studia quelle che vengono definite “stelle di neutroni”, relitti cosmici nati al seguito dell’esplosione di stelle massicce meglio conosciute come “stelle blu” per il colore, spesso tendente appunto al blu. Molto calde e luminose ma di breve durata. Maggiore è la massa, infatti, meno a lungo vivranno. Il ciclo di vita di quelle più grandi si aggira al massimo su alcune decine di milioni di anni e termina con un’esplosione nota come “supernova”. Quella che studia Alice è solo una piccola parte dell’Universo che, però, ha tanto da raccontarci oltre a farci sognare. La abbiamo intercettata per farci spiegare nel dettaglio la portata dei suoi studi innovativi e i suoi prossimi obiettivi.
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Alice, da quanto ti occupi di ricerca e cosa ti ha appassionato a questo ambito?
Fin da piccola la mia predisposizione per le materie scientifiche è stata evidente. Mia mamma mi ha raccontato che un giorno al rientro dalla scuola elementare le ho detto: «Non voglio fare le parole, ma le scoperte con i numeri». Ho frequentato il liceo scientifico, dove il mio professore di matematica e fisica ha acceso in me la curiosità verso ciò che ci circonda. È proprio grazie allo studio di questa disciplina, infatti, se riusciamo a capire come funziona il mondo attorno a noi. Nel frattempo, in me era nata anche una passione verso l’Universo, quel cielo che potevo osservare ma non toccare ogni sera dal mio balcone di casa. La mia curiosità mi ha spinto a iscrivermi alla Facoltà di Fisica a Padova e, durante gli studi, ho scoperto che da grande avrei voluto fare la ricercatrice. Così, dopo la tesi magistrale, ho mandato un paio di application all’estero per intraprendere un dottorato di ricerca. Ho vinto una posizione all’Anton Pannekoek Institute for Astronomy dell’Università di Amsterdam. Qui, nel 2014, ho iniziato a studiare più nel dettaglio le stelle di neutroni, che sono tutt’ora al centro della mia ricerca. E da quell’anno è iniziata la mia carriera da astrofisica.
Come descriveresti la tua ricerca?
Le stelle di neutroni possono essere considerate dei relitti cosmici nate a seguito dell’esplosione di stelle massicce (a me piace definirle gli “zombie” dell’Universo). Sono oggetti estremamente compatti e densi. Si pensi che la densità all’interno di una stella di neutroni è tale che una zolletta di zucchero avrebbe una massa pari a quella dell’intera umanità. Queste stelle possiedono un campo magnetico estremamente intenso che non siamo in grado di riprodurre nei nostri laboratori. Dalla loro scoperta nel 1967, adesso ne conosciamo circa 3000, isolate o in sistemi binari, che vengono classificate in gruppi diversi a seconda delle proprietà osservative. Le stelle di neutroni al centro della mia ricerca sono le “magnetar”(contrazione di magnetic- star): i magneti più forti che conosciamo nell’Universo, con un campo magnetico di centomila miliardi di volte più alto rispetto a quello della Terra. Le “magnetar” sono oggetti di grande interesse astrofisico, in quanto sono in grado di energizzare le esplosioni cosmiche più potenti e possono emettere onde gravitazionali. Durante il progetto, approfondisco come il campo magnetico influenza le proprietà osservative di questa classe di stelle di neutroni utilizzando satelliti a raggi X.
Cosa ti ha spinto a partecipare alla call di L’ORÉAL-UNESCO?
Nel mio lavoro, come più in generale nel campo della Ricerca, devi continuamente mandare application per raccogliere fondi o per trovare posizioni in linea con quello che ti piace fare, finché non trovi il famigerato contratto a tempo indeterminato. Io ho iniziato il mio nuovo contratto a ottobre dello scorso anno e lo sto per terminare. Una mia amica, anche lei astrofisica, aveva partecipato e vinto un’edizione passata del premio, pertanto le ho chiesto consiglio ed è stata lei a spingermi a fare l’application. Devo dire che sono rimasta molto sorpresa di questa vittoria, del tutto inaspettata e devo ammettere che essere stata nominata una delle 6 vincitrici di questa fellowship è stata per me una grandissima soddisfazione, da un punto di vista non solo professionale ma anche personale. È stata una conferma del fatto che ho intrapreso la strada giusta. Ad essere onesta, spesso ho dubitato di questo ma è anche grazie a questo traguardo ottenuto che oggi credo ancora di più nelle mie idee e nelle mie capacità. Da quando mi sono laureata, nel 2014, ho sempre vissuto all’estero, prima in Olanda e poi in Spagna. Questa fellowship mi dà l’opportunità di lavorare in Italia per la prima volta in un gruppo dinamico con il quale avevo voglia di collaborare già da tempo.
Quali sono i tuoi prossimi progetti in cantiere?
Da ottobre 2022 sono una post-doc all’Istituto de Astrofisca de Canarias a Tenerife e faccio parte di un gruppo di ricerca che studia oggetti compatti (come le stelle di neutroni o i buchi neri) in sistemi binari, in particolare le “low-mass X-ray binaries” (sistemi binari a raggi X di piccola massa): sistemi formati da un oggetto compatto che orbita attorno a una stella di dimensioni simili al Sole. L’oggetto cresce a spese della stella compagna e si forma così un disco attorno al buco nero o alla stella di neutroni. In questi mesi mi sto dedicando allo studio di uno speciale gruppo di low-mass X-ray binaries: le Ultra-Compact X-ray Binaries (UCXBs). Sinora ne conosciamo solo 20, ma questi sistemi sono importanti da studiare perchè sono tra le sorgenti più potenti di onde gravitazionali emesse a basse frequenze. Il mio obiettivo è quello di condurre un’analisi di tutti e 20 i sistemi in modo da confermare o meno se questi abbiano delle caratteristiche spettrali comuni.