Una lunga serie di rinvii rischia di essere fatale: slittano gli aiuti già stanziati, quelli del nuovo decreto, slitta la Fase 2, che non sarà “piena” come promesso. E oggi potrebbe slittare pure la decisione al Consiglio europeo
Si sta rallentando tutto. E non va bene, perché ora il Paese, in questa precisa fase storica, ha bisogno di essere assistito con urgenza. Invece rallenta l’uscita dalla pandemia, con il modello elaborato dagli scienziati del Governo ormai distante anni luce dai dati quotidiani della Protezione civile. Rallenta di conseguenza la rimessa in moto del Paese, niente più Fase 2 divisa in 2 pur di accelerare con la ripresa, ma pure la stessa Fase 2 è ormai una fase 1/2, con più divieti che concessioni e – pare – l’obbligo di uscire sempre con l’autocertificazione in tasca.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte
Rallenta il decreto aprile, stritolato dalle indecisioni della politica nostrana e da quelle della politica comunitaria e pare che oggi sia destinato a rallentare persino l’andamento del Consiglio europeo, con politici intenti più a trovare una soluzione tampone per non spaccare platealmente l’Ue di fronte ai mercati che non a intervenire immediatamente con massicce dosi di liquidità. Ma andiamo con ordine.
L’Italia implora: “Fate presto”
In questi giorni abbiamo scomodato più volte lo strillo a cinque colonne del quotidiano di Confindustria. Quel “Fate presto” che il 10 novembre 2011 veniva rivolto al Governo in uno dei momenti più bui del Paese, a poche ore dall’avvicendamento tra l’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ci aveva condotto a un passo dal fallimento, e Mario Monti, a metà strada tra la figura del premier e quella del curatore fallimentare di un Paese che aveva perso la rotta.
Ma anche Il Sole 24 Ore, in realtà, aveva preso in prestito quel “FATE PRESTO” dall’edizione del Mattino di Napoli del 1980 successiva al terremoto in Irpinia. Insomma, momenti drammatici, nei quali non si può attendere che le istituzioni si muovano lungo i loro binari barocchi, perché il modo più veloce per congiungere due punti è la retta, non l’arabesco.
Sono i numeri che vediamo precipitare a imporre celerità. Quelli dell’occupazione, per esempio. In attesa dei dati ufficiali, LinkedIn ci comunica che i tassi di assunzione in Italia nella prima parte di aprile (aggiornati al 10 del mese) sulla sua piattaforma sono crollati del 62% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Numeri parzialissimi, perché il mercato del lavoro in Italia non poggia certo su LinkedIn. E allora abbiamo quelli, ufficiali, dell’INPS sul reddito di cittadinanza: sono oltre 142mila le richieste presentate tra febbraio e marzo, + 9%. Lo ha annunciato la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo sui suoi social.
© Viminale
Oppure le stime delle agenzie di rating. Stime che lasciano il tempo che trovano, certo, ma che rischiano di inibire la propensione al rischio degli investitori proprio ora che mai abbiamo bisogno della loro fiducia. «La maggiore revisione al ribasso» delle stime per il 2020 riguarda Eurolandia «dove le misure per fermare la diffusione del coronavirus hanno già avuto” un peso nell’attività del primo trimestre del 2020. Lo ha affermato ieri Fitch precisando di aver «tagliato la stima sul PIL dell’Italia al -8% dopo le indicazioni sul fatto che il prodotto interno lordo è già calato del 5% nel primo trimestre e dopo la recente estensione del lockdown». Numeri tanto burrascosi non se ne erano mai visti, però quel fate presto sembra destinato a restare inascoltato.
Fermi gli aiuti alle imprese e la cassa integrazione
Di fronte un simile scenario, anche i pochi aiuti finora stanziati dallo Stato rischiano di essere insufficienti. In più, faticano a raggiungere il tessuto produttivo, quello ferito a un passo dalla necrosi. Al palo tanti finanziamenti del Garanzia Italia, che pure sarebbero dovuti arrivare nel giro di 48 – 72 ore: «Registriamo purtroppo, una diversità e una difficoltà di applicazione delle norme da parte delle banche – ha detto il 21 aprile in una nota il segretario della Uilca, Massimo Masi -. Alcune chiedono documenti ulteriori non indicati nel decreto, altre hanno messo online moduli che poi non si sono rilevati esatti. Chiediamo ad Abi di intervenire per contribuire a rendere le procedure più snelle, le responsabilità operative delle banche non possono ricadere sui lavoratori».
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Medesime lamentele arrivano da chi attendeva, prima di Pasqua, la cassa integrazione straordinaria predisposta il 23 febbraio a seguito del lock down. Starebbe procedendo regolarmente, invece, l’erogazione del bonus da 600 euro ai privati, dopo il disastroso day one e la rettifica legislativa successiva che aveva costretto molti professionisti (circa 400mila) a integrare la domanda. Tante partite Iva non vedranno quei soldi prima del 30 aprile, comunque.
La Fase 2 diventa Fase 1/2
Ma a essere rallentato non è solo l’aiuto dello Stato. Anche l’uscita dall’incubo pandemico in Italia prosegue a singhiozzo, mentre altrove in Europa i Paesi già riaprono. Anzi, da noi in alcune parti il quadro peggiora pure: ieri nella zona metropolitana di Milano si è verificato un aumento di 480 nuovi casi, portando il totale degli infetti a 17.000, +161 nella sola città di Milano. In Emilia-Romagna i positivi ieri sono balzati a 23.434, 342 in più rispetto a martedì. Come si anticipava, a fronte di tali numeri, il modello messo a punto dagli scienziati cui si è affidato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è stato ampiamente disatteso.
Non ne ha colpa nessuno, sia chiaro, ma questo porta a ritardare anche l’uscita dalla quarantena. L’agognata fine dei domiciliari si avrà, secondo le indiscrezioni sulla Fase due, solo per 2,7 milioni di lavoratori. E si potrà uscire quasi esclusivamente per il lavoro. Lo ha indicato, a quanto si apprende, il capo della task force economica Vittorio Colao nel corso dell’incontro tra Governo e parti sociali di ieri pomeriggio. Le restrizioni non mancheranno, se pare tramontare quella anagrafica, che non piacerebbe al premier Conte, sembra prendere corpo quella degli spostamenti al di fuori della propria Regione. Non solo la Fase 2 non sarà divisa in 2, ma non sarà nemmeno quella Fase 2 che c’era stata promessa.
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Il decreto Aprile arriverà a maggio
Il ritardo più importante lo sta avendo quel decreto aprile che avremmo dovuto vedere, aveva promesso il Governo, entro Pasqua e che invece rischia di slittare a maggio, così come è già slittata la votazione in Parlamento perché l’esecutivo ottenga una ulteriore autorizzazione allo scostamento dal progetto di bilancio. Sarà votata assieme all’aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF) così come sarà stato riformulato a seguito della crisi post pandemica. Secondo il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, il voto si terrà «il 29-30 aprile alla Camera e al Senato». Impossibile vedere dunque gli aiuti dell’esecutivo in questo mese. Se va bene arriveranno tra la seconda metà di maggio e giugno. Fino ad allora sarà un susseguirsi di promesse robanti, tra assegni per le partite Iva che lievitano da 600 a 800 euro, bonus per le famiglie per andare in vacanza, redditi di emergenza…
Il ministro all’Economia Roberto Gualtieri
Il rischio vero è che slitti anche la decisione del Consiglio europeo
Se il dl aprile si vedrà in maggio, parte della colpa, senz’altro, è ascrivibile alla nostra classe politica, sempre più divisa e frastagliata, ma le restanti responsabilità saranno invece addossabili all’Unione europea. Oggi si terrà il Consiglio tra i 27 capi di Stato e di Governo. Sui dossier sul tavolo vi abbiamo già detto ieri, anticipando che, probabilmente, nella videoconferenza odierna non si arriverà a un documento finale e vincolante. La scusa è che i leader abbiano bisogno di vedersi fisicamente per finalizzare il piano Marshall europeo. Scusa che di per sé è sufficiente a calciare il pallone lontano, oltre maggio, alle soglie dell’estate. Ma se gli aiuti saranno decisi per giugno, l’Italia rischierebbe di vederli solo tra 3-4 mesi. E il nostro tessuto produttivo non può certo aspettare ancora. Perciò ribadiamo quel “Fate presto!” che in questi giorni abbiamo ripetuto ossessivamente.