Lite con le Regioni sul nuovo provvedimento che potrebbe vietare gli spostamenti dentro la nazione e chiudere le principali città italiane, da Genova a Torino fino a Napoli. Si salva, per ora, Roma
Un ultimo, disperato, tentativo per scongiurare di dover proclamare il lockdown nazionale. Non si può spiegare altrimenti la decisione del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, di anticipare alle 12 di oggi le comunicazioni alla Camera (alle 17 al Senato) sulla emergenza Covid-19 (le seguiremo in diretta) così da poter già emanare, fin da questa sera (ma la lite con le Regioni potrebbe posticipare tutto a domani), un nuovo Dpcm contenente altre restrizioni. E se il Paese inizia a essere stremato dai provvedimenti che limitano libertà ed economia, come dimostrano le sempre più numerose proteste di piazza, il premier prova a chiamare alla responsabilità tutti gli attori istituzionali: parlamentari, maggioranza e pure opposizione.
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Le opposizioni respingono la richiesta (tardiva) di concordare le misure
Da qui la richiesta di Palazzo Chigi di intavolare una discussione con i due leader di destra, Matteo Salvini e Giorgia Meloni e con il leader di centrodestra, Silvio Berlusconi così da plasmare un documento finalmente condiviso. Richiesta respinta però dai tre: «Oggi più che mai – hanno scritto in una nota congiunta -, l’unica sede nella quale discutere è il Parlamento. Non siamo disponibili, invece, a partecipare a operazioni di Palazzo che sembrano dettate più che da una reale volontà di collaborazione dal tentativo di voler coinvolgere l’opposizione in responsabilità gravi che derivano dall’immobilismo e dalle scelte sbagliate effettuate dal governo».
Mezza Europa già in lockdown
Dopo Francia, Germania e Grecia, anche Austria e Gran Bretagna sabato sono tornate al lockdown. Un lockdown light rispetto a quello di primavera ma comunque gravoso per l’economia. Per questo il governo italiano oggi potrebbe prendere decisioni molto forti pur di scongiurarlo, come, per esempio, porre in quarantena le città in cui non è più possibile tracciare l’avanzata dell’epidemia: Milano e Napoli su tutte, ma anche Genova e Torino sono sorvegliate speciali.
L’accelerazione decisa sabato, dopo che sul tavolo del Comitato tecnico scientifico sono arrivati i numeri del contagio – che hanno sfondato ormai la soglia psicologica delle 30mila unità quotidiane – («Ieri è uscito l’aggiornamento della curva epidemiologica e ci stiamo confrontando con gli esperti per capire se è necessario intervenire ancora» ha ammesso Conte, intervenendo al Festival del Foglio), ha portato il governo a infittire gli appuntamenti per trovare un accordo sul Dpcm a tutti i livelli, in sintonia con i territori interessati. Ieri mattina alle 9 i ministri Francesco Boccia e Roberto Speranza hanno incontrato i rappresentanti delle Regioni, dei Comuni (l’ANCI) e delle Province (l’UPI). Un vertice fiume terminato con l’immancabile fumata nera, come vedremo dopo. Nel pomeriggio è andato in scena un nuovo vertice tra il premier Conte e i i capi delegazione mentre in serata il capo del governo ha fatto il punto coi capigruppo di maggioranza, per limare il discorso che terrà oggi alle 12 e, soprattutto, finalizzare il Dpcm. L’obiettivo del Governo era presentarlo già questa sera ma la lite con le Regioni potrebbe fare slittare tutto a domani, martedì 3 novembre.
Speranza: curva terrificante, necessaria la stretta
«La curva epidemiologica è ancora molto alta. Mi preoccupa il dato assoluto, che mostra una curva terrificante. O la pieghiamo, o andiamo in difficoltà». Così il ministro della Salute, Roberto Speranza, al Corriere della Sera. «Abbiamo 48 ore per provare a dare una stretta ulteriore», ha detto il titolare del dicastero in prima linea contro la lotta al Covid, secondo il quale c’è ancora troppa gente in giro. Il ministro però ha rassicurato sulla tenuta delle terapie intensive, e sulla scuola ha invece spiegato che va difesa il più possibile, ma in un contesto di epidemia «non è intangibile».
