Silenziosa, subdola, sottile. Fa meno rumore di uno schiaffo. Non lascia lividi, ma ferisce profondamente. È la violenza economica, una forma di abuso poco visibile eppure diffusa. Il 49% delle donne italiane dichiara di averla subìta almeno una volta nella vita. Non è sempre facile riconoscerne i segni o rendersi conto che si tratta di veri e propri abusi, come quando un uomo esclude la partner dalle decisioni economiche di famiglia, magari con la scusa di darle un pensiero in meno.
Che cos’è la violenza economica
Una delle definizioni più comuni fa riferimento a tutti quei “comportamenti volti a controllare l’abilità della donna di acquisire, utilizzare e mantenere risorse economiche” (A.E. Adams, 2008). I principali tipi di violenza riguardano il controllo, lo sfruttamento e il sabotaggio economico. Qualche esempio? Impedire alla donna di gestire i propri soldi, usare il denaro della partner a proprio vantaggio oppure costringerla a non lavorare, negandole la possibilità di avere un’autonomia economica. Così molte donne si ritrovano a chiedere al proprio compagno i soldi necessari per le spese quotidiane e a giustificarne ogni singolo impiego.
Supportata da stereotipi di genere radicati e ancora diffusi, la violenza economica è spesso sottovalutata. Si nasconde dietro dinamiche apparentemente innocue, gesti spacciati per benevoli: il partner si offre di gestire entrate e uscite perché “ne sa di più” o dice alla donna di lasciare il lavoro così lei può occuparsi della famiglia. Questa forma di abuso si intreccia spesso ad altri tipi di violenza, come quella psicologica o fisica.
I dati della violenza economica
Secondo un sondaggio dell’European Institute for Gender Equality, in Europa il 12% delle donne ha subìto abusi che includevano violenza economica a partire dai 13 anni. In Italia una ricerca condotta da Ipsos per WeWorld rileva che quasi una donna su due ha vissuto un’esperienza di violenza economica almeno una volta nella vita. La percentuale sale al 67% tra divorziate e separate. Eppure, solo il 59% degli intervistati considera la violenza economica “molto grave”. Gli abusi che preoccupano di più sono le privazioni (31%), l’accumulo di debiti da parte dell’uomo a nome della donna (24%) e il sabotaggio lavorativo (17%).
Una conferma della diffusione del fenomeno arriva dai Centri Antiviolenza. Tra le donne che si sono rivolte ai CAV nel 2023, quattro su dieci hanno dichiarato di aver subìto anche violenza economica. Lo stesso tipo di abuso è stato segnalato dal 19,7% delle donne che hanno contattato il numero 1522.
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Le forme più diffuse di abuso e la via d’uscita
L’indagine Ipsos si è soffermata anche sulle esperienze dirette di violenza. La dinamica più citata è il doversi giustificare a voce con il proprio partner per come si sono spesi i soldi (15%). In alcuni casi si è costrette a mostrare anche scontrini o estratti conto. Il 14% delle intervistate racconta di aver subìto decisioni finanziarie prese dal partner senza essere state consultate. Più di una donna su 10 ha dovuto rinunciare alla possibilità di lavorare.
La violenza economica limita la libertà delle donne, crea una dipendenza che può ostacolare l’uscita da relazioni abusanti. Chi non ha accesso a un reddito personale può essere più vulnerabile. Il quadro non è roseo, considerando che in Italia oltre il 31% delle donne dipende economicamente da altri. Solo il 58% ha un conto corrente personale, il 12,9% ne ha uno cointestato e il 4,8% neanche quello (dati Global Thinking Foundation).
Quasi una persona su due, secondo il sondaggio, ritiene che le donne siano più spesso vittime di violenza economica proprio perché hanno meno accesso degli uomini al mercato del lavoro. Al contempo, è abbastanza diffusa l’opinione (42%) che non ci sia nulla di negativo se in una coppia l’uomo dà un budget mensile alla donna che non lavora, a ulteriore dimostrazione di come certi ruoli di genere e dinamiche relazionali siano normalizzati. C’è invece una significativa disparità tra intervistati e intervistate rispetto alla percezione della propria preparazione sui temi finanziari: le donne che non si sentono preparate sono più del doppio rispetto agli uomini. La mancanza di educazione finanziaria, insieme all’isolamento sociale, aumenta ulteriormente la vulnerabilità.
L’educazione è il primo passo per prevenire ogni forma di violenza. Per quasi nove italiani su 10 bisognerebbe introdurre programmi di formazione dedicati a partire dalle scuole elementari. Educazione finanziaria, sì, ma anche sessuale e affettiva per contrastare tutte le violenze di genere e costruire un futuro di autonomia e libertà.