Ma le Regioni non ci stanno, troppi voti in ballo
Volendo semplificare, il Governo vorrebbe concedere maggiore autonomia alle Regioni, in modo che adottino provvedimenti ad hoc, tagliati sulla base del loro territorio, senza pesare troppo sul PIL nazionale come una chiusura totale simile a quella di marzo. Questo però esporrebbe le singole giunte a prendersi la responsabilità politica delle conseguenze – economiche – delle loro restrizioni. E ovviamente non vogliono, purtroppo per calcoli meramente elettorali. Ne è un palese esempio quanto avrebbe dichiarato ieri il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, che in una sola frase avrebbe respinto il lockdown di Milano ma invocato quello nazionale: «Il lockdown è l’unica misura che si è dimostrata efficace, ma no a un lockdown territoriale perché se fermiamo Milano si ferma la Lombardia».
Anche il sindaco di Codogno contro il lockdown
“Abbiamo il dovere di salvaguardare i nostri cittadini – è quanto ha scritto in una lettera di protesta contro l’ultimo Dpcmm il sindaco di Codogno (prima zona rossa del Paese la scorsa primavera), Francesco Passerini, con i colleghi sindaci e consiglieri metropolitani e provinciali lombardi – le categorie e le attività produttive più colpite dal recente decreto, già allo stremo delle proprie forze dopo il lockdown dei mesi scorsi. Si tratta di scelte miopi, che affossano l’economia e di conseguenza mettono a repentaglio la salute stessa. (…) La chiusura totalmente indiscriminata di alcune attività, senza prendere in considerazione i sacrifici fatti da queste imprese per adattarsi ai rigidi protocolli di sicurezza e sanitari, che peraltro avevano dato buoni risultati, ci vede totalmente contrari. (…). Nei fatti – si legge ancora nella lettera – da Roma non è arrivato nemmeno un euro per i servizi aggiuntivi del trasporto pubblico locale. Infatti non è ancora stato approvato il decreto attuativo per il riparto dell’anticipazione dei primi 150 milioni sui 300 milioni di risorse stanziate dallo Stato. Poi l’annuncio:” Noi amministratori non ci stiamo e siamo pronti a ricorrere contro questo decreto ingiusto, per tutelare tutte quelle attività che meritano di continuare a lavorare e tutti i cittadini lombardi che devono poter vivere in modo dignitoso”.
Quali misure nel nuovo Dpcm?
Con ogni probabilità, per scongiurare il lockdown nazionale, si andrà verso lockdown regionali o cittadini. Ma, vista la contrarietà montante di sindaci e presidenti di Regione, il governo potrebbe decidere di vietare solo lo spostamento tra le Regioni, imporre il coprifuoco alle 20 in tutta la nazione e la chiusura nei week end dei centri commerciali. Ma l’esecutivo insiste sulla necessità che le Regioni prendano il coraggio a quattro mani e chiudano dove è necessario: «Se c’è la necessità di una, due, tre settimane di stop in alcuni territori, perché l’Rt non è uguale dappertutto, questa cosa evidentemente in questo momento va spiegata bene e va rafforzata anche attraverso gli strumenti tecnologici di cui ci siamo dotati» è la linea anticipata nel pomeriggio di sabato dal ministro per gli Affari regionali, Boccia, che ha precisato come «in questo momento le aree interne non sono nella condizione delle aree metropolitane, dove c’è una maggior difficoltà legata alla densità di popolazione».
Una delle unità dove saranno alloggiati i malati. (ph. Antonio Piemontese)
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Regioni e sindaci contro. Solo divieto di uscire dalle zone rosse?
Il Cts avrebbe indicato come possibili zone rosse le aree metropolitane di Milano, Napoli, Genova, Torino, ma anche vaste porzioni del Veneto e alcune regioni meridionali, tenendo in considerazione non solo l’indice di contagio Rt, ma anche la disponibilità dei posti letto nelle terapie intensive. Ma, appunto, c’è da vincere le resistenze delle Regioni. «Abbiamo parlato con il ministro Speranza e anche lui conviene con me che chiudere uno dei gangli logistici del Nord ovest, con il primo porto d’Italia, nel periodo pre-natalizio, sarebbe molto complicato», ha detto il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, al centro di numerose polemiche, ieri, per una sua triste uscita sugli anziani. Toti ha rubricato l’ultimo Dpcm come frutto di una «pandemia emotiva contro la quale il Paese non ha anticorpi». Nei territori in cui sarà proclamata la zona rossa verranno chiuse tutte le attività non considerate essenziali, non sarà possibile uscire di casa se non muniti di autocertificazione che attesti l’urgenza e la necessità dell’uscita e, allo stesso modo, non si potranno valicare i confini delle zone coperte da lockdown, né in uscita né in entrata